2013

Casiraghi a ruota libera: “Vi racconto la mia Lazio”

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Uno dei personaggi più importanti della storia biancoceleste è Pierluigi Casiraghi, arrivato dalla Juventus nel 1993. Con la Lazio ha vinto una Coppa Italia, ma in realtà l’ex attaccante, ora commentatore televisivo a Fox Sports, è entrato nei ricordi e nei cuori biancocelesti per le scorribande al fianco di Signori e Boksic, nonché per le firme che ha lasciato nei derby. E in prossimità della stracittadina capitolina, Casiraghi ha parlato ai microfoni del “Guerin Sportivo”, partendo proprio dal ricordo del suo trasferimento alla Lazio: “Avevo fatto la preparazione con la Juve, anche le amichevoli. Per il sottoscritto era tutto nella norma. C’erano voci su di me, non solo la Lazio, ma anche la Roma pareva volermi. Il 5 agosto ecco la svolta, con una trattativa che si chiuse in poche ore. Eravamo a casa di Boniperti. Nel suo ufficio c’era Cragnotti, il presidente della Lazio. Io ero in un’altra stanza con il mio agente Oscar Damiani. Una situazione surreale, come quando sei fuori dall’ambulatorio del medico e aspetti l’esito degli esami. A un certo punto apparve Cragnotti sorridente. Con lui firmai subito il nuovo contratto e volai a Roma, letteralmente”.

A proposito dell’ex presidente biancoceleste, Casiraghi ha fornito la sua opinione: “Persona pacata, presente, discreta. Nel tempo ha delegato molto, ha creato una struttura moderna. Era un buon esteta del calcio, una via di mezzo tra Boniperti, come capacità manageriali, e Moratti per come si affezionava ai giocatori. La cosa che mi addolora è che nella vicenda della Cirio ci abbiano rimesso tante persone, le vere vittime di tutto. Il peso della Banca di Roma (all’epoca anche sponsor della Lazio, ndr) era notevole sulla gestione societaria. Ti faccio un esempio per tutti: nell’estate del 1995 era già fatto il passaggio di Signori al Parma e il mio al Milan, non certo per motivazioni tecniche. E’ vero che ci fu la rivolta popolare, specie per Beppe, ma i trasferimenti saltarono per un sicuro intervento della Banca di Roma”.

Casiraghi ha poi svelato qualche aneddoto sull’ex compagno di squadra Paul Gascoigne: “Uno dei compagni  a cui sono ancora oggi più affezionato. Mi fa star male vederlo spesso in difficoltà, ma mi rincuora sapere che lotta, che non molla. Un uomo con il cuore e gli occhi di  un bambino, generoso e genuino. Era un attore alla Benny Hill, fantastico. Appioppava soprannomi a tutti, gli bastava pochissimo per cogliere i lati buffi delle persone, sia fisici che caratteriali. Parlava malissimo l’italiano, nomignoli tutti in inglese. La cosa più pazza che ha fatto? Trasferta in pullman da Roma a Firenze. In una delle tante gallerie, Gazza si mise a sedere vicino a Zoff, proprio dietro il guidatore, e in quei pochi secondi nel tunnel si spogliò, rimanendo completamente nudo e impassibile accanto al mister. Avresti dovuto vedere la faccia di Zoff. Ma in campo non scherzava. Quando si allenava era serio. Aveva talento e forza. Solo a lui ho visto fare una cosa: saltare gli avversari in dribbling, facendo andare dritta la palla e lui muovendosi solo con il tronco. Gazza era un genio. Ma non c’era solo lui: il clima era veramente da caserma”.

Dopo Gascoigne è il turno di Signori: “Io e Signori inaugurammo il chiodo della vergogna: piantammo un chiodo nello spogliatoio al quale appendevamo gli abiti e le scarpe più brutte. Tra le vittime c’erano più spesso gli stranieri e tra questi lo svizzero Gottardi che, in piena estate, si presentò con degli scarponcelli con pelo. Signori? Non ho mai visto nessuno con la sua rapidità d’esecuzione e il suo fiuto del gol. In quella Lazio aveva l’incidenza che ha Messi nel Barcelona. Negli anni in cui io, lui e Boksic abbiamo giocato insieme abbiamo segnato più di 100 gol. Anche Alen era un tipo eccezionale, una bestia”.

A proposito di mister Zdenek Zeman, invece, spiega: “Io credo che gli allenatori si dividano in due categorie: quelli che ti insegnano qualcosa e quelli che non ne sono capaci. Zeman è della prima schiera, come i Mino Favini, i Sergio Vatta. Un maestro di calcio, merce rara. Uno dei limiti del mister è la sua poca elasticità. Sciopero bianco nel derby? Semplicemente giocammo un calcio più accorto, coi terzini meno arrembanti e noi d’attacco più corti. Aspettammo la Roma a centrocampo e colpimmo. Si vinse, ma il martedì Zeman si incazzò di brutto. Se la prese con Rambaudi. Purtroppo il mister ha sempre dimostrato una rigidità che non gli ha mai giovato. Un martedì rimproverò a muso duro Boksic, autore di un gol fantastico, perché avrebbe dovuto fare un’altra giocata. Un’altra volta lo convincemmo a eliminare la doppia seduta del venerdì, ma la domenica dopo perdemmo e lui: ‘Visto? Venerdì si torna a fare due allenamenti’. Ma in ciò che si dimostrava meno elastico era la cura della fase difensiva. Il guaio era che dopo un po’ di risultati negativi, lo spogliatoio cominciava a rumoreggiare, la squadra perdeva fiducia e le cose  che prima riuscivano con naturalezza diventavano sempre più complicate. Peccato: abbiamo raccolto meno rispetto a quanto seminato nei suoi tre anni alla Lazio”.

Infine, Casiraghi passa a parlare di Mancini, arrivato nel ’97 con Eriksson: “Roberto ha portato a Roma tutta la sua classe e la sua enorme personalità. A volte ingombrante, anche se a me non ha dato fastidio. Eriksson? E’ l’unico allenatore con cui ho avuto qualche problemino. Mi tenne spesso fuori, talvolta in modo poco lineare. Di lui, comunque, mi piace ricordare il coraggio dimostrato nel derby del novembre 1997. Primo, perché mi mise titolare tenendo fuori Beppe Signori. Poi perché all’espulsione a inizio partita di Favalli, non tolse una punta (e sarebbe toccato a me), ma un centrocampista. Vincemmo 3-1, io realizzai il 2-0 con una semirovesciata”.

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