2014
Lotito risponde ad Albertini: “Di bilanci che ne sai? Dammi retta, lascia stare”
Il Presidente Cluadio Lotito, in una chiamata al Corriere della Sera, risponde al tweet polemico di Demetrio Albertini. La telefonata va avanti da dieci minuti, ma il patron della Lazio non si decide a scivolare dentro il ritmo normale dell’intervista: parla solo lui, s’interroga e si risponde, polemizza, immagina, profetizza. Poi gli viene un dubbio, rallenta. “Dimme la verità: perché t’hanno chiesto de sentì proprio me sulla storia di Tavecchio?”.
Perché lei, insieme ad Adriano Galliani, è uno dei suoi due grandi sponsor.
“Io sponsorizzo il cambiamento del calcio italiano, punto! E Carlo Tavecchio può fare del bene al calcio, altro punto! Potremmo chiuderla qui. Solo che Tavecchio lo state perseguitando. Siete pretestuosi, cattivi. E forse qualcuno è pure pagato per seminare odio intorno a lui”.
Il suo candidato alla presidenza della Federcalcio dice cose inaccettabili: giocatori negri che mangiano banane, donne handicappate.
“Banali gaffe”.
No: incidenti gravissimi.
“Bah… Ha espresso concetti sacrosanti: gli stranieri che vengono a giocare in Italia devono essere bravi… poi, certo, concordo, ha certamente sbagliato la formulazione della frase. Però…” (Pausa, tira su con il naso, ndr).
Però?
“Tre minuti dopo ha chiesto scusa. Non è come lo descrivete. Io mi sono informato: ha aperto due ospedali in Togo, ha adottato due o tre bambini, ha persino…”.
Il passato di Tavecchio non è limpidissimo. Ha avuto qualche problema con la giustizia.
“Ma che discorsi sono? Per me contano i fatti! E di Tavecchio due cose si possono dire con assoluta certezza: il programma con cui si è candidato è solido e moderno e da presidente della Lega dilettanti non ha fatto bene, ma benissimo. Tu l’hai mai letto Kant?”.
L’ho studiato a scuola, presidente.
“Ecco, bravo… Allora sai quello che dice Kant: dice che c’è il noumeno e c’è il fenomeno. Il noumeno è la realtà, il fenomeno è ciò che appare. Perciò, se vogliamo dirla in un modo che piacerebbe al nostro filosofo, Tavecchio è il noumeno, Albertini il fenomeno”.
Cosa non le piace di Albertini?
“Gliel’ho detto anche a lui: Demé, sei giovane e carino, ma tu, il bilancio di una società, sai cos’è? Hai mai gestito qualcosa in vita tua? Sono sette anni, che stai lì, in Federcalcio: e che puoi dire di aver fatto? Niente, zero. Anzi, essendo stato il capo spedizione in Brasile, hai pure contribuito al terrificante naufragio della nostra povera nazionale. No, dammi retta, Demé, lascia stare”.
E lui?
“Sa che non ha i numeri per farcela“.
Veramente, il fronte di coloro che prendono le distanze dalla candidatura Tavecchio si allarga: oltre a Juve e Roma, ci sono Fiorentina, Sampdoria, Sassuolo…
“Embé? Sono minoranza, sono. No, dico: la democrazia è chiara. Per ora, nonostante l’imponente operazione di killeraggio mediatico, sono pochini ad essere contro Tavecchio. E poi… no, vabbé, lasciamo stare, se no dicono che so’ il solito Lotito…”.
La prego, presidente.
“Mi tiri per i capelli e allora lo dico, sia pure senza fare nomi: ma dobbiamo star qui a prendere lezioni da quelli che ogni anno chiudono in perdita di 50-60 milioni? Sono questi geni che dovrebbero spiegarci come far rinascere il nostro calcio?”.
(Gli squilla un altro telefonino. “Chi sei? Sto’ a parla’ con il Corriere della Sera. Chiama dopo”).
“Mhmm… Dicevamo?”.
Anche molti calciatori sono indignati con Tavecchio: Daniele De Rossi si chiede se, quando vorrà insultare un giocatore di colore, potrà dargli del «mangiabanane».
“Ah, beh, allora qui si rovescia il mondo! Ora parla pure De Rossi! I dipendenti dovrebbero fare i dipendenti, no?”.
Senta: Giovanni Malagò sostiene che il programma di Tavecchio è coraggioso e innovativo, ma impossibile da attuare, perché Tavecchio ha troppe cambiali da pagare.
“No, su, parliamo d’altro…”.
Malagò è il presidente del Coni.
“E sarà pure presidente del Coni, ma io non ne parlo!”.
Numerosi osservatori ritengono che stia lavorando a una soluzione di commissariamento.
“Ah ah ah!… Malagò, che è una persona intelligente, sa perfettamente che non ha gli strumenti giuridici per procedere con un commissariamento… e sa pure che il commissariamento è previsto solo per situazioni estreme: ma non mi sembra che ci siano gravi illeciti o che la Federcalcio sia sull’orlo del default… Quindi…”.
La voce che gira è che una delle cambiali, qualora fosse eletto, Tavecchio dovrà pagarla proprio a lei.
“A me?”.
Esatto: nominandola vicepresidente.
“Ma proprio no! Ora: io sono cattolico, praticante e cristiano, e davvero non dovrei mettermi a giurare… però, ecco, lo faccio: giuro di non aver mai parlato di questo con Tavecchio, mai!”.
(Altra telefonata sul secondo telefonino: “Ti richiamo, sto chiudendo un concetto con il Corriere…“).
“Un’ultima cosa: se pensano di piegare Tavecchio con menzogne e fango, sbagliano. Quell’uomo ha una tempra eccezionale. E sai perché?”.
No, perché?
“Perché è un alpino!… No, non ridere, sul serio: ha fatto il militare nel corpo degli alpini…”.
Rocco Fabio Musolino