2013
Pulici sul caso Mauri: “Crediamo nell’innocenza del ragazzo”
Un momento d’oro per la Lazio ancora reduce dalla vittoria della Coppa Italia e con un mercato che sta facendo sognare i tifosi. A rovinare la festa però, è arrivato il deferimento per la società ed il suo capitano Stefano Mauri. Nell’edizione odierna de Il Messaggero, Felice Pulici colonna storica della Lazio dello Scudetto e vero tifoso biancoceleste, ha provato a far chiarezza sulla vicenda. Ecco il testo integrale dell’intervista.
Si attendeva l’accusa di doppio illecito per Mauri?
«Me lo aspettavo per la semplice ragione che così hanno tolto anche il pensiero di poter patteggiare alla parte. Anche se non credo che Mauri avrebbe accettato. Ora però deve calarsi su un piano diverso: un conto è gestire un rapporto con la giustizia ordinaria, un altro con quella sportiva che è più dura nei confronti dell’illecito. Non serve infatti che questo venga consumato ma basta un minimo comportamento che può provocare una probabilità d’illecito che scatta una sanzione pesantissima che coinvolge anche il club nel quale si milita».
A proposito della società: la Lazio rischia che il procuratore Palazzi possa richiedere almeno 5 punti di penalizzazione.
«Non c’è dubbio, visto che esiste l’aggravante della pluralità d’illecito e il calciatore ricopre un ruolo primario. Purtroppo la situazione non è per nulla piacevole. Bisogna confidare nella capacità e nella fermezza del difensore di Mauri. Sinora da quanto emerso non c’è comunque un quadro ben preciso che possa far dubitare su quanto il ragazzo ha sempre detto».
È d’accordo con i club che chiedono l’abolizione della responsabilità oggettiva?
«No, sono per il mantenimento perché è un deterrente in assoluto. È chiaro che andrebbe tuttavia moderata sulla base dei fatti che si verificano».
Riforma della giustizia sportiva, quali modifiche apporterebbe?
«Mi piacerebbe che la difesa avesse una possibilità di contraddittorio più efficace ed accettare quindi che possa interrogare i soggetti che con le loro dichiarazioni l’hanno tirata in ballo, a volte per salvare la loro carriera e la loro dignità. E poi l’onere della prova: ritengo che debba essere la stessa che vale per il codice penale».