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Camolese ricorda l’impresa dei -9: «Difesi la palla con tutte le mie forze. Poi il fischio finale, eravamo salvi…»
Ci sono partite che rimarranno per sempre nel cuore dei tifosi, attimi di gara che rimarranno sempre impressi nella mente. Ai microfoni del Corriere dello Sport, Giancarlo Camolese ricorda i minuti finali di Lazio-Campobasso (spareggio per la retrocessione in serie C): «Mancava poco alla fine, all’impresa del -9. Se non fu l’ultima azione, fu la penultima. Non ero un gigante, non ero un saltatore. Vincevamo 1-0, davanti alla nostra porta si precipitarono in 11, portiere compreso, per battere un corner. Io rimasi al limite dell’area. Vidi la palla andare verso l’esterno, pensai solo di arrivarci per primo, di difenderla con le unghie e con i denti. Corsi per raggiungerla, la presi. In quel momento sentii rumoreggiare i nostri tifosi, ero talmente stanco e concentrato da non accorgermi che il portiere del Campobasso non era in porta. Dissi tra me e me “tengo la palla, vado verso la bandierina, faccio trascorrere il tempo”. I laziali mi chiedevano di tirare, di segnare. Non ho mai avuto un grande tiro, ho iniziato a correre il più lontano possibile. Di tiri ce ne sarebbero voluti due per centrare la porta da quella posizione, per giunta il 5 luglio dopo tante fatiche. L’arbitro era Casarin, dopo quel recupero mi ritrovai a due passi da lui. Lo vidi mentre avvicinò il fischietto alla bocca e decretò la fine di Lazio-Campobasso (1-0, ndr). Era tutto finito, ce l’avevamo fatta. Eravamo salvi. Non dimenticherò mai quel fischio».