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Calcagno (AIC): «I giocatori vogliono portare a termine la stagione»

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Calcagno, le parole del vice presidente dell’AIC in merito alla disponibilità dei giocatori di portare a termine la stagione

La volontà è chiara: finire la stagione. Anche il calcio è ormai, come tutta l’Italia, fermo da un mese e la voglia di ripartire, ad emergenza terminata, è tanta. Lo vogliono le società così come gli stessi calciatori. A confermarlo è proprio Umberto Calcagno, vice presidente dell’AIC, sulle colonne de il Corriere dello Sport.

RIPRESA – «Bisogna tornare a giocare, lo dobbiamo a noi stessi e al calcio. Noi faremo la nostra parte ma il conto non possono pagarlo solo i calciatori. Quando? Non possiamo saperlo, ma abbiamo la responsabilità di lavorare ogni giorno per creare le condizioni per riprendere la stagione e portarla a termine regolarmente. È quello che stiamo facendo con la Fifpro, il sindacato mondiale, che è interlocutore di Fifa e Uefa, per capire quali tecnicismi adottare per programmare anche la prossima stagione».

CALCIATORI – «Se vogliono chiudere la stagione? Sì. È una questione di responsabilità del sistema sportivo. Se non sarà possibile, sarà solo per colpa dell’emergenza. Ma noi ci auguriamo di uscire presto dalla crisi, quando si tornerà a parlare di calcio giocato sarà un segnale importante per il Paese».

STIPENDI – «Ciò che è stato dalla Juve non è replicabile? Vero. Alla Juve non c’è nessun contratto in scadenza al 30 giugno, è risaputo che con alcuni calciatori (Chiellini, Buffon e Matuidi, ndr) c’era già l’accordo per il rinnovo. E comunque ricordiamoci che è difficile trovare una sintesi anche all’interno della stessa squadra: ci sono situazioni disomogenee. Il problema però è un altro. C’è troppa demagogia sugli stipendi dei calciatori, da parte di tutti. Noi calciatori facciamo la nostra parte, ma tocca anche agli altri soggetti del sistema calcio che è arrivato a questa emergenza con i conti non in ordine. Questa crisi deve essere l’occasione per riequilibrare il sistema e riformarlo».

RICHIESTE DELL’AIC – «Una nuova distribuzione delle risorse, visto che siamo il sistema più sperequato che ci sia in Europa. Parlo di squilibri sia all’interno della Serie A che tra la A e le altre leghe con l’attuale ripartizione stabilita dalla legge Melandri. Per questo vogliamo il Fondo di solidarietà: il 10% di una mensilità lorda deve servire a tutelare i redditi più bassi, penso a chi è al minimo federale ma anche alle ragazze di A e B, ai giocatori di calcio a 5, che sono professionisti di fatto perché vivono di calcio. Ma, ripeto: serve una riforma strutturale, non la soluzione temporanea a un’emergenza».

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