Franzoni non dimentica: "Quel gol nel derby una felicità enorme. Chi vorrei vincesse domani? Tutte e due!" - Lazio News 24
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2014

Franzoni non dimentica: “Quel gol nel derby una felicità enorme. Chi vorrei vincesse domani? Tutte e due!”

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Quel gol nel derby della capitale all’esordio in Serie A che non potrà mai dimenticare. Intervistato sulle colonne del Corriere dello Sport, l’oggi responsabile del settore giovanile dell’Armando Picchi e quindi doppio ex Paolo Franzoni, ha presentato il match di domani.

E’ il 9 dicembre 1973, Roma in vantaggio all’intervallo. Prego, continui.
«Quel gol è rimasto nella storia per tifosi e per me, raggiunsi il massimo. Ero a Roma solo da un mese, non avevo ancora giocato in serie A ma solo nel campionato riserve. Ero uno dei panchinari con Facco, Polentes, Inselvini e gli altri. D’Amico si era fatto male durante il primo tempo, Maestrelli mi disse di scaldarmi. La Dea Bendata mi aiutò. Ho sempre avuto carattere, volevo arrivare primo, far le cose per bene, ma così non potevo immaginare l’esordio. A rete dopo 50 secondi, cross di Garlaschelli, un bellissimo gol, un tuffo a pesce per colpire di testa, non dovevo far niente altro. Una felicità enorme, entrare nel derby e segnare, gli applausi della gente, non riuscivo a realizzare, i complimenti di Maestrelli e Lovati. Bob mi aveva seguito nel Brindisi e voluto alla Lazio, lo ringrazierò in eterno. Mi ero affermato in B con Vinicio, andavo forte in contropiede, quasi tutti i miei gol li segnavo fuori casa. Ero una punta di movimento. Posso dirlo con tranquillità: quel giorno e quel gol diventarono la svolta della mia carriera e mi risolsero tanti problemi».

L’azione è scolpita nella memoria.
«La ricordo bene, in ogni frazione. Calcio d’inizio della ripresa, l’ho toccata indietro, forse a Nanni e mi sono messo a correre verso l’area della Roma. L’azione si sviluppò sulla fascia destra, lancio di Re Cecconi a Garlaschelli. Era un cross forte, ricordo l’impatto frontale, tuffo a pesce, Paolo Conti era fermo, il pallone in rete, l’abbraccio di Chinaglia».

Due stagioni in biancoceleste.
«La Lazio mi ha dato molto sotto l’aspetto morale e professionale, arrivai a novembre, mi misero tutti a mio agio. Ho fatto due campionati di serie A, avevo 25 anni, poi successe la malattia del mister, Maestrelli si allontanò e continuai la mia carriera altrove, finendo in B con l’Avellino, quindi alla Ternana e infine al Piacenza. Smisi a 30 anni, avevo le gambe arcuate, cominciavo a sentire dei dolori, così iniziai a fare l’allenatore come vice di Corelli nel Livorno, poi al Sorrento. Sono sempre rimasto nel calcio. Ma tutti ricordano quel gol di testa alla Roma, la svolta della mia carriera».

Era un concorrente per D’Amico e Garlaschelli.
«Le mie caratteristiche erano diverse. D’Amico era un giocoliere. Gli dicevo sempre: “Se tu avessi la mia testa oppure io i tuoi piedi, uno dei due sarebbe titolare in nazionale”. Garlaschelli era un esterno molto tattico, io più istintivo. Sono stato bene con tutti e due. Renzo ha sempre avuto una correttezza esemplare. Ricordo l’ultima giornata di quel campionato, eravamo già campioni d’Italia. Lui squalificato, toccò a me giocare. E il Bologna ci premiò con una medaglia d’oro. La presi io e Renzo, il martedì a Tor di Quinto, mi disse: “Tienila”».

Quel gol di Franzoni è stato a lungo il più veloce in serie A di un giocatore subentrato dalla panchina.
«Il record ha tenuto per 34 anni, sino a quando non ha debuttato Paloschi con il Milan. Entrò con il Siena e segnò dopo neppure 20 secondi. Ero davanti alla televisione e ci rimasi male, perché ci tenevo al primato».

La Lazio di oggi è contestata dai tifosi.
«Quest’anno ci sono stati tanti problemi, compreso il cambiamento di allenatore. Speravo ci fossero investimenti migliori, un po’ come è avvenuto alla Roma, ma non è una polemica. Reja conosce l’ambiente, speriamo riesca a raggiungere l’Europa, ma sarà molto difficile. Lotito non è molto gradito dalla piazza, i tifosi pretendono di più, vogliono il massimo, ma ho visto giovani promettenti come Keita e Onazi. Cresceranno ancora. I tifosi devono avere pazienza, non dico sia possibile rivincere lo scudetto, ma raggiungere altri obiettivi, come è successo con la Coppa Italia, penso di sì».

Franzoni domani tiferà Livorno o Lazio?
«Livorno è la mia città e mi piacerebbe che si salvasse, ma la vedo dura, minimo servirebbe 9 punti. La Lazio mi ha dato gloria, soddisfazione e una certa tranquillità. Mi augurerei che vincessero tutte e due».

Neppure è una partita semplice dal punto di vista ambientale.
«L’ultima volta non è successo niente, mi auguro ci sia buon senso. La politica deve restare fuori dallo stadio, il calcio è bello, al massimo ci può essere qualche sfottò, ricordo le arance che tiravano dalla Sud. Ho un figlio grande che lavora in Polizia, non è bello andare in battaglia per il calcio, non vorrei ricordare tragedie».

Il 12 maggio Franzoni sarà all’Olimpico?
«Certo. Sono in contatto con Wilson. Mi ha detto che devo giocare anch’io. Alla festa del Centenario non ce la facevo a correre, scese in campo mio figlio Francesco, nato nel novembre ‘73 e tifosissimo della Lazio. Ora sto bene ma devo fare attenzione. Ricalcare il prato dell’Olimpico mi piacerebbe, una corsettina sotto la Sud me la faccio, mi vorrei avvicinare alla porta, così rivivrò l’emozione di quel giorno. Ci saranno tutti, anche la Lazio di Mancini e dei meno 9. Sono passati quarant’anni dallo scudetto, sarà bellissimo riabbracciare tanti amici di quella stagione incredibile, anche se ripenseremo a chi non c’è più come Re Cecconi, Frustalupi, Chinaglia, Polentes, Mazzola. E poi il mister…».

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