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Coronavirus, la virologa Gismondo: «Calciatori più esposti. Non è la peste però»
La direttrice ha parlato del Covid-19 e delle conseguenze sui calciatori ma non sottovaluta affatto la gravità dell’emergenza
L’emergenza Coronavirus ha bloccato tutta Italia e con lei anche tutto il mondo dello sport: ad aggravare la situazione c’è la scoperta dei primi casi positivi di Rugani e Gabbiadini. Ai microfoni del Corriere dello Sport è intervenuta la direttrice della Microbiologia Clinica, Virologia e Bio-emergenze dell’ospedale Sacco di Milano Maria Rita Gismondo, che ha dato conferma all’idea che i calciatori sono effettivamente più esposti al virus:
«Sia per una sorta di depressione immunitaria momentanea conseguente a uno sforzo fisico intenso sia perché poi sono a contatto, come avviene negli spogliatoi. Di conseguenza se c’è un soggetto infettato ma senza sintomi diventa una facile fonte di contagio. 14 giorni a casa con mascherina e bagno proprio, se ci sono sintomi occorreranno altri 14 giorni al termine della sintomatologia. Dopo torneranno in forma come quando si ha una forma influenzale».
La dottoressa chiude con una rassicurazione:
«Non ho mai sottovalutato la pericolosità di questo nuovo virus sconosciuto, ma non è certo la peste nera manzoniana: a livello di malattie infettive c’è molto di peggio».