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Mihajlovic: «Senza più calciare, una parte di me è morta». E quei tre gol su punizione…

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Sinisa Mihajlovic si racconta. E ricorda soprattutto quel suo tocco per battere le punizioni che lo portò al record di tre reti su tre calci piazzati

A tu per tu con Sinisa Mihajlovic. L’attuale allenatore del Torino è ricordato a Roma per il suo temperamento acceso e quel tocco magico nelle punizioni. Suo il record di esser riuscito a centrare la rete per ben tre volte da calcio piazzato. Oggi si racconta a L’Équipe così: «Era la partita contro la Sampdoria, che noi vincemmo 5-2 o 5-3. Avevo tirato tre calci di punizione, tre gol. In porta c’era Ferron. Lo conoscevo, quando ho giocato alla Sampdoria c’era lui. Prima della partita gli dissi: ‘Guarda, Ferron, non fare lo stupido che parti prima e cerchi di anticiparmi come se dovessi andare sopra alla barriera, perché tanto lo sai che ti guardo e se vedo che parti te la metto dalla parte tua’. Io nemmeno lo guardavo, mi concentravo solo a metterla sopra la barriera, tanto sapevo che lui non si sarebbe mosso. Gliene ho messe tre su tre, ma se ce n’erano cinque da tirare, gliene avrei messe cinque su cinque. L’unico problema era inquadrare la porta. Per cui gli feci quel piccolo gioco psicologico, lui aveva abboccato e non si è mosso di più».

LA MALEDETTA «Per me non era difficile calciarla, in qualsiasi modo. L’unico che non ho mai provato è questa “maledetta”, quella di Pirlo. Quel tiro in cui non si capisce mai dove vada la palla! Sembra vada fuori, alta, poi si abbassa. L’unica che non ho mai provato, anche perché quando era uscito questo tiro qui, io avevo già smesso. Ma mi sarebbe piaciuto mi avesse spiegato come si fa per impararla».

E QUEL GIOCO – «Facevo due chilometri a piedi, dove c’era una porta regolare ma senza rete. Si trovava in un campo lasciato così, tra l’erba alta. Avevo ripulito quei 20, 25 metri poi calciavo: non essendoci rete, sia che segnassi sia che non lo facessi, la palla andava dall’altra parte. Allora io dopo aver calciato, correvo dall’altra parte, riposizionavo il pallone e tiravo ancora. Così tutti i giorni, avanti e indietro, per quattro, cinque ore: per me era questo il divertimento. E quando ho iniziato a giocare in serie C, prima e dopo l’allenamento ricominciavo a calciare, era quello il mio divertimento. Andavo ad allenarmi più che altro perché dopo sarei potuto restare a calciare. Lo facevo tutti i giorni. Come lavarsi i denti al mattino. Non potendo più giocare a calcio e non poter più calciare per fare gol, sicuramente una parte di me è morta».

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