Lettere dal 1900: la banda Maestrelli - Lazio News 24
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2013

Lettere dal 1900: la banda Maestrelli

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Almeno cinque giocatori avevano il porto d’armi, altri non lo avevano ma chi se ne frega, imbracciavano il fucile e sparavano, come va va, il gioco era veramente gagliardo. Dalle finestre dell’hotel Americana, piuttosto isolato, partivano gare di tiro al lampione con tanto di picchetto e fruscio di denaro. I campioni erano Martini e Petrelli; Chinaglia, come al solito, a fare la comparsa non ci stava e comprava i fucili più precisi e costosi. Wilson e Re Cecconi si divertivano da matti, anche se la mira non era proprio da Buffalo Bill. Dopo le prime, inutili proteste, il proprietario dell’albergo si piegò a cambiare pazientemente le lampadine rotte.
Petrelli aveva un piccolo arsenale. Un giorno, a Tor di Quinto, concluse un battibecco con Mazzola estraendo dalla tasca una pistola a doppia canna. Disse: “Attento che ti sparo”. E sparò davvero. Ferruccio sentì fischiare la pallottola vicino all’orecchio. Per due giorni ebbe la febbre a 39.
Nel parco dell’hotel Americana, fu Gigi Martini a sparare a bruciapelo fra le gambe di Chinaglia. Giorgio rimase impassibile e Gigi ne fu ammirato: “Sei un grande, non ti sei neanche mosso”.
Una domenica in cui era squalificato, Martini chiese a Maestrelli il permesso di portare i gemelli a fare una passeggiata nei dintorni dell’albergo. Tommaso, naturalmente, acconsentì, ma una volta in aperta campagna, il giocatore consegnò a Massimo e Maurizio due pistole, dispose dei barattoli sopra un muretto e disse loro: “Adesso vi insegno a sparare”.
 
Altro che noia, i giocatori della Lazio avevano trasformato i ritiri, prima e dopo la partita, in un luna park. Armi, musica, alcol, sesso. Non capitava di rado che un giocatore dicesse: “Vado a comprare i giornali” e tornasse dopo tre-quattro ore. Correvano per le stanze allegre signorine e bottiglie di whiskey. Una volta, prima di una partita a Verona, in un albergo sul lago di Garda, Maestrelli incaricò Lovati di controllare l’attività notturna della squadra. Facendo il giro delle stanze, furono poche quelle nelle quali il vice-allenatore potè entrare, molti gli sbattimenti di porte e intense le scie di profumo per i corridoi. “Ragazzi”, disse, “se avanza qualcosa ricordatevi del vecchio Bob”.
All’Americana, a mezzanotte di domenica scattava il rito della spaghettata. Alcuni, poi, se la squagliavano nei locali notturni. Quello preferito era il Jackie ‘O di via Boncompagni, dove una sera Chinaglia fece a pugni con un fotografo: la notizia finì sui giornali e Maestrelli dovette fingere di arrabbiarsi. Persino il sabato sera i ‘viveurs’ della Lazio facevano bisboccia. Una volta Ciccio Cordova, capitano della Roma in quel periodo fuori squadra per infortunio, si trovò faccia a faccia con Chinaglia, Wilson e altri due compagni, proprio all’ingresso del Jackie ‘O. Chiese: “Ma voi domani non dovete giocare?”. “Certo che giochiamo, mbeh?”. Giocarono e vinsero largamente.
 
 
(estratto da “Uno più undici”, di Franco Recanatesi. L’Airone Editrice, 2006)

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