2013
Amarcord biancoceleste, Caso e Regalia ricordano i tempi del -9
In seguito alle sentenze relative al secondo scandalo del Totonero, nell’estate del 1986, la Lazio iniziò il campionato di serie B con -9. Un brutto colpo per la compagine capitolina che rischio di fallire durante il ritiro di Gubbio. Il capitano di quella squadra, Mimmo Caso, ricorda oggi ai microfoni di Lazio Style Radio: “Evitare la retrocessione fu una vera e propria impresa. Siamo entrati nella storia della Lazio, quella squadra rimarrà negli annali del calcio, anche perché da quel risultato è dipesa la sorte di un intero popolo. La nostra era una squadra allestita per tornare il Serie A, ma la penalizzazione scombinò le carte in tavola. La mia gratitudine per i tifosi laziali è eterna: li ricordo in 80.000 per Lazio-Vicenza, oltre a quelli rimasti fuori. Uno stadio così pieno non l’ho mai più visto“.
Con lui ricorda quei momenti il Dirigente sportivo di ragazzi del meno nove: Carlo Regalia, che ammette “E’ stata tutta un’avventura, dall’estate precedente con il rischio di sparire fino alla salvezza dopo il -9. Arrivammo a 48 ore dal fallimento. Ricordo una mia telefonata al presidente di Lega, Matarrese, in cui lo informavo che la Lazio stava per sparire. Lui si mise in aereo e venne a Roma, poi andò a casa di Bocchi e si misero al tavolo per raggiungere un accordo insieme a Calleri. Le scadenze per i pagamenti vari erano fissate per il giorno dopo, ma furono posticipate al lunedì. Senza quel passaggio non credo che in questo momento staremmo ricordando quella straordinaria impresa. Ricordo ancora il giorno in cui ci venne comunicata la notizia: eravamo in ritiro a Gubbio, mi avvertirono verso le 15 mentre tutti erano a riposare. Gianmarco e Giorgio Calleri mi annunciarono al loro arrivo: ‘Ci hanno mandato in Serie C’. Subito corsi a svegliare Fascetti, che non perse tempo e prese in mano la situazione: ‘Io resto, chi non se la sente faccia la valigia e se ne vada’, disse ai giocatori in quello storico discorso. Restarono tutti in silenzio, anche gente come Pin, che solo l’anno prima era titolare con Platini nella Juventus campione d’Italia“.
NEL RICORDO DI FIORINI – “Con lui avevo una grande intesa… Il destino ce lo ha strappato troppo presto. Era un ragazzo splendido, sapeva far gruppo e stare in mezzo ai compagni. Riusciva sempre a tirarci su il morale. E’ stato davvero un compagno di viaggio straordinario. Una persona genuina, impossibile da non apprezzare: il suo modo di essere mi ha insegnato tanto. Ricordo prima dell’ultima gara col Campobasso, eravamo così tesi che non riuscivamo a dormire e rimanemmo svegli a chiacchierare con l’allora dottore Alfredo Carfagni fino alle 7 di mattina. Le sue lacrime dopo Lazio-Vicenza? Furono una liberazione da un fardello troppo pesante, ma la squadra non accusò il calo di tensione, consapevole che c’era ancora lo scoglio degli spareggi da superare. Avevamo centrato solo il primo obiettivo, ma quello più importante“
LAZIO-CAMPOBASSO PER LA STORIA – “Era un appuntamento che non si poteva fallire. Dovevamo disobbligarci con i tifosi che avevano vissuto quell’incubo. I tifosi laziali sono i più attaccati alla loro squadra tra quelli che io abbia mai conosciuto. Se penso che ci seguirono in 40.000 a Napoli per gli spareggi mi vengono i brividi”
“i SOLDI NON C’INTERESSAVANO” – Caso elogia Carlo Regalia: “E’stato accanto a noi come ho visto fare a pochi dirigenti. Fu grazie a persone come lui se si formò quel gruppo coeso, nonostante le mille avversità”. Poi ricorda il grande attaccamento alla maglia di quel gruppo di calciatori, entrati nel cuore dei tifosi laziali:“Il 5 luglio scendemmo tutti in campo senza contratto: non c’interessavano i soldi, il nostro pensiero era soltanto rivolto alla salvezza della Lazio”
UN’EMOZIONE INDESCRIVIBILE – Regalia risponde agli elogi di Caso e ricorda gli ultimi istanti della partita: “La carriera di Mimmo parla per lui. Avrei voluto portarlo a Bari quando aveva 18 anni ma non ci riuscii. Mi ricordo perfettamente l’ultimo minuto della sfida contro il Campobasso: lui doveva tirare una punizione a nostro favore, ma perdeva tempo e l’arbitro Casarin s’infuriò facendosi tutto il campo per ammonirlo: alla fine il cartellino gli cadde in terra e poi fischiò la fine della partita, scatenando in noi una gioia indescrivibile“.