2015
Papadopulo è convinto: “La Lazio deve lavorare sull’autostima. Supercoppa? Non bisogna temere i bianconeri”
Molti tifosi biancocelesti ricordano molto bene il Derby della befana, quello del 2004/05, i gol di Di Canio, Cesar e Rocchi fecero gioire i tanti supporter laziali, su quella panchina sedeva una bandiera della Lazio:Giuseppe Papadopulo. Il tecnico, che da giocatore aveva giocato circa 70 partite con la maglia delle Aquile, venne chiamato per risollevare le sorti di una Lazio che sotto la guida di Mimmo Caso viaggiava in acque non buone, con spirto di sacrificio e impegno il tecnico toscano riusci a conquistare un buon decimo posto conquistando l’accesso all’Intertoto. Oggi Papadopulo, in un intervista concessa al sito sslazio.org, ha parlato della squadra che sta nascendo in ottica Champions: “Secondo la mia opinione, il primo tassativo imperativo per la Lazio, che mi pare sia venuto un po’ meno in queste settimane di rodaggio, è quello di lavorare sulla propria autostima, come singoli e come gruppo, e nel caso si fosse smarrita, fare il possibile per recupararla in fretta. La Lazio, la scorsa stagione, ha vinto partite quasi solo “accorgendosi ” della forza che sapeva e poteva esprimere. Essere consapevoli dei propri mezzi è addirittura più importante del valore dei singoli stessi. Pioli e i giocatori più esperti dovranno essere bravi a inserire nel gruppo le forze fresche che stanno arrivando e che arriveranno. Mai come quest’anno serve compattezza, ancor più che nella passata stagione: lo spogliatoio dovrà rappresentare il vero valore aggiunto della formazione biancazzurra. Infine, anche la società è chiamata a far la sua parte: ho fiducia che, come in passato, si possano piazzare ottimi acquisti, coniugando le esigenze del bilancio con la legittima aspirazione dei tifosi nel veder accresciuto il tasso tecnico della propria squadra”. Sul nuovo acquisto Kisha e sul probabile Milinkovic-Savic: “Non bene, ma questo non vuol dire nulla. Entrambi i giocatori sono espressione di un ambiente calcistico internazionale di tutto rispetto e di grande tradizione. Io mi fido di Tare e della società: diamo loro tempo, hanno saputo operare bene in passato, lo faranno anche ora”. Parlando della Supercoppa l’ex tecnico del Lecce è fiducioso: “Con buona certezza, la Lazio non troverà contro la squadra ermetica e quasi imbattibile del maggio scorso. Perdere Vidal, Pirlo e Tevez, pur con le degne sostituzioni, però, non è cosa da poco: non dico che la Juventus non sarà all’altezza, credo che per dimenticare i sopracitati, del tempo ce ne vorrà. La Lazio dovrà essere abile a sfruttare questo necessario ricambio a cui la squadra bianconera dovrà, volente o nolente, prestarsi. In una gara secca, poi, tutto può accadere: ricorderete come lo scorso maggio la Lazio tenne testa per tutta la partita, fino e oltre il gol di Matri che decise l’incontro. Sono curioso ma anche fiducioso”. Sui playoff di Champions League: “Non bisogna fare calcoli, nellla maniera più assoluta. L’avversario sarà di valore, quindi le motivazioni non sarà difficile trovarle; importante sarà gestire le emozioni con lucidità. La Lazio ha valori importanti, calciatori di qualità e di personalità. Dovrà essere paziente, tessere la propria trama e cercare di impostare la propria idea di calcio, provando a subire al minimo quello degli altri. Non sarà facile, ma la strada per un piazzamento di prestigio nel calcio continentale comporta questi step”. Papadopulo inoltre ha anche parlato di mercato: “Se la Lazio riuscisse a completare la rosa, fatti salvi i nuovi arrivati, con un esterno basso sinistro e magari una punta da integrarsi con Klose e Djordjevic, ritengo che la rosa sarebbe sufficientemente attrezzata per le competizioni a cui la Lazio prenderà parte. Serve, però, comperare bene, con oculatezza e con prospettiva, senza spendere tanto per farlo. Altrimenti, si potrebbe promuovere qualche Primavera, che tanto bene hanno fatto nelle passate stagioni”. Poi il tecnico ex Torino, lancia un messaggio a tutte le società italiane, dare fiducia ai giovani: “Siamo ancora molto indietro nella consacrazione dei giovani dei nostri vivai. Molte le ragioni, per lo più dovute a rigidità culturali, legate al modo di fare calcio in questo paese. Risultato e classifica contanto spopositatamente; le scelte dei presidenti e delle società ne risultano evidentemente influenzate. A questo si aggiunga una “mancanza di coraggio” delle nostre società, una poca dimestichezza di alcuni dirigenti a far sbocciare i talenti costruiti con cura fino alla Primavera, e otterrete il quadro finale. Negli altri paesi c’è meno pressione e un più marcato tentativo di tracciare le coordinate della carriera dei giovani atleti. Spero che anche da noi, qualcosa possa prima o poi cambiare ed incanalarsi per il verso giusto”. Infine l’ex bandiera della Lazio conclude l’intervista ricordando un suo caro amico, Giorgio Chinaglia: “Il primo personale pensiero, che spesso mi ripeto, è che la vita è stata ingiusta, togliendoci Giorgio troppo, davvero, troppo presto. Io e Giorgio eravamo molto legati (Papadopulo fu suo testimone di nozze, ndr), saperlo lontano e sofferente mi rattristava molto. Oltre che un atleta impeccabile e che tutti hanno conoscoito, ritengo che con Giorgio se ne sia andata una cara e brava persona”.