Alla scoperta di Joseph Minala: a raccontare la sua storia uno che lo conosce bene... - Lazio News 24
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2014

Alla scoperta di Joseph Minala: a raccontare la sua storia uno che lo conosce bene…

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Sulle colonne de Il Corriere della Sera, vi riportiamo un articolo di chi Joseph Marie Minala lo conosce davvero bene.

“Joseph Marie Minala, camerunense, talento della Lazio Primavera, è giunto alla seconda convocazione in prima squadra. Ora che tutti parlano di lui, chi dubitando che possa avere solo diciassette anni, chi incensando le sue qualità calcistiche, come faccio a trattenere l’emozione che provo quando osservo le sue foto sui giornali e sul Web? Fino a poco anni fa gli correggevo i verbi del tema sul foglio protocollo. Lo conobbi alla Penny Wirton, nei locali della Chiesa di San Saba, all’Aventino, dove insegniamo l’italiano ai ragazzi stranieri. Il futuro campioncino, francofono, sapeva già esprimersi nella nostra lingua senza averla mai studiata. Gli era bastato, così mi disse, il «dictionnaire». Compresi di avere di fronte un fuoriclasse della vita, prima ancora che del pallone. Come dimenticare lo spettacolo teatrale in cui s’impegnò nel Centro Caritas del Tata Giovanni davanti alle vecchie mura Aureliane? Il regista gli aveva assegnato una sola battuta folgorante e paradossalmente premonitrice: «Io non sono invisibile» e lui la recitò in modo talmente convinto e appassionato da suscitare l’applauso spontaneo di tutti i presenti. Da bambino, in Africa, la nonna aveva profetizzato al piccolo Minala un avvenire radioso sui campi di calcio perché, alla sua nascita, alcuni uccelli erano volati via dal nido in segno di buon augurio. Chi avrebbe detto, in quel momento, che nelle campagne aride intorno a Yaoundé sarebbe cresciuto un nuovo Samuel Eto’o? A me è bastato vederlo giocare durante l’ora di ricreazione. Dal giorno in cui si iscrisse all’Istituto Professionale posto all’interno della Città dei Ragazzi, potei farlo senza dover pagare il biglietto. Tocco di palla sopraffino, movimenti elastici, testa alta e dribbling inesorabili che lasciavano sul posto gli avversari. Un centrocampista naturale di stampo offensivo. In aula, con un comportamento sempre rispettoso, mi aiutava a sedare gli animi più accesi dei compagni meno disciplinati. Certe ferite non si cancellano con la spugna. Era arrivato in Italia inseguendo il sogno della sua vita: giocare in serie A, ma l’agente l’aveva abbandonato alla stazione Termini. Il ragazzo è cocciuto. Non si dà per vinto, finché un bel giorno entra a Formello dove presenta le sue carte. E io, romanista dell’Esquilino, ho dovuto accettare, mio malgrado, di vederlo insaccare di testa nel derby contro i giovani giallorossi”.

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