Giordano nostalgico verso la Lazio: "Mi manca la Lazio, sogno di allenarla. Lotito mi chiamò nel 2009..." - Lazio News 24
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2015

Giordano nostalgico verso la Lazio: “Mi manca la Lazio, sogno di allenarla. Lotito mi chiamò nel 2009…”

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Bruno Giordano ex centravanti laziale ricorda la Lazio in un’intervista al Corriere dello Sport, dal primo provino fatto fino al sogno di allenare la Lazio:”Si fece a Tor di Quinto su un campo d’erba, cosa che non conoscevo all’epoca. Rimediai un paio di scarpini, ma non andò benissimo e avevo paura che non mi scegliessero. Mio padre era romanista trasteverino e quando mi cercarono anche i giallorossi promettendomi un motorino vacillò. Io avevo dato la mia parola alla Lazio e mi sembrò di sognare quando firmai il contratto nella sede di Via Col di Lana tra le foto dei campioni biancocelesti. Mio padre ci mise poco a diventare laziale e anche io dimenticai Mazzola e Corso. La Samp ci aveva preso a pallonate, ma Pulici aveva parato tutto. Al novantesimo quel ragazzino che esordiva segnò il gol della vittoria. Una gioia che non riuscivo a fermare. Re Cecconi? Luciano era un grande altruista, sempre pronto ad aiutare qualcuno. In quelli anni alla Lazio c’era confusione e indisciplina e Re Cecconi e Maestrelli erano quelli che ovviavano a questi problemi. Il mister sapeva tirare fuori il meglio da ogni persona. Seguiva ogni giocatore, un grande allenatore, anche tatticamente. A Como, nell’ultima partita che ha allenato, segnai e corsi da lui che era felice, ma si vedeva che si stava spegnendo. Chinaglia? Stravedevamo l’uno per l’altro, ma quando divenne presidente il rapporto si incrinò. Voleva vendermi  tutti i costi perché la società non aveva una lira e quando rifiutavo si scagliava contro di me”. Giordano ha ricordato anche momenti legati a Manfredonia, Di Chiara e Agostinelli: “Vivevamo sempre insieme, eravamo amici per la pelle quasi fratelli. Lionello poi si schierò dalla parte di Chinaglia, ci rimasi male. Poi lui scelse, secondo me sbagliando, di andare alla Roma. Quando si sentì male in campo, io lo soccorsi. Non volevo rientrare in campo, ma poi mi tranquillizzarono. Quando andai a trovarlo all’ospedale e gli dissi della Roma, lui mi guardò e mi disse: ‘Che c’entra? io sono della Lazio”. Giordano ha parlato anche del caso di calcio scommesse che gli pregiudicò la Nazionale: “Ho pagato senza mai aver fatto nulla. Non ho mai scommesso contro la mia squadra”. Sul derby contro la Roma ammette: “Ero un rompiballe assurdo. All’epoca valeva mezza stagione e io la giocavo due volte: una in campo e una a Trastevere. Qui dove sto adesso sto bene, i colori sono il bianco e il celeste e il simbolo è l’aquila. Roma e Trastevere, però, mi mancano. In Italia ho avuto meno fortuna da allenatore, forse perché ho fatto scelte sbagliate. Sono finito spesso in società con problemi finanziari e lì è difficile fare bene. Il mio sogno?Sarebbe allenare la Lazio. Per me sarebbe chiudere il cerchio. Nel 2009 mi chiamò Lotito, ma per fare da raccordo tra società e squadra. Io mi sento allenatore e ho bisogno di campo. Pioli sta facendo il meglio possibile. Quello che mi rattrista è vedere lo stadio vuoto in la rottura tra tifosi e dirigenza. Quando ci si allontana troppo si finisce col farsi del male tutti. Non esiste una squadra senza i tifosi”. 
 

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