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Piperno: «La Lazio è fatica e malinconia. I calciatori non propongono sogni»
Lo scrittore e tifoso biancoceleste Piperno ha parlato della stagione della Lazio di Maurizio Sarri
Alessandro Piperno, scrittore e tifosissismo della Lazio, in una intervista a Il Messaggero ha parlato della stagione della squadra biancoceleste.
TIFOSI FREDDI – «Non sono un tecnico, posso dare solo spiegazioni di carattere morale. La Lazio è diventata fatica, e melanconia. Come già l’ultima di Inzaghi, è stata una stagione triste, nonostante l’entusiasmo iniziale suscitato da Sarri, e qualche buona partita. Ma il tifo è una passione, si nutre di speranze e aspettative. Per tifare bisogna poter sperare: ebbene, la Lazio mi sembra una squadra disperata, che non propone sogni. Nel tifoso c’è la convinzione che il futuro sarà per forza peggiore. Che le altre rivali, quelle al nostro livello e quello un po’ meno, abbiano margini di miglioramento a noi negati. E’ una Lazio buona, per carità, cento volte meglio di quella della mia infanzia: eppure non promette niente».
CALCIATORI POCO AFFIDABILI – «Guardi in difesa: abbiamo un portiere bravo, ma non particolarmente simpatico, che stenta a firmare il rinnovo. Luiz Felipe praticamente è già via. Acerbi è tartassato dalla curva, chissà se rimarrà. Patric, partito come un rincalzo, ora passa per Beckenbauer… Di altri, sai che adesso sono qua, ma a giugno chissà. C’è un paradosso: sono tutti bravi ragazzi, eppure è una squadra a cui non riesci a voler bene».
POLITICA BIGLIETTI – «Ho 35 anni di abbonamento alle spalle. Stavolta non abbiamo potuto abbonarci, mentre quelli della Roma sì, e non ho capito perché. Così sono andato allo stadio meno volte. Devi fare il biglietto, poi sai che non troverai lo stesso posto a sedere: magari sono piccole cose, ma incidono. Col Milan non andrò perché ho un impegno di lavoro, ma avessi potuto sarei andato, nonostante i prezzi troppo alti: ma solo perché appartengo a quella parte di umanità privilegiata che può permetterselo».
SARRI – «Era la nostra unica garanzia, è l’allenatore più importante portato da Lotito. Ma non si è rivelato una certezza. A me piace molto umanamente, con quel modo di parlare scabro, privo di retorica. Ci ha anche fatto vedere sprazzi di bel gioco. Ma abbiamo collezionato una serie di figure orribili: Verona, Bologna, Napoli, e non voglio parlare del derby. La squadra già con Inzaghi era prevedibile nella sua mollezza. Spesso dopo 2’ capisci che butterà male, da come arriviamo secondi sul pallone, da certe leziosità, da certe sciocchezze in difesa. L’altra sera è andata bene: se il Torino avesse saputo attaccare, poteva vincere 4-0. Abbiamo pochi giocatori che rappresentano certezze, come Immobile, e loro certamente hanno un altro peso. Ma di molti altri hai la sensazione che oggi ci saranno e domani no. E altri invecchiano e basta, con motivazioni calanti».
LEIVA – «Sul mio profilo whatsapp, da cinque anni, ho la foto di Leiva, per il quale ho un’ammirazione assoluta. E’ il prototipo del giocatore che mi piaceva da ragazzo, quando il mio idolo era Enrico Vella, ad esempio. Leiva è stato bravissimo, ma ormai è stanco, hai l’impressione che quando c’è da fare calcio vero arranchi».
CALCIOMERCATO – «L’idea stessa del calciomercato, a suo modo, è una forma di poesia: investi su dei sogni. Ma il mercato della Lazio è diventata un’esperienza esasperante. E’ tutto enormemente faticoso, fino all’ultimo giorno. Spesso spuntano retroscena grotteschi, e le trattative saltano. Oppure arriva gente come Cabral, o certi parametri zero del passato. Tutto, sempre, in salita. Questa Lazio è fatica e malinconia».