IL GIOCATORE – «Avevamo condotto un percorso professionale molto lineare e studiato nei dettagli. Tuttavia, quando Sergej era in macchina con me, andando verso lo stadio lo vedevo con uno sguardo preoccupato, un po’ vago. I giorni precedenti di trattativa erano stati molto complessi, di totale instabilità, con situazioni davvero da ‘Far West’. Avevamo tenuto botta, e col padre Nikola si era creato un rapporto meraviglioso. Eravamo arrivati al traguardo, c’erano tutte le componenti definite, benché la strada fosse stata tortuosa. La Fiorentina lo avrebbe pagato 6 milioni con il 40% della rivendita futura a favore del Genk, che aveva rifiutato i 10 cash della Lazio. Era tutto fatto, invece il giocatore, purtroppo, nel momento della firma del contratto ha avuto una sua reazione ed è stato impossibile farlo tornare sui suoi passi. Sergej mi aveva detto che avrebbe voluto giocare 2/3 anni in Italia e poi andare al Real Madrid, il suo sogno. Si è perso un campione assoluto, e certamente la sua esplosione non me la immaginavo neanche io così repentina. Dopo una strada così complessa e piena di problematiche, non essere stato premiato è stato frustrante. Mi sentivo anche solo, perché ero l’unico a credere fermamente nel giocatore insieme a Sousa».
TARE E PRADE‘ – «C’è un’amicizia profonda tra Daniele Pradè ed Igli Tare, ds della Lazio, e mi divertiva il fatto che si mandassero i messaggini prendendosi in giro. Tare gli scriveva: ‘Daniele rassegnati Milinkovic-Savic è già mio’. E Pradè mi diceva ‘Bernardo mica mi starai facendo perdere tempo?!?!’ Io lo convinsi a lasciar perdere Tare e seguirmi nella trattativa, convinto e sicuro che Tare non avesse già preso proprio niente, ed era così infatti. Siamo perciò andati avanti fino alla fine. Purtroppo, arrivati a Firenze all’aeroporto io fui notato e un video con me e Milinkovic-Savic, nonostante le mie richieste di discrezione, arrivò rapidamente in televisione. Il blitz doveva essere invisibile e ciò mi creò un grande panico. La giornata era strana, caldissima e snervante e il sapere di essere osservati non ha aiutato».