Curve chiuse contro il razzismo: ma la soluzione è valida? - Lazio News 24
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2013

Curve chiuse contro il razzismo: ma la soluzione è valida?

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Il razzismo negli stadi, da episodio “una tantum”, sta diventando una costante. Non è passato tanto da quando Kevin Prince Boateng, stizzito dai duraturi “buu” e insulti delle tribune, lanciava il pallone fuori dal rettangolo verde. Da quel giorno non solo sono aumentate le campagne anti-razziali delle diverse società italiane, ma anche e soprattutto gli episodi di questo genere. Proprio per combattere ciò, solo nel 2013 le curve italiane chiuse, in campionato come in Europa, sono già quattro. Per prima la Sud romanista,poi la laziale, quella Nord interista e di nuovo,questa volta in Europa,la Nord biancoceleste. Ma il problema si risolve davvero così? Se a primo impatto la soluzione può sembrare efficace, ragionando un po’ si evince che, non solo a pagarne le conseguenze sono tutte quelle persone che allo stadio vanno per godersi lo spettacolo e sostenere i propri idoli, ma che il problema così facendo viene solamente posticipato e mai risolto. Sebbene sia fondamentale spiegare a tutte quelle persone, che spesso si macchiano di atteggiamenti razzisti, che la non discriminazione dovuta al colore della pelle dovrebbe essere nel 2013 una pietra miliare della nostra civiltà, è opportuno anche domandarci perché questo concetto non è ancora ben assimilato. Forse perché il razzismo è un male che esiste da sempre, che non è nato negli stadi e che di conseguenza non morirà di certo qui. Proprio per questo, sebbene sia necessaria una non-tolleranza per comportamenti ed episodi di questo genere, occorre una sensibilizzazione che parta dalle scuole o dalle famiglie stesse. Forse che la soluzione è educare e non punire? Ai posteri l’ardua sentenza.

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