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Vignaroli: «I tifosi mi avevano preso di mira»
In una lunga intervista, Fabio Vignaroli racconta la difficile esperienza alla Lazio
Dal terreno di gioco, alla scrivania di una dirigenza. Fabio Vignaroli è oggi direttore sportivo dell’Unione Sanremo, ma durante i suoi anni da calciatore ha vestito anche la maglia della Lazio. Sbarcato nella Capitale nel 2007, non riesce mai a ritagliarsi uno spazio importante nella rosa, infatti la sua permanenza dura fino all’estate seguente. Il dirigente ligure si è espresso così ai microfoni di Radio Incontro Olympia, dove ha raccontato il suo passato a Roma: «Il mio arrivo? E’ stato tutto molto strano, si parlava di altri giocatori e poi sono arrivato io. Per me è stata una bellissima esperienza, l‘ho presa come un premio per la mia carriera. Ho sempre cercato di dare il massimo, anche se sono stato chiamato in causa solo nei momenti più difficile della stagione. Mi sono tolto piccole soddisfazioni. Io dovevo arrivare alla Lazio già qualche anno prima, quando avevo avuto Zeman. Sono arrivato in un momento inaspettato perché mi conosceva l’allenatore».
LE SCUSE DI SABATINI – «Sabatini, che era dirigente, all’inizio non era stato felicissimo di avermi in squadra, a fine stagione però si è scusato con me. Parole molto significative le sue, mi hanno reso soddisfatto. Fargli cambiare idea è stato bello. Io la rifarei questa scelta, da professionista sarebbe stato assurda non farlo. Bisogna saper prendere gli applausi e le critiche. Come mi avevano accolto i compagni? Ho fatto ricredere anche alcuni di loro, mi facevano battutine e nelle partitelle in allenamento mi prendevano sempre per ultimo. Poi hanno visto che non mollavo mai e andiamo a duemila all’ora».
IL RAPPORTO CON I TIFOSI – «Come scendevo in campo? Capivo la situazione dei tifosi, però faceva male senza aver mai giocato essere preso di mira. Non avendo nulla da perdere, ho sempre dato il massimo. Le critiche erano sempre per me, magari non ero un campione ma potevo giocare tranquillamente. I fischi? Penso alla partita con l’Udinese, ero entrato solo per 10 minuti. Mi ero preso diversi insulti senza praticamente nemmeno giocare. Poi però sono stati anche carini, soprattutto dopo la partita con il Palermo. Alcuni mi fermavano e mi facevano anche i complimenti. Pochi anni fa hanno anche fatto uno striscione all’Olimpico, mi ha fatto piacere. Anche se non ho capito se mi volessero prendere in giro (ride, ndr). Prima di arrivare a Formello avevo una proposta dall’estero, ma quando è arrivata la chiamata dalla Lazio sono venuto volentieri. Davanti avevo tanti giocatori validi, come Rocchi e Pandev. Ho sempre cercato di adempiere ai miei compiti con grande impegno e serenità. Rocchi? Era più centravanti di me, a me piaceva anche rifinire, giocare di più con la squadra. Ero molto generoso come atteggiamento. Fossi stato un pochino più egoista avrei giocato di più per me, forse sarebbe stato meglio. I tempi sono cambiati, ora i calciatori sono come tante piccole aziende. E’ un modo che punta più sulla spettacolarità. Nella mia carriera mi sono divertito, ora mi tocca pagare per giocare (ride, ndr). Non mi sentivo poi così scarso, ero sereno per le mie qualità. Mi sono sempre sentito forte della mia passione».
LA SQUADRA E DELIO ROSSI – «Quella, comunque, era un’ottima Lazio, anche se il problema era a monte. Eravamo 42 giocatori, se non sei strutturato bene poi fai fatica. C’era anche un po’ di confusione, con circa 10 fuorirosa. Non conosco la situazione all’interno della Lazio, spero sia migliorata. Da fuori non posso dirlo, credo che con gli anni abbia acquisito più maturità. Tare dirigente? Igli si vedeva che aveva questo tipo di vocazione, Simone non l’avrei mai detto. Rossi? Per me è un buon allenatore. Ha modificato il modo di pensare durante gli anni. Era zemaniano all’inizio, poi ha cambiato modo di giocare. Ho avuto un ottimo rapporto, quell’anno alla Lazio mi ha trattato benissimo. Ho capito la situazione ed è andata bene».
I COMPAGNI ALLA LAZIO – «Il compagno più forte della Lazio? Erano tutti forti. Tra i centrocampisti più forti penso a Matuzalem, anche se io l’ho incrociato sempre da avversario, mai alla Lazio. Era un giocatore davvero completissimo, stratosferico. Avrebbe meritato una carriera ancora più brillante di quella che ha avuto».
I DERBY – «Sono partite molto sentite, il giovedì i tifosi vengono al campo dall’allenamento a caricarti. Quando vai in campo la concentrazione è solo sul gioco, tutto il resto passa in secondo piano. La Lazio attuale? Mi piace questa Lazio, gioca un buon calcio e ha dei buonissimi giocatori. Mi piace Cataldi anche se ora è andato via, Felipe Anderson ha grandi qualità».