2014
Scaloni si racconta: “Mai stato titolare, ho sempre lottato per farmi trovare pronto”
Approdato alla Lazio nel 2007 dal Racing Santander, Lionel Scaloni, ha fatto parte della rosa biancoceleste fino al 2013 (soltanto nel 2008 lasciò la Capitale per disputare una stagione in prestito al Mallorca). Pur non giocando moltissimo, Scaloni era uno dei personaggi più amati dello spogliatoio biancoceleste da compagni e tifosi e a Roma ha lasciato un gran bel ricordo di se. L’argentino, al termine del suo contratto con la Lazio, si è poi trasferito a Bergamo nelle fila dell’Atalanta.
Oggi parliamo di lui perchè ha rilasciato una bella intervista a Il Fatto Quotidiano, attraverso le cui parole si può capire di che pasta è fatto lo Scaloni calciatore, ma soprattutto l’uomo. “Non sono mai stato titolare da nessuna parte, ma ho sempre lottato per farmi trovare pronto e non dovermi vergognare” racconta l’argentino, ripercorrendo la sua carriera, che dopo l’apice vissuto con il Deportivo La Coruña tra il ’98 e il 2006, lo ha visto prevalentemente nel ruolo di riserva. Una carriera in cui i soldi non hanno mai avuto un ruolo di primo piano: “I soldi per me non sono stati mai il motore di niente. Né all’inizio, né ora. Chi vive il calcio come me, dal campo non vorrebbe uscire mai… L’addio sarà un passaggio delicato e pericoloso. Bisogna rifletterci con un po’ di anticipo, prima che ti sorprenda, devi arrivarci preparato, trovare un equilibrio. Capire che il pallone è importante, ma la realtà lo è molto di più. Ho tanti amici che appese le scarpette al chiodo sono entrati in depressione e si sono persi. Ti illudi, ti senti immortale, pensi che la giostra giri in eterno. Invece il tempo scorre, gli anni passano veloci e non li trovi più”.
RITIRO ANCORA LONTANO – Scaloni nonostante la carta d’identità che a maggio segnerà 36 primavere, a smettere proprio non ci pensa, e dopo un’estate passata da fuori rosa in cui si è duramente allenato con le giovanili, ha accettato di spalmare il contratto con la società orobica fino al 2015, rinunciando a diversi soldi. Un gesto che gli è valso il reintegro in prima squadra: “Non ero stanco di giocare, voglio farlo ancora a lungo. Arriverà il momento in cui dovrò smettere, ma cosa accadrà in futuro non lo so. Allenare è un’ipotesi affascinante, ma non dipenderà solo da me. Vedremo quali occasioni si presentano… E poi, su tutto, dominano i risultati. Bisogna vincere. Conosco le Regole, non mi lamento”.
IL RAPPORTO COI GIOVANI – Durante la sua lunga carriera Scaloni ha avuto modo di vedere com’è cambiato il calcio, come i soldi abbiano cambiato le logiche di uno sport puro: “All’inizio della mia carriera, la mia ambizione era comprare le scarpe a mio padre. Oggi posso scegliere tra 6 o 7 paia di scarpini a gara offerti dallo sponsor. Il nostro mondo è cambiato moltissimo. I ragazzi ottengono 3 anni di contratto, pensano che la loro vita sia cambiata e si sentano migliori. Ma se capiscono che non sono superiori a nessuno, sono già a buon punto. La fortuna può svanire in fretta, evaporare, voltarti le spalle. L’Atalanta è un modello e il vivaio qui è molto più che una scuola di calcio, ma quando vedo grandi talenti da coltivare, come ad esempio De Luca e Livaja, li martello comunque. Anche se spesso la risposta è ‘me l’hai già detto, Lio’. Forse sto invecchiando davvero o forse amo troppo quel che faccio”.