2014
Almeyda non dimentica la Lazio: “Lo scudetto del 2000 rimarrà nella storia. Sarebbe un sogno allenare i biancocelesti”
Matias Almeyda, in biancoceleste da 1997 al 2000, non ha dimenticato il calcio italiano e la Lazio. L’attuale allenatore del Banfield, con cui ha raggiunto la promozione nella Serie A argentina, è stato intervistato da ilcatenaccio.es, parlando della sua esperienza all Lazio e non solo.
Almeyda, da quanto manca dall’Italia?
“Da molto, dal 2007. Ancora oggi ho un ottimo rapporto con tante persone che vivono lì, su tutte Daniele Adani, che ho conosciuto all’Inter e con il quale ho giocato anche a Brescia”.
Segue sempre la Serie A?
“Quando posso, sempre. Tra il fuso orario e le partite del mio Banfield non è facilissimo, ma sono sempre informato sul vostro campionato”.
Soprattutto sulla Lazio.
“Certo, è stata la mia prima squadra italiana e quella nella quale ho sentito le emozioni più forti. Quello Scudetto vinto in rimonta nel 2000 rimarrà nella storia”.
Per non parlare diquel gol al volo da 35 metri contro il Parma:
“Quel gol è nato in allenamento. Ogni giorno provavo e riprovavo a calciare al volo da centrocampo e non mi riusciva mai. I miei compagni mi schernivano dicendomi che non ce l’avrei mai fatta. E invece quella volta mi andò bene, oltre ad essere un gol decisivo nella rincorsa a quel titolo storico”.
Quando si insinuò nelle vostre teste che era possibile rimontare l’enorme distanza che vi separava dalla Juventus capolista?
“Quando vincemmo a Torino, con un gol di Simeone. Lì ci rendemmo conto che dovevamo provarci fino alla fine, quando ricevemmo il meritato premio”.
Adesso Simeone è uomo da copertina.
“Diego è un amico, oltre che un grandissimo allenatore. Quando viveva in Argentina abitavamo nello stesso quartiere, il Nord Delta (nella zona altolocata della periferia a nord di Buenos Aires, ndr). Ciò che ha fatto con l’Atletico Madrid non ha precedenti. È riuscito a trasmettere ai suoi uomini la sua rabbia e la sua caparbietà, ottenendo risultati eccezionali”.
Che centrocampo con lei, il Cholo e Verón. Possiamo dire che fu la miglior Lazio di sempre?
“Assolutamente. Lo dicono i risultati. In tre anni vincemmo uno Scudetto, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea, una Supercoppa Italiana e due Coppe Italia. C’è da aggiungere altro?
Calcio a parte, quali sono i migliori ricordi della sua esperienza italiana?
“Senza dubbio il tipo di vita. Roma è una città stupenda e lì ho lasciato tantissime persone importanti, tra le quali alcuni dei genitori delle amiche di una delle mie figlia. Un’altra figlia è addirittura nata a Roma, quindi ti lascio immaginare quanto io sia legato a questa città”.
Lei ha giocato sia il Superclasico di Buenos Aires sia il derby romano. A quale dei due è più legato?
“Su questo non ho dubbi. Un superclasico è un’altra cosa. Il derby a Roma è un evento epocale e si vive durante la settimana prima e durante la settimana dopo, ma si sente solo a Roma. Un River-Boca invece è qualcosa che trascende Buenos Aires, è un evento di portata nazionale ed è vissuto intensamente in tutta l’Argentina”.
Eppure un Roma – Lazio ha un fascino innegabile…
“Non c’è dubbio. Ho sempre amato giocare un derby a Roma, soprattutto perché a me toccava quasi sempre marcare Francesco Totti, un po’ il bambino viziato della Roma. Ero molto motivato a doverlo affrontare in quanto è un giocatore fantastico. Poche volte ho visto da vicino un calciatore con tanta classe”.
La sua Lazio adesso vive un momento difficile. Fuori dall’Europa e con un presidente contestato dai tifosi.
“Fa male vedere la Lazio ridotta così. È una squadra che da sempre ho nel cuore e non potrò mai dimenticare i miei 3 anni in biancoceleste, nonostante poi fui costretto ad andare al Parma (insieme a Sergio Conceiçao) nell’ambito del passaggio di Hernán Crespo dal club emiliano alla Lazio”.
Oggi Almeyda allena il Banfield, appena promosso in prima divisione argentina. Un pensierino alla panchina della Lazio l’ha fatto?
“Sarebbe un sogno poter allenare la Lazio un giorno. Rispetto moltissimo il lavoro di Reja e non voglio creare pressioni, ma non posso nascondere che sarebbe stupendo un giorno poter dirigere la Lazio dalla panchina e tornare a vivere a Roma”.