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2013

Il Pagellone di LazioNews24

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La stagione della Lazio è finita ed è tempo di bilanci. Il mercato e la prossima stagione sono alle porte, ma ancora riecheggia nelle menti dei tifosi biancocelesti la finale di Coppa Italia vinta trionfalmente contro la Roma. L’ultima partita di una stagione logorante, condita da 57 incontri tra campionato, Europa League e appunto Coppa Italia. Un’annata che ha visto giocatori sorprendere, altri deludere, altri ancora confermarsi. Adesso è arrivato il momento di andare a valutare per filo e per segno la stagione di ogni giocatore biancoceleste presente in rosa.

PORTIERI

MARCHETTI Federico – Possiamo tranquillamente nominarlo il miglior portiere della Serie A 2012-13 al pari di Samir Handanovic. Sicuro nelle uscite, riflessi pazzeschi (per informazioni chiedere ai tifosi della Juventus) e una carica agonistica senza eguali. Un portiere che garantisce affidabilità e un gran numero di punti in classifica. Un portiere che si è guadagnato di diritto il posto in nazionale. Mezza Europa ci ha messo gli occhi sopra: dal Barcellona al Manchester United, dall’Inter all’Arsenal, passando per Milan, Liverpool e Terek Grozny. Lotito però lo valuta tanto, almeno 18 milioni. Marchetti non si tocca, la saracinesca da difendere è ancora quella della Lazio, con la quale ha vinto il primo titolo in carriera. Forse un po’ troppo tardi per un calciatore di questo livello. Superman, voto: 9.

BIZZARRI Albano – Chiamato in causa 11 volte nelle 57 battaglie che la Lazio ha affrontato al seguito del comandante Petkovic, “El Joven Arquero” non ha mai perso l’occasione per farsi trovare pronto e mettersi sempre a disposizione della squadra. Diventato ormai un veterano della Lazio di Lotito, ha rappresentato un solido pilastro dello spogliatoio biancoceleste nei momenti più delicati della stagione. Chioccia, voto: 6,5.

CARRIZO Juan Pablo – Se raccontassimo che la storica vittoria laziale in Coppa Italia contro la Roma è passata per le mani di un giocatore che a gennaio è stato ceduto ed ha giocato solo una partita con la maglia biancoceleste, molti rimarrebbero perplessi. Ebbene questa è la stagione alla Lazio di Juan Pablo Carrizo: titolare solo negli ottavi di Coppa Italia contro il Siena in cui è stato grande protagonista sia nei 120 minuti sia ai calci di rigori permettendo ad i suoi compagni di continuare un percorso che poi avrebbe regalato una gioia immensa a tutto il popolo laziale. Arrivato a Roma con grande aspettative, abbandona la capitale destinazione San Siro senza che i tifosi si strappino i capelli, ma lascia a quest’ultimi come regalo d’addio il passaggio ai quarti di finale di Coppa Italia. Eroe per un giorno, voto: 6.

DIFENSORI

CIANI Michael – Ultimo colpo del magro mercato della scorsa estate, preso dal Bourdeax per circa 2 milioni di euro. Michael Ciani, dopo un avvio difficile, si è conquistato la fiducia di Petkovic che nel finale del 2012 lo ha schierato sempre titolare per l’infortunio di Dias. La scoperta di Cana lo ha di nuovo messo ai margini e quando è stato chiamato in causa non sempre ha risposto in maniera positiva, come dimostra la pessima trasferta di Siena. Ha avuto comunque il merito di siglare il pareggio a tempo scaduto proprio con i toscani negli ottavi di finale di Coppa Italia, che hanno permesso ai biancocelesti di andare ai supplementari e poi vincere la gara ai rigori. Come è finita poi, lo sappiamo tutti. La società lo ha riconfermato per la prossima stagione. Imprevedibile, voto: 6.

CANA Lorik – Finalmente ha trovato il suo ruolo nello scacchiere biancoceleste. Il Guerriero, viste le necessità dettate dagli infortuni, è stato retrocesso da Petkovic come difensore centrale nel corso della stagione, posizione che occupa anche nella sua Nazionale. A scapito degli scettici, il numero 27 si è conquistato la leadership difensiva ed è diventato fondamentale scavalcando i suoi compagni di reparto nelle gerarchie. Differentemente da quando viene impiegato come mediano, ricopre il ruolo più arretrato con grande saggezza ed esperienza, ma anche con quella spavalderia che gli è propria e che lo contraddistingue. Il grande carisma gli permette di affrontare le gare importanti con grande tranquillità. Perfetto nella finale di Coppa Italia dove ha annullato in tutto e per tutto Destro. Ritrovato, voto: 7,5.

DIAS Andrè – Dopo due stagioni e mezzo in grande spolvero il brasiliano ha disputato una prima parte di annata meritandosi il plauso del pubblico, ma poi a causa di prestazioni non convincenti e di qualche infortunio di troppo ha dovuto lasciare la maglia da titolare a Cana, autentica sorpresa in quel ruolo. Difensore da Fantacalcio, quest’anno la sua media-voto è stata appena sufficiente e addirittura non ha segnato neppure una rete, un caso strano per uno che nei primi anni biancocelesti aveva una percentuale di realizzazione degna di un centrocampista offensivo. Grintoso e rognoso come sempre, ha pagato la sua cattiveria agonistica con ben sei cartellini gialli in stagione ma è in Europa che si è messo in mostra con il rosso a Moenchengladbach nella partita dei tre rigori contro. Ha sempre il pregio di dare sicurezza al reparto, anche quando non è in giornata, ma per il futuro la coppia longeva con Biava verrà spezzata: se l’italiano ha firmato un contratto annuale, il giocatore sudamericano ha già fatto sapere di voler tornare in patria. Lascia da vincitore, anche se non ha giocato la finalissima comunque è stato tra gli artefici di questo trofeo e sicuramente una gran roccia nella difesa biancoceleste delle ultime stagioni. Altalenante, voto: 6.

BIAVA Giuseppe – Sono tre stagioni consecutive, che mantiene una media pazzesca, vedere per credere. E’ classe ’77, non più giovanissimo, ma si sa gestire a perfezione e non subisce nessun calo ne fisico ne mentale. E’ impressionante quanto riesca ancora ad essere l’uomo guida di tutto il reparto difensivo. Beppe è un professionista serio e soprattutto un calciatore intelligente. I mezzi tecnici sono nella norma, ma la concentrazione e l’intelligenza tattica sono di gran lunga sopra la media. Il suo forte è l’anticipo, lo legge sempre un attimo prima e toglie il tempo a qualsiasi attaccante. L’attenzione che ci mette è straordinaria, non si distrae mai. Mette sempre la gamba e non si tira mai indietro. E’ così che si scrive la storia, con la testa e con il cuore. Lui ce li ha entrambi e in grande misura. E’ più facile che rimangano negli occhi le prestazioni di attaccanti e centrocampisti, perché mettono lo zampino, fanno il gol o la giocata, ma le giocate difensive di Biava sono fondamentali e alcune sono da manuale del calcio. Malgrado non risulti come uno dei protagonisti assoluti, dopo un derby storico giocato senza sbavature, senza l’ombra di mezzo errore, rasentando la perfezione e non facendo sfiorare palla agli attaccanti romanisti, l’ex Genoa è diventato sicuramente uno dei simboli di questo successo, uno degli eroi che ha permesso alla Lazio di diventare sempre più primatista e padrona di Roma. Meriterebbe quasi la convocazione in Nazionale “ad honorem”, solo una piccola presenza per onorare la sua carriera. Difficile che sarà così, ma i laziali non dimenticheranno mai quel ragazzo di 37 anni, che diede tutto per l’Aquila e che annullò i calciatori giallorossi nella partita più importante del calcio romano. Highlander, voto: 7,5.

DIAKITE’ Modibo – Dare un voto alla sua stagione è praticamente impossibile, forse sarebbe meglio giudicare il suo comportamento. Fisico da supereroe ma carattere da damigella di corte viziata dalla servitù. Per dei capricci legati al contratto ha gettato alle ortiche una stagione che poteva regalargli non poche soddisfazioni con il tanto agognato salto di qualità pronto a diventare realtà, non una continua utopia come negli anni precedenti e soprattutto la possibilità di scolpire la sua effige di immortale nella storia della S.S. Lazio. Richieste un po troppo fuori portata quelle di Modibo e del suo entourage, richieste che solo giocatori che hanno sempre dimostrato continuità possono permettersi. Continuità, una dote non proprio presente nel DNA del numero 21 che ha sempre sfoggiato prestazioni da 10 e lode e altre da 4.5. Proprio 4.5 è il voto della sua stagione, anzi della sua non stagione. Chissà se l’aver visto i suoi ormai ex compagni diventare leggenda ha scosso in lui un sentimento di malinconia misto a pentimento? Solo lui può sapere la risposta ma tornando indietro forse Diakitè non farebbe le stesse scelte, una vittoria di questa portata vale più di qualsiasi offerta colma di denaro. A volte bisogna ascoltare il cuore, non il conto in banca. Non pervenuto, voto: 4,5.

STANKEVICIUS Marius – Prima terzino destro, poi sinistro, poi difensore centrale. Arrivato come vice Konko in quel ruolo ha giocato veramente poco, anzi per nulla. Nella scorsa stagione Edy Reja sembrava puntare sul lituano che tra problemi fisici e difficoltà di collocazione ha visto il campo solamente 11 volte nell’arco dell’anno 2011/2012. Anno nuovo, storia vecchia. Stankevicius non rientra nei piani del nuovo tecnico Petkovic che lo lascia in naftalina per lunghi mesi, passa l’intero inverno in un letargo senza fine. Ma quando meno te lo aspetti eccolo rispolverato nella parte finale di stagione dopo l’interminabile moria di esterni che la Lazio ha dovuto subire durante l’arco della seconda parte di stagione. Qualche minuto nel derby e il lancio da titolare contro la Juventus ove la sua prestazione ha lasciato non poco a desiderare, giustificata anche dalla lunga inattività. Forse anche ingiustamente, visto che purtroppo per lui è reo di essere uno degli acquisti fallimentare della dirigenza, viene fischiato al momento della lettura delle formazioni contro Bologna e Sampdoria. In cuor suo avrebbe voluto dare di più ma nella società nessuno ha mai messo in discussione il professionista. Ibernato, voto: 5.

KONKO Adboulay – Uno dei principali punti di forza e affidabilità della Lazio targata Vladimir Petkovic. La sua presenza fissa coincide con il periodo più florido della formazione biancoceleste. Energico, puntuale e sempre elegante, l’esterno francese ha sempre garantito un alto standard di prestazioni in nome della causa laziale. Ha sfornato innumerevoli cross e, arando come nessuno la fascia destra, si è distinto per l’ottimo senso della posizione con chiusure provvidenziali. Una stagione fin troppo solida, dopo periodi travagliati da continui infortuni. Poi però da quando è stato soprannominato “uomo d’acciaio” per via della sua inusitata continuità, ecco puntuale l’infortunio al ginocchio che lo ha tenuto fermo per quasi due mesi. Niente e nessuno però gli ha impedito di accompagnare la Lazio in un finale di stagione rimasto impresso nella storia. Gregario, voto: 7.

RADU Stefan – “Non lascerò mai questa maglia”, queste le parole al miele del terzino rumeno che lasciano intuire quanto sia legato ai colori biancocelesti. Il numero 26 è stato fondamentale in campo, ma anche nello spogliatoio. Da quest’anno ha espresso anche buone giocate offensive migliorando attraverso specifici allenamenti, vedere per credere il gran gol contro il Pescara. Grinta e dedizione la ricetta di un giocatore che è diventato idolo indiscusso della Curva Nord, dove spesso si avvicina a fine partita per festeggiare e cantare con i propri tifosi che non dimenticano i cori contro la Roma, costati il deferimento. Poco importa, quel che conta è che ormai Stefan è uno dei terzini sinistri più forti in Italia ed Europa, ma soprattutto è diventato un punto fermo del progetto-Lazio. Idolo, voto: 8,5.

CAVANDA Luis Pedro – Al libro nero di Lotito si è aggiunto un nuovo nome: Luis Pedro Cavanda. Un altro che per Tare e Lotito, non ha agenti che fanno il suo bene. E chi fa il bene della Lazio? L’aitante Luis Pedro sarebbe stato un valido elemento da inserire, e le presenze collezionate nella prima parte di stagione lo confermavano, soprattutto quando il ginocchio di Konko ha fatto crack. Ma nessuno sfugge al codice etico di Re Claudio. Nè Pandev, nè Diakitè (che ora a zero sta viaggiando a vele spiegate verso il Sunderland di Paolo Di Canio) tanto per citarne qualcuno, ce l’hanno fatta. “Lotizzato”, voto: 5,5.

PEREIRINHA Bruno – Si è criticato tanto il mercato di gennaio della Lazio perché non ha dato ricambi necessari ai titolari e Petkovic si è trovato nella kafkiana situazione di doversi inventare una formazione da mettere in campo. A gennaio però è arrivato questo portoghese, Bruno Pereirinha che sulla carta sembrava poter diventare l’ennesimo colpo azzeccato di Tare e soci, abilissimi nello scovare giocatori a costo ridotto nei campionati meno sondati dalle big. Stavolta invece non si è trattato di un buco nell’acqua ma ci siamo quasi andati vicino. Il passaggio dalla Liga Sagres alla Serie A deve essere stato per forza difficile e come abbiamo avuto modo di vedere il nostro Bruno non si è ambientato nella maniera migliore, però è un elemento che deve ancora crescere e sembra avere le potenzialità giuste. Otto presenze e zero gol in Serie A più tre apparizioni in Europa League, questo il magro bottino. Diciamo la verità, Pereirinha ha il forte alibi di aver giocato molto spesso in una posizione che non è la sua, la stagione non è stata sufficiente ma pensiamo che dal prossimo anno, paradossalmente con un organico più ampio, possa dire la sua in maniera migliore. Fuori ruolo, voto: 5,5.

CENTROCAMPISTI

LEDESMA Cristian – Che Ledesma sia stato un giocatore imprescindibile per il gioco della squadra biancoceleste, lo si capisce subito guardando il numero delle presenze collezionate, ben 52. Probabilmente, insieme ad Hernanes, l’unico insostituibile degli undici di Petkovic. E il mister ha capito subito l’importanza e la sagacia tattica dell’italo-argentino, consegnandogli le chiavi del suo centrocampo. Un’autentica calamita di palloni, è lui che ci mette il fosforo in fase di costruzione. Lui pensa, il Tata tallona e corre, il Profeta inventa. Le poche volte che non è sceso in campo, sono stati bei guai perché un altro come lui in rosa non c’è. Gonzalez è eclettico e generoso e gioca dove Petkovic gli dice, ma non ha nelle sue corde l’organizzazione del gioco e ugualmente Hernanes, dall’alto della sua classe, diventa micidiale dai 3040 metri in poi. Sicuramente sarà un problema di Tare e Lotito. Non di Ledesma. Lui c’è e continuerà a prendere per mano la Lazio. La bussola, voto: 7,5.

GONZALEZ Alvaro – Il passaggio alla Lazio tre anni fa è un’incognita, nel senso che non si sa ancora a chi ha giovato di più. La prima squadra della capitale ha trovato un tassello fondamentale mentre Gonzalez è riuscito ad esaltarsi in un ambiente dove mettersi in mostra non è poi così facile come si crede. Dopo le diffidenze iniziali con Petkovic il Tata ha dato il meglio di sé addirittura venendo schierato in posizioni inusuali, soprattutto disimpegnandosi con efficacia in difesa e nella fase difensiva, lavoro in cui l’uruguaiano eccelle particolarmente. Non è un Klose o un Hernanes, di quelli che si prendono gli elogi per un gol a giro o per cinque gol messi a segno nella solita gara, Gonzalez è il classico giocatore che determina l’andamento di una partita: gioca bene e la squadra gioca bene, se invece non è in giornata vedi che gli ingranaggi della squadra non si muovono a dovere. Caparbio come pochi, in questa stagione si è meritato tutti i complimenti del caso. Guerriero mai domo, “El Tata” ha sempre saputo fare la cosa giusta al momento giusto e la sua media-voto lo ha denotato perché il rendimento del sudamericano è stato di gran lunga sopra la sufficienza. Anche nelle coppe si è rivelato una pedina fondamentale e per certi versi insostituibile per la sua adattabilità e malleabilità tattica, un giocatore che ogni allenatore pagherebbe di tasca propria per avere in rosa. Uomo ovunque, voto: 7,5.

HERNANES Anderson – Il profeta meriterebbe un discorso a parte che evince dai normali giudizi di fine campionato. Tecnica sopraffina, giocate d’alta scuola, fucile sempre carico pronto ad esplodere lasciando uscire dalla sua canna traiettorie al bacio da consegnare agli esami della scienza. Le note liete del profeta le conosciamo tutti. Giocatore straordinario che ogni allenatore vorrebbe avere in squadra, la sua solarità contagiosa fa da linfa vitale all’interno dello spogliatoio. Destro, sinistro, facilità di tiro e di essere nello stesso tempo costruttore e finalizzatore del gioco della propria squadra. Dopo i due anni sotto la guida Reja, finiti con qualche mugugno per le troppe sostituzioni e per un ruolo, quello di trequartista, mai digerito dal n.8 carioca, è arrivato Petkovic che ha trasformato Hernanes da rifinitore a uomo chiave del gioco della Lazio. Qualche metro più indietro il profeta dà spettacolo, con il campo visto frontalmente e non più di spalle sfodera prestazioni d’alto rango trovando, nonostante l’arretramento, gol belli ed importanti come la doppietta al ChievoVerona. La Lazio nella prima parte di stagione è un orologio svizzero guidata dalla geniale fantasia del suo profeta ma si sa i problemi sono sempre dietro l’angolo e con la crisi della squadra anche Hernanes appassisce come un geranio colpito dalla grandine invernale. Discontinuo, svogliato, nervoso, perso nel suo stesso gioco, Hernanes in campo è un fantasma. Tiri, lanci, cambi di gioco, paso doble, sono soltanto un lontano ricordo. Nella parte invernale, sistematicamente come succede dal suo arrivo in Italia, Hernanes non c’è. Tutti si chiedono dov’è il profeta, dov’è quel giocatore capace di spaccare le partite ed essere una vera e propria arma mefistofelica per le difese avversarie. Detto fatto eccolo tornare in primavera. Il sole scalda di nuovo Roma e la sua stella torna a brillare sfoderando perle di rara bellezza come i gol a Roma e Bologna, due gittate che possono riuscire solo a chi possiede un mirino nei piedi. Eccolo il vero Anderson Hernanes, quello che ha fatto innamorare la platea biancoceleste. Si parla di rinnovo contrattuale, si parla di cessione, di conferma. Una cosa è certa, nonostante la discontinuità, cosa da migliorare assolutamente, Hernanes è un giocatore su cui bisogna puntare ed ecco perché la Lazio del futuro va costruita intorno alle magie del suo profeta visto che giocatori del suo talento ne esistono pochi. Come un moderno Houdini riesce a toccare in oro tutto quello che tocca, di illusionisti al mondo ce ne sono pochi e la Lazio fa bene a tenersi stretto il suo. Discontinuo ma imprescindibile, voto: 7,5.

ONAZI Eddy – Carramba che sorpresa, potremmo dire. Il 2013 di “Watermelon” (così è chiamato per la sua passione per l’anguria) è stato assolutamente fantastico. Coppa d’Africa prima, Coppa Italia poi. Una stagione in crescendo, iniziata in sordina, in punta di piedi, ma col tempo gli imbarazzi sono scivolati via ed il nigeriano ha iniziato a mostrare tutte le sue qualità. Nonostante la sua giovane età (è quasi un ’93, essendo nato a dicembre) ha senso della posizione e grande forza fisica. L’impegno con la sua nazionale e la vittoria finale, vissuta da protagonista, lo ha galvanizzato, facendogli acquisire fiducia dei propri mezzi. Fantastici goal allo Stoccarda prima e all’Inter poi (i primi in entrambe le competizioni), sono la ciliegina sulla torta, assieme alla bella prova nel derby di coppa Italia. Speriamo che Ogenyi possa continuare a mangiare cocomero all’ombra del “Cuppolone” ancora per tanto tempo! Predestinato, voto: 7.

CRECCO Luca – Il suo esordio in serie A non è avvenuto in un’atmosfera molto felice: si tratta del match Lazio-Juventus, terminato con una pesante doppietta di Vidal che i biancocelesti ancora ricordano amaramente. Tuttavia la giovane mezz’ala romana classe ’95, è una delle maggiori promesse della Lazio primavera. Il suo mancino di Luca generalmente non perdona ed è uno dei preferiti di mister Bollini. Chissà che la Lazio non possa contare anche sul suo valido contributo l’anno prossimo. Il futuro, voto: 6.

MAURI Stefano – La fotografia della stagione sta tutta in quel destro vincente che decise il derby dello scorso novembre. Un gol arrivato grazie a quel senso d’inserimento e quello spirito di sacrificio che hanno caratterizzato il suo campionato. Finché la caviglia non ha fatto “crack” nella partita contro il Napoli, l’apporto del Capitano ha determinato in maniera fondamentale il momento d’oro della Lazio. Da lì in poi un calvario di visite, test e ancora visite che non gli hanno permesso di aiutare la squadra nell’arduo finale di stagione. Il richiamo della finale contro la Roma però è più forte di qualsiasi infortunio: il successo della Coppa Italia è una laurea ad honorem per il suo grande contributo. Condottiero, voto: 8.

LULIC Senad – Mette la firma nel Derby della storia e sancisce la supremazia della prima squadra di Roma, consacrando un’altra stagione da protagonista. Grandi falcate, dribbling e generosità. Con Reja anche da intermedio, quest’anno è tornato anche a fare il terzino nella prima parte della stagione, in cui non è riuscito a ritrovare brillantezza e determinazione. Quando poi si riprende il ruolo da esterno di centrocampo, non ce n’è più per nessuno. Spirito mai domo, incursioni a non finire e grande sacrifico. I mezzi tecnici sono tutt’altro che malvagi, entra in tutte le azioni offensive e dà un grande aiuto a Klose in attacco. Un supporto, una certezza. Grande gol dalla distanza contro il Pescara che lo lancia sempre di più verso il suo più alto rendimento. Un capitolo a parte va aperto per la finale di Coppa Italia. Scende in campo e come ogni derby ci mette corsa, classe e tanta grinta. Non smette mai di correre, attacco e difesa, senza tregua. Termina le sfida in ginocchio, con i muscoli mangiati dai crampi, ma non molla un centimetro. Forse è per questo che è già nel cuore dei tifosi. Nessuno, forse nemmeno lui, poteva immaginare che il suo nome finisse sui libri di storia del calcio. Che il suo gol e l’urlo della Nord riecheggiassero per l’eternità. Senad segna al minuto 71 e porta la Lazio nella storia. “Non me ne rendo ancora conto” diceva confuso a fine gara, invece la sua zampata è il gol più importante in 86 anni di sfide stra-cittadine. E’ la rete che fa vincere la guerra e che probabilmente l’instancabile gladiatore di Mostar impiegherà tutta la sua carriera per capire cosa sia stato capace di fare. Un calciatore per tutti i ruoli, tutte le stagioni e tutte le situazioni tattiche. Un calciatore che fa la storia e, con il mercato alle porte, anche da tenersi stretto. Immortale, voto: 9.

CANDREVA Antonio – E’ il punto fermo della fascia destra: sgroppate, rientri difensivi fulminei, cross, cavalcate e tanta qualità. Antonio ormai si sente a suo agio in quel ruolo, fa strabuzzare gli occhi e l’etichetta del romanista svanisce di colpo. Non si può mettere in dubbio la sua professionalità, è il primo ad uscire dal campo con la maglia sudata e ad ogni suo gol si lancia verso la Nord a ricevere l’abbraccio dei tifosi. Poi il momento più alto, la prima parte di stagione, 6 reti, di cui un paio stupende, e il suo primo gol nel Derby. Non c’è una partita insufficiente, sempre largamente sopra il 6. Gol pazzeschi, e cross millimetrici. Conquista anche la Nazionale. L’uomo in più di questa stagione è soprattutto Antonio Candreva. Lo si vedeva subito che aveva il destino segnato, che doveva scrivere la storia di questo club dopo il gol nella notte magica di Lazio-Napoli, con lo stadio in lacrime per la morte di Long John. Gioca per ultimo un grandissimo derby, fa impazzire Balzaretti e compagni sull’out di destra, e realizza il traversone che conduce la sua Lazio direttamente nell’Olimpo del calcio. Da brava aquila, tira fuori gli artigli, e porta la Lazio a prendersi Roma. From zero to hero, voto: 8,5.

EDERSON Honorato – Lo sapevamo tutti. Lo sapevano tutti. Anche la dirigenza. Le qualità tecniche sono assolutamente indiscutibili, non quelle fisiche, che non gli hanno permesso una carriera luminosa. Honorato Ederson quando c’è stato ha fatto bene, il problema è che c’è stato davvero poche volte. Sono solo due i gol messi a segno in questa stagione: uno con il Siena in campionato, l’altro con il Maribor in Europa League. Infortuni continui, soprattutto muscolari, che hanno macchiato una prima stagione italiana che poteva essere sicuramente migliore. Rimarrà alla Lazio come confermato dall’agente ai nostri microfoni, con la speranza che stavolta la fortuna sia dalla sua parte. Sfortunato, voto: 5,5.

ATTACCANTI

ROZZI Antonio – Romano e laziale, classe ’94, esordisce in maglia biancoceleste il 1 febbraio 2012 contro il Milan. A Formello si dice un gran bene di lui, ma ormai va considerato come un calciatore della prima squadra. Quest’anno in pianta stabile con i “grandi” di Petkovic non ha avuto molto spazio, ma in quelle occasioni, pur non lasciando il segno, ha dato forti segnali. Il 2 maggio ha firmato il contratto che lo legherà alla società biancoceleste sino al 2016. In casa Lazio dunque si punta forte su di lui, si crede che possa affermarsi a grandi livelli. I tifosi sognano, perchè i mezzi ci sono e loro darebbero tutto pur di vedere di nuovo un romano di fede laziale segnare sotto la Nord ed esultare come un vero ultras. Nella finale storica Antonio è in Russia con la nazionale, ma ha fatto il tifo da lontano, per quella squadra che 19 anni fa gli ha stregato il cuore e che, come sostiene l’attaccante di Casal Monastero, continuerà a segnare la sua vita. La speranza, voto: 6.

ZARATE Mauro – Quanto talento sprecato, quanta bravura andata in fumo. Mauro Zarate aveva davvero le caratteristiche per sfondare alla grandissima nel panorama italiano, lo ha dimostrato la prima stagione laziale nella quale andò in doppia cifra e vinse pure la Coppa Italia con un gol stratosferico alla Sampdoria. E poi? Poi una notte di settembre mi svegliai e mi trovai fuori rosa. Dopo il prestito all’Inter l’argentino ha espresso la volontà di partire prima della scadenza naturale del contratto, prevista per giugno 2014, ma la Lazio non ha trovato compratori adeguati. Si è parlato di Dinamo Kiev, Norimberga, piste russe o argentine ma alla fine Maurito è rimasto a Formello ad allenarsi da solo e ha giocato solamente uno spezzone in campionato e sei match in Europa League, segnando pure un gol abbastanza inutile agli sloveni del Mura. Il meglio lo ha dato fuori dal campo. Che non fosse una stagione d’oro lo si era capito dalla decisione della provincia di Buoenos Aires di multarlo e chiamarlo in tribunale per non aver pagato la tassa per la patente e la guida di Suv e auto di lusso. Ai tribunali poi ci ha fatto l’abitudine perché insieme al suo agente Ruzzi (sempre pronto a gridare al complotto) e all’avvocato Marchese ha citato la Lazio per mobbing e vorrebbe la rescissione consensuale e anticipata del contratto per poter tornare all’amato Velez. Finché è il tribunale a dover decidere, noi non ci esprimiamo, diciamo solamente che è brutto dover vedere un giocatore come lui ridotto così. Peccato. Invisibile, voto: 4.

FLOCCARI Sergio – Professionalità, dedizione, attaccamento. Ecco Sergio Floccari in tre parole. Più di un giocatore, più di un attacante, un grande uomo a cui non si può non voler bene. Petkovic lo ha inquadrato subito durante il ritiro di Auronzo imponendo alla società la non cessione del numero 99. Mai una parola fuori posto, mai una richiesta di maggior spazio. Ha accettato il suo ruolo Sergio, quello del sacrificio costante sposando ad occhi chiusi il progetto Lazio. Partito come vice Klose ha visto poco il campo per gran parte del girone di andata ritagliandosi minuti e gol in Europa League. Saranno 10 alla fine della stagione, il più bello quello al Maribor, il più importante quello alla Juventus al minuto 93 durante la semifinale di ritorno di Coppa Italia. Quell’incornata rimarrà indelebile nel cuore e nella mente del popolo laziale, anche perchè senza quello stacco imperioso tra le maglie juventine non avrebbe permesso alla Lazio di vincere quella Coppa in una finale leggendaria. Da buon gregario nel momento più difficile della stagione si è caricato sulle spalle il peso dell’attacco biancoceleste provando a rendere meno amara l’assenza di Klose. Le parole pronunciate a riguardo del suo futuro, “la mia scelta l’ho fatta in estate e non me ne pento”, fanno capire a tutti quanto questo ragazzone venuto da Vibo Valentia sia attaccato all’aquila che ogni domenica ha sul petto ed è proprio per questo che il parco attaccanti della Lazio che verrà deve comprendere anche il ‘cuore impavido’ di Sergio Floccari. Bravehearth, voto: 7,5.

KOZAK Libor – Un voto diviso tra l’8 dell’Europa League e il 4 del campionato. Capocannoniere della competizione con dieci reti (due nei preliminari, otto nella fase finale), grandi giocate e soprattutto il merito di essere decisivo praticamente sempre. Splendide le reti con Panathinaikos e Borussia Moenchengladbach, da segnalare la tripletta allo Stoccarda. Totalmente il contrario in Serie A, dove non ha siglato nessun gol. La dirigenza biancoceleste sta valutando il da farsi, Libor potrebbe salutare. Europa sì Italia no, voto: 6.

SAHA Louis – La sua permanenza alla Lazio verrà ricordata per il tribolato arrivo a tempo scaduto nella sessione invernale e per le due presenze nelle delegazioni laziali in occasione delle visite a Papa Francesco I e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sei solo presenze, una sola da titolare, si prende addirittura il “lusso” di assistere alla finale da spettatore a causa dell’ennesimo infortunio. Tutto il resto è Twitter. Vacanze romane, voto: 5.

KLOSE Miroslav – Le parole per descrivere un campione del genere sono sempre poche e spesso scontate. Eppure non ci stufiamo mai di elogiare il tedesco, un fuoriclasse dentro e fuori dal campo. Esempio di sportività per i più piccoli, come quando a Napoli ha ammesso di aver toccato il pallone con la mano. Esempio anche per i suoi colleghi attaccanti: i suoi movimenti, le sue giocate per la squadra, il suo fiuto per il gol sono qualcosa di sublime. Quando non c’è la Lazio fatica, ed anche molto, è normale che la squadra ne risenta quando in campo non c’è un giocatore di questa caratura. Quindici gol in campionato, uno in Europa League, record di gol con la maglia tedesca ad un passo, e come se non bastasse tutto ciò, quest’anno il tedesco ha deciso di segnare cinque gol in una partita, cosa che in Serie A non avveniva da ben 28 anni. “Ce l’abbiamo solo noi Miro-Klose-Gol” è il coro che gli dedicano i suoi tifosi che non poteva essere più azzeccato: un talento del genere è unico. Se non ci fossi tu, voto: 9.

ALLENATORE

PETKOVIC Vladimir – Annunciato nella settimana più calda dello scandalo scommesse, Vladimir Petkovic è approdato a Roma tra l’incertezza generale. Dopo un pre-campionato negativo, la squadra ha cominciato ad ottenere gioco e risultati, trovandosi ad inizio Gennaio addirittura seconda in classifica. Poi gli infortuni e un mercato al di sotto delle possibilità hanno inciso su un girone di ritorno insufficiente. In Europa l’avventura si è conclusa ai quarti contro il Fenerbahce tutti abbiamo visto come. Poi la Coppa Italia in una finale che rimarrà nella storia, che ha portato (oltre al trofeo): supremazia cittadina, accesso diretto alla prossima Europa League e una Supercoppa italiana tutta da giocare. Infine proprio i derby: due vittorie e un pareggio in su tre stra-cittadine giocate. Ma l’ultimo è stato diverso. L’ultimo ha portato di diritto Petkovic e i suoi ragazzi nell’Olimpo degli Dei e nel cuore dei tifosi laziali. Ora serve un mercato all’altezza per volare davvero. La sorpresa, voto: 9.

Hanno collaborato:

Federica Foschi
Edoardo De Santis
Fabiano Di Stefano
Gianmarco Liberati
Gianmarco Lotti
Matteo Mansueti
Daniele Zanardi 

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