L'europadeputato Fidanza sui laziali in carcere a Varsavia: "Condizioni indegne" - Lazio News 24
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2013

L’europadeputato Fidanza sui laziali in carcere a Varsavia: “Condizioni indegne”

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L’eurodeputato di Fratelli d’Italia, Carlo Fidanza, assieme al suo collega Marco Scurria, è da ieri a Varsavia per occuparsi del caso dei laziali detenuti nel carcere di Biakoleka. Fidanza ha rilasciato alcune dichiarazioni a Panorama.it in un articolo a firma di Matteo Politanò, in cui testimonia lo stato in cui si trovano i tifosi biancocelesti arrestati:

Come è la situazione dei detenuti?
“Siamo stati 24 ore lì, ci sono parecchie persone in ambasciata in attesa di notizie. Abbiamo incontrato i ragazzi in carcere e l’ambasciatore. Dieci dei 22 hanno subito una condanna per direttissima firmando un’assunzione di responsabilità con la garanzia che ci sarebbe stata una velocizzazione della pratica”.

Di cosa sono stati accusati?
“Hanno imputazioni di violenza su pubblico ufficiale ma già nel corso dell’udienza preliminare molti poliziotti hanno fornito testimonianze lacunose e sommarie. Ce ne sono 12 che non hanno firmato il foglio per l’assunzione di responsabilità e sono ancora in attesa di giudizio ma hanno capi d’imputazione più lievi. Viene loro contestato il fatto di essere stati presi in mezzo in un gruppo di persone che hanno fatto violenza, vengono accusati di adunata sediziosa. Tre o quattro hanno lanciato bottiglie contro la polizia, ma tutti gli altri non c’entravano nulla”.

Ci sono già state condanne?
“In dieci sono stati condannati per direttissima con pene che vanno da due a quattro mesi e 12 persone sono ancora in attesa di giudizio. Per i condannati gli avvocati faranno una richiesta di scarcerazione su cauzione e starà al giudice del riesame valutare e concederla. Si valuta che avranno provvedimenti accessori come il fatto di non poter rientrare in Polonia per un tot di tempo ma l’obiettivo è riportarli a casa il prima possibile”.

E per i 12 che non hanno firmato l’assunzione di responsabilità?
“Per i 12 c’è una trattativa con la magistratura polacca per farli patteggiare e trasformare la pena detentiva in pena pecuniaria di circa 450 euro, questo procedimento passa però sempre dalla firma di ammissioni di colpa. Alcuni non vogliono però bollarsi a vita per qualcosa che non hanno fatto. Si attende che la magistratura polacca renda disponibile agli avvocati dei ragazzi i fascicoli di ognuno. Gli avvocati ora sanno solo vagamente i capi d’imputazione ma non hanno potuto vedere i fascicoli. L’altra ipotesi è più lunga: aspettare di essere giudicati e nel frattempo uscire su cauzione. Ora ognuno dovrà fare le sue valutazioni con le famiglie…”

Quale è la strada da percorrere?
“In tutto ciò quello che si sta cercando di fare è abbreviare i più possibile i tempi. Bisogna far le udienze del riesame velocemente e ottenere i fascicoli velocemente”

Come stanno i ragazzi in carcere?
“Abbiamo incontrato solo i 4 dei 12 in attesa di giudizio ma nessuno dei condannati per questioni burocratiche. Loro stanno meglio di come sono stati nei giorni seguenti ai fatti (privazione pesante, ammanettati 48 ore di seguito con i lacci di plastica, scarso cibo e scarsa acqua, senza possibilità di contatto con l’esterno). La situazione è ora migliorata in carcere perché una volta condannati hanno avuto regime carcerario. Quelli che si sono rifiutati di firmare invece solo ieri pomeriggio hanno avuto la possibilità di vedere i genitori, prima non avevano potuto vedere nessuno perché non sono permesse visite alle persone in attesa di giudizio”.

Quali sono le condizioni del carcere?
“Abbiamo parlato con il direttore del carcere, accendono la luce tre volte a notte per svegliarli. L’ora d’aria è di 25 minuti e sono stati messi con detenuti comuni polacchi, abbiamo chiesto rassicurazioni”.

Come stanno?
“Dal punto di vista psicologico non sono situazioni facili. I più giovani sono terrorizzati, preoccupati. A prescindere dalle condizioni psicofisiche non hanno idea di cosa succede e di cosa possa accadere in futuro, dell’iter giuridico. Nei primi giorni anche l’assistenza della diplomazia italiana è stata quasi assente, erano stati rassicurati che si sarebbe risolto tutto in breve. Poi per questi 22 c’è stata un accanimento”.

Si è capito cosa è realmente accaduto nel pre partita?
“Stiamo parlando di un centinaio di persone che sono stati incanalate per essere scortate allo stadio. All’inizio di questo corteo quattro o cinque persone hanno colpito la polizia con lancio di oggetti, i poliziotti hanno caricato e tutti i laziali sono scappati. 150 di questi si sono trovati all’interno di una strada e sono stati bloccati e ammanettati. Dentro quei 150 ce ne potevano essere quattro o cinque colpevoli, il resto non ha fatto nulla”.

Quali sono i prossimi passi?
“Riportarli a casa. Una volta che finirà la parte della detenzione anche noi come parte politici ed europarlamentari vogliamo ricostruire quello che è successo nei primi giorni ai 150. Parliamo di condizioni indegne per un paese europeo come può essere la Polonia. Ora la priorità è che tutti possano uscire”.

Come si può spiegare la reazione della polizia polacca?
“L’atteggiamento duro da parte della polizia è anche legato ad una manifestazione di piazza di poco tempo fa delle minoranze russe sfociata in scontri. All’epoca la polizia è stata accusata di essere troppo morbida e la prima occasione per riscattarsi è stata quella dei tifosi della Lazio. C’è anche responsabilità del nostro governo perché generalmente la polizia italiana manda al seguito delle trasferte del personale della Digos che ha ruolo di interfaccia con la polizia locale. Sia preventivamente che per situazione di controversie. Succede sempre doveva accadere a maggior ragione contro il Legia dove la partita era già a rischio”.

C’è collaborazione delle autorità polacche?
“E’ una situazione che con le dovute proporzioni ricorda il caso dei marò: quando si ha a che fare con un procedimento giuridico estero sono guai perché devi stare ai loro tempi, alle loro regole”.

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