2014
Ballotta: “In porta sto ancora dannatamente bene!”
Marco Ballotta, Highlander tra pali e traverse. Primo pomeriggio di una giornata qualsiasi. Marco Ballotta risponde gentilmente all’appello di calcioNews24.com, ma ha una leggera fretta. Impegni pressanti di lavoro? Qualche riunione improrogabile? Un meeting aziendale? Non esattamente. «Scusami, ma tra poco dovrò andare al campo». Campo? Sì, avete letto bene: entro una mezz’ora scarsa l’ex portiere di (tra le altre) Modena, Parma, Reggiana, Inter e ovviamente Lazio (uno scudetto storico a inizio millennio) dovrà andare ad allenarsi con i suoi compagni del Castelvetro, squadra emiliana che milita in Eccellenza, girone A dell’Emilia Romagn. Ebbene sì, alla faccia dell’anagrafe l'”Highlander” di Casalecchio gioca ancora nonostante la carta d’identità reciti 50 primavere suonate e lo stesso Ballotta sia comunque reduce da una bella avventura (chiusa prima del previsto) nel campo delle energie rinnovabili. Esattamente lui, l’energetico guardiano dell’area di rigore. Il “rinnovabile” per antonomasia.
Marco, il calcio è per sempre?
«Ci mancherebbe altro che non sia per sempre! Se hai la passione e il fisico dalla tua parte, col pallone puoi davvero arrivare a dei risultati insperati. E poi, ogni volta che mi alleno col Castelvetro, il pensiero non corre alla mia età, ma a come è tenuto il campo. A come sta crescendo bene l’erba»
È vero che se ci fossero state le condizioni, nel 2008 avresti rinnovato con la Lazio ancora per una stagione? Chiudendo di fatto la carriera a 45 anni…
«Esatto, il fatto è che non trovammo l’accordo e quell’opzione di continuare per un altro anno avrebbe funzionato esclusivamente con i biancocelesti: conoscevo l’ambiente, sentivo fiducia attorno a me, avrei fornito consigli a Muslera che all’epoca era giovanissimo. Forse avremmo potuto ragionare con più calma, ma non mi sembra il caso di stare a sindacare. Dai, ho giocato fino a 44 anni, avrebbe forse cambiato qualcosa disputare un campionato in più?»
Subito dopo – calcio dilettantistico a parte – cos’hai combinato?
«Ho giocato attaccante per il Calcara Samoggia segnando ben 24 gol nel corso della stagione 2008/2009: almeno questo fammelo aggiungere (sorride, ndr)»
E al di fuori del campo?
«Ho gestito la Geosaving, un’azienda legata alle rinnovabili. Installavamo sonde geotermiche in grado di prelevare energia fino a 250 metri di profondità: un progetto affascinate e futuristico. Purtroppo ho dovuto chiudere qualche tempo fa a causa della pesante crisi che attanaglia il Paese. Peccato»
Ad allenare portieri non ci hai mai pensato?
«Il fatto è che in porta ci sto ancora dannatamente bene finché si tratta di categorie come l’Eccellenza… Per il futuro vedremo: insegnare ai giovani mi piace e al Castelvetro mi divido tra agonismo e lezioni. Attendo solo l’offerta giusta; magari tra qualche anno però, prima voglio ancora giocare un pochino! (ride, ndr)»
Cosa si prova a battere l’anzianità di Dino Zoff non una, ma ben 48 volte di fila? Dinone ha indossato i guanti fino a 41 anni e 76 giorni, tu fino a 44 e 38 giorni: fanno quasi tre anni di differenza…
«È un record che mi inorgoglisce perché, se penso a Zoff, comincio a balbettare. E balbettare è proprio il verbo giusto perché nel 1997 non sapevo davvero cosa dirgli quando, da presidente della Lazio, mi ha convocato in sede per discutere i dettagli del mio contratto: “Presidente, faccia lei. Sa, da giovane avevo il suo poster in camera: come potrei mai dirle di no?”.So che recentemente Dino ha pubblicato la sua autobiografia (“Dura solo un attimo, la gloria” per Mondadori, ndr), la leggerò senz’altro»
Tu hai battuto Dinone, ma chi potrebbe battere Ballotta? Buffon, magari?
«Gigi è un altro orgoglioso come me. Credo che giocherà solo finché sarà convinto di fare la differenza (Buffon compirà 37 anni il prossimo 28 gennaio, ndr). Chi te lo fa fare di battere un record se cominci a subire una caterva di gol evitabili? Se non hai le motivazioni giuste, questo è un mestiere che perde immediatamente di senso. Ecco perché io ho sempre ragionato anno per anno fin da quando militavo in C1 nel Modena»
Mai un ripensamento in 26 lunghi anni di carriera? Un attimo di crisi?
«Forse a Reggio Emilia. Ci arrivai a 31 anni, dopo gli anni di Parma e una brutta stagione a Brescia dove presi 60 gol. Avevo due anni di contratto e dentro di me mi dicevo: “Ok, a 33 smetto e comincio a pensare al mio futuro”. Solo che poi è arrivata la telefonata della Lazio e da lì è nata praticamente un’altra carriera. Una seconda giovinezza»
Cosa occorre a un portiere superati gli “anta”? Immagino che l’esplosività e i riflessi inevitabilmente non saranno più quelli dei venti…
«Innanzitutto il fisico che deve restare integro, senza problemi a schiena, gambe, braccia, mani etc… Al resto ci pensa l’esperienza che alle volte ti fa prevedere dove andrà il tiro, senza però abusare troppo della tua sicurezza “medianica”! (ride, ndr) Dammi retta: a una certa età il volo plateale non serve a granché, ma la sostanza sì»
Ragionando così uno come Manuel Neuer – se la fortuna l’aiuta – potrebbe giocare fino a 60 anni… Onestamente, trovi difetti nel portierone tedesco numero uno al mondo?
«Difetti ovviamente non gliene vedo, ma può migliorare a livello di tecnica, come tutti. Neuer viene dalla scuola tedesca, è molto squadrato, un atleta semplicemente eccezionale. Mi esalta quando gioca coi piedi a 25 metri dalla porta: è spavaldo, intimorisce l’attaccante»
A proposito di attaccanti… La tua bestia nera?
«Gabriel Omar Batistuta. Ogni volta che ci incontravamo, riusciva quasi sempre a farmi gol: di testa, di piede, di rapina. Ma stiamo parlando del “Re Leone”, un campionissimo. Da molti suoi colleghi prendevo i complimenti a fine gara, mentre lui si limitava a metterla alle mie spalle»
Il momento più bizzarro della tua vita sportiva? Forse aver esordito con l’Inter nell’anno Duemila, a 36 anni compiuti. Anche lì altro record…
«Sì, la stagione prima con la Lazio avevamo vinto sia lo Scudetto che la Coppa Italia e perciò, nella Supercoppa Italiana, avremmo comunque dovuto affrontare la squadra sconfitta, ovvero l’Inter. Io giocavo per loro e Marcello Lippi, un po’ a sorpresa, decise di schierarmi titolare. Perdemmo 4-3 all’Olimpico e dunque la Lazio fece il “triplete”… senza di me! Una situazione alquanto strana a livello di sentimenti»
Se dovessi chiudere gli occhi e ricordare un solo momento emblematico?
«Trionfi biancocelesti a parte, direi Iker Casillas che viene a scambiarsi la maglia con me al termine di Real Madrid – Lazio dell’11 dicembre 2007. La mia ultima gara in Champions League»
Un passaggio di consegne?
«Beh, io mi sarei ritirato qualche mese dopo mentre Iker, che era già un campione, avrebbe poi vinto un Europeo, un Mondiale e un altro Europeo. Era al principio dei suoi mostruosi successi, mentre io al capolinea. Il calcio va così. Non finisce mai, è un ciclo continuo»