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Beppe Signori: «L’arresto il momento più duro. Ora scommetto su me stesso»
Dopo la grazia concessa da Gravina, Beppe Signori parla delle difficoltà vissute in 10 anni a causa delle accuse di Calcioscommesse
Sono stati 10 anni lunghi e pieni di difficoltà per Beppe Signori, accusato ingiustamente di avere un ruolo primario nel processo del calcioscommesse. Al Corriere dello Sport, l’ex bomber della Lazio ha raccontato:
PROBLEMI – «Due anni fa mi è partito un trombo dal polpaccio che ha bucato il polmone. Mi sono ritrovato al Sant’Orsola sdraiato, intubato, perché stavo per schiattare. L’inchiesta mi ha debilitato».
SCOMMESSE – «Non ero ludopatico. Che mi sia sempre piaciuto scommettere lo sanno pure i muri. Già da ragazzino vivevo di sfide, ho sempre considerato il mio modo di scommettere un incentivo a migliorare».
ARRESTO – «L’arresto il momento più duro. Mi sembrava di essere in un film. Mi chiamò mia sorella mentre ero sul Frecciarossa per Bologna e mi chiese in quale carcere mi avessero portato. Che cazzo stai dicendo? le dissi. E lei: Perché sei stato arrestato. Arrivato a Bologna domandai a due poliziotti in borghese che mi vennero a prendere cosa stesse accadendo. Risposero che era per delle questioni relative a delle società. La mia vita è stata stravolta. I bimbi andavano a scuola a Roma. Sai, Lazio e Roma… “Tuo padre se vende le partite”».
GRAZIA – «Ho voluto fugare qualsiasi tipo di dubbio, non con la grazia ma con l’assoluzione piena perché il fatto non sussiste. Dieci anni ci sono voluti, sono questi i tempi della giustizia in Italia. Non ho bisogno di convincere nessuno. Non più. Domando solo: è possibile che in questi anni non abbiano trovato nulla? Sono stato l’unico che ha voluto andare fino in fondo. Ero già sereno dopo le due assoluzioni, mi hanno dato grande forza. Sono entrato in un ambiente che non era il mio, il tribunale. Temi che un testimone racconti delle cagate che poi devi smontare. Ringraziando Dio, nei due processi, i testimoni dell’accusa hanno confermato che io non ero mai stato neppure nominate. Non parlavo con queste persone e allora come facevo a organizzare e finanziare le puntate? Con i segnali di fumo? Io, il boss dei boss».
FUTURO – «È già una vittoria rivedere il numero del tesserino da allenatore ottenuto nel 2010, pochi mesi prima dell’arresto. Volevo fare l’allenatore. Dietro una scrivania non mi ci vedevo. Oggi mi piacerebbe rimettermi in gioco, faccio una battuta: vorrei scommettere su me stesso».