2013
Laziali a Varsavia, la sorella di un detenuto: “Non c’è uniformità di giudizio”
Tiene ancora banco a distanza di giorni l’arresto dei tifosi della Lazio a Varsavia da parte della autorità polacche. Il mondo politico italiano si sta muovendo per la scarcerazione dei fan biancocelesti ma alcuni sono ancora bloccati in Polonia. I colleghi di Roma Today hanno intervistato in esclusiva Barbara D’Alessandro, il cui fratello Federico è uno di quegli otto tifosi che sono stati già processati e condannati (altri 14 sono stati rinviati a giudizio) e il suo verdetto è stato due mesi di reclusione. Vi pubblichiamo integralmente le sue parole:
Barbara, innanzitutto quali sono le condizioni di suo fratello? Quand’è l’ultima volta che lo avete sentito?
“Le ultime notizie che abbiamo risalgono a domenica. Sappiamo che non sta bene: quando mio padre è riuscito a vederlo lo ha trovato molto provato psicologicamente. Oggi abbiamo ricevuto notizie dal padre di un altro dei ragazzi, il quale ci ha riferito che la situazione non è buona. I ragazzi stanno male, soprattutto psicologicamente. Sono stati tutti divisi tra di loro, nelle celle non c’è nessun italiano con un suo connazionale. La psicologa del carcere li ha visitati parlando in inglese e tutti quanti le hanno chiesto “ma perchè non ci mettete insieme”, lei però gli ha risposto che stanno soltanto seguendo disposizioni ‘dall’alto'”.
Come stanno trascorrendo il loro tempo in carcere?
“Dalle notizie che ci arrivano apprendiamo che li stanno tenendo in una sorta d’isolamento, gli impediscono di uscire, restano tutto il tempo in cella”.
La preoccupazione della vostra famiglia cresce…
“Decisamente, anche perchè Federico è uno degli 8 che sono già stati processati e condannati, e noi temiamo che la Farnesina si stia occupando esclusivamente dei 14 rinviati a giudizio, che rischiano pene ancora maggiori rispetto a quanti sono già stati giudicati, ma che se otterranno la possibilità di essere rilasciati su cauzione torneranno in Italia, avendo poi la possibilità di preparare una difesa ed eventualmente ripresentarsi al processo“.
Per quale motivo tuo fratello è stato già condannato?
“Ce lo chiediamo anche noi senza riuscire a darci una spiegazione: i 22 arrestati hanno avuto tutti quanti lo stesso capo di imputazione, soltanto che ad emettere i verdetti sono stati giudici diversi, per cui non c’è stata uniformità di giudizio”.
Che idea ti sei fatta di tutta questa vicenda?
“É una storia dai contorni assurdi: sentendo le testimonianze di altri ragazzi che sono riusciti a tornare a Roma, sebbene ci sia stato qualcuno che ha commesso la sciocchezza di lanciare qualcosa contro le autorità, i presupposti per essere aggrediti esistevano indipendentemente dal lancio di oggetti. La polizia era dappertutto, in divisa, in borghese. I tifosi della Lazio erano accerchiati e spintonati dai poliziotti. Sto soffrendo particolarmente perché non vorrei che i veri colpevoli, se ci sono, stiano beatamente qui a Roma mentre degli innocenti sono in carcere. E poi voglio insistere sul fatto che le istituzioni si devono interessare anche e soprattutto degli 8 condannati, non solo dei rinviati a giudizio”.