Editoriale
L’ANALISI DEL GIORNO DOPO – Da Scala del Calcio a teatro dell’assurdo. La “drammatica” serata di San Siro, senza vincitori nè vinti
L’analisi di Milan-Lazio, terminata con un rigore concesso dall’arbitro Rocchi su fallo di Durmisi ai danni di Musacchio
Succede di tutto nella partita che valeva più di tutte. Sia per la Lazio che per il Milan. L’ha persa la Lazio, l’ha vinta il Milan, l’ha decisa Rocchi. Così potrebbe essere riassunto l’ultimo atto della corsa Champions biancoceleste. Un punto nelle ultime tre, altro scontro diretto perso e tante occasioni per passare in vantaggio vanificate. Quello che non sbagliano gli arbitri lo sbaglia la Lazio. Le altre squadre nei momenti di difficoltà vengono aiutate, la Lazio viene affossata; in egual modo da se stessa e dalla classe arbitrale. L’anno scorso i torti arbitrali decisero la corsa Champions, in questa stagione invece i biancocelesti continuano a sbagliare una partita dietro l’altra, tutte decisive. Probabilmente dopo la sconfitta di ieri sfuma per l’ennesimo anno l’obiettivo prefissatosi a inizio stagione. Ora ne resta uno soltanto: foto di Kessie e Bakayoko negli spogliatoi e data del 24 aprile da cerchiare in rosso sul calendario. Non deve essere Far West, o una caccia all’uomo. Deve essere una vendetta sportiva da vincere sul campo. La frustrazione mostrata nella rissa finale deve essere trasformata in rabbia agonista. Per come si sono messe le cose la Lazio deve quanto meno centrare la finale di Coppa Italia. Altrimenti la stagione non potrebbe che definirsi fallimentare.
DISASTRO COLLETTIVO – San Siro ha ospitato talmente tante belle partite da meritarsi la nomea di Scala del Calcio. Ieri, lo stesso stadio ha assistito a un teatro dell’assurdo. Tutto inizia da Rocchi, talmente smanioso di concedere un rigore al Milan, che fischia l’unico fallo di mano inesistente nell’epoca del Var. Atteggiamento dell’arbitro identico a quello avuto nell’ultima partita dello scorso campionato contro l’Inter. Prima di sanzionare lo scellerato fallo di de Vrij su Icardi, Rocchi fischiò una spalla di Milinkovic, indicando il dischetto. Senza arrivare agli altri episodi, basta questo per riassumere l’ennesima commedia di cui si è resa protagonista la classe arbitrale. Come ha detto il ds Tare nel post partita, le reazioni e gli atteggiamenti della Lazio tutta, in campo e fuori, sono emblematici. Danno la dimensione di come i tanti torti dell’anno scorso abbiano scosso tutti. Un rigore dato e poi revocato turba comunque i giocatori in campo, che dal punto di vista sono stati devastati da questi signori che dovrebbero garantire l’ordine e invece sistematicamente fanno dei danni irreparabili. Questo però non può più essere un alibi. Dopo le partite con Spal e Sassuolo non si può raccogliere soltanto un punto. O meglio, l’unica condizione per rivalutare quel punto sarebbe stato vincere ieri. Ora c’è il benedetto recupero che permetterà di togliere finalmente l’asterisco dalla classifica. E soltanto se a quest’ultima verranno aggiunti tre punti potrà esserci ancora speranza…
INQUALIFICABILI – Gesto più vile di quello compiuto da Kessiè e Bakayoko, raramente si è visto su un campo di calcio. Istigazione all’odio e alla violenza che parte da dei professionisti che guadagnano fior fior di milioni. Poi però si fa presto a chiudere gli stadi per qualche “buu” razzista isolato. Comportamento vigliacco, patetico, insensato. Prendersi la maglia di un avversario che voleva la pace e deriderlo quando lui non può più difendersi è qualcosa di osceno. Nessuno li punirà, nessuno si indignerà, però questa storia non potrà mai finire qui. Fosse successo a parti invertite, i calciatori della Lazio sarebbero subito stati accusati di razzismo. Ovviamente al prossimo incrocio all’Olimpico i due saranno oggetto di fischi impietosi e al primo “buu” la curva della Lazio verrà chiusa, facendo passare per l’ennesima volta i tifosi biancocelesti come razzisti. Il problema però verrà per l’ennesima volta mancato e non centrato. Ci si lamenta se qualche pazzo scalmanato si fa giustizia da solo allo stadio, ma poi non si puniscono gli artefici dell’odio che viene scatenato e diffuso. Un esempio semplice: tra Lazio e Milan c’era una rivalità sportiva, che poteva esserci tra semplici tifoserie che lottano di anno in anno per gli stessi obiettivi. Da oggi in poi, grazie ai due divertentissimi tesserati rossoneri, nella mente di ogni tifoso, quella rivalità è stata trasformata in odio. Il problema sta a monte e non verrà mai risolto. E’ troppo comodo prendersela con qualche “ultras” con dei precedenti e troppo scomodo dire che qualche calciatore milionario ha esagerato. Qui non si tratta di sfottò, ma di mancanza di rispetto. Di messaggi sbagliati mandati al mondo esterno, che un professionista non dovrebbe fare. L’Italia è il paese della retorica, dove tutti parlano ma nessuno prende provvedimenti. Non ha vinto il Milan, non ha perso la Lazio. Non ha vinto nessuno e hanno perso tutti. In un sabato sera che non si può che definire ridicolo. Sotto ogni punto di vista.