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Cucchi: «L’ENTUSIASMO di Baroni può aiutare la Lazio ad essere più BELLA e più FORTE. Su Lotito e il mercato invece…» – ESCLUSIVA

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Riccato Cucchi, il giornalista ed ex speaker radiofonico ha parlato in ESCLUSIVA a LazioNews24 della situazione dei biancocelesti e non solo

Ad un mese esatto dall’inizio della serie A, la Lazio di Baroni prosegue la sua preparazione estiva con i tifosi che si chiedono: che stagione sarà per la squadra? Baroni è il tecnico giusto per ripartire? A questi quesiti e non solo ha risposto, in esclusiva a LazioNews24, il giornalista ed ex speaker radiofonico Riccardo Cucchi.

La tua carriera straordinaria è sotto gli occhi, essendo stato tu un grandissimo speaker sportivo, ma che idea avevi tu da ragazzo del mondo del giornalismo e della radio? Quale è stato il momento più difficile della tua carriera e quale, invece ,rimarrà indelebile nella tua mente?

«Ho sempre avuto una grandissima passione per il mondo radiofonico, essendo anche nato in un’epoca in cui la radio la faceva da padrona specialmente nel modo di raccontare il calcio. La mia passione come giornalista nasce anche grazie ad un regalo che mi venne fatto, ossia un registratore a cui tengo molto e, utilizzandolo, ho capito ulteriormente che io volevo fare questo mestiere nella vita e ci sono riuscito per più di 40 anni. Ancora oggi penso che la radio possa tranquillamente dire la sua e lo noto ascoltando anche i radiocronisti giovani, perchè ha ancora la capacità di emozionare l’ascoltatore come quando ero ragazzo e stavo per iniziare la mia carriera».

Da quando hai smesso di fare il radiocronista ti è mai capitato, sentendo magari anche un collega, di avere la voglia di rimetterti le cuffie e riprendere da dove avevi lasciato? Quale è stato il tuo primo pensiero dopo che hai annunciato che lasciavi il mondo della Radio?

«No non mi è mai capitato, nonostante io abbia ricevuto delle proposte, ma non ho mai pensato di rimettere le cuffie e ricominciare. Per me lasciare è stato doloroso per l’età anagrafica, ma ho capito che era giunto il momento di dare spazio ai giovani e ho chiuso questi 40 anni meravigliosi. Momento più difficile? Italia-Serbia, quando ci furono i disordini a Marassi e che fu quindi una partita mai giocata, in cui il calcio si arrese. Il momento più bello è senza dubbio aver proclamato, tramite la radio ,che la Lazio era campione d’Italia nel 2000. Sognavo di farlo da quando vidi i biancocelesti trionfare nel 1974 con Maestrelli».

Con l’arrivo dei social, e con già le pay tv presenti da diversi anni, quanto e come è cambiato il modo di raccontare il calcio?

«E’ cambiato in modo profondo. Io sono un frequentatore del mondo dei social, ma in questo mezzo di comunicazione si possono incontrare persone con le quali confrontarsi civilmente e altre che, magari, rispondono in modo aggressivo e criticano pesantemente. I social secondo me sono molto utili per i giornalisti perchè, prima della nascita di essi, ciò che diceva il cronista era insindacabile e non c’era modo di avere un confronto col medesimo, mentre ora il lettore o l’utente può esprimere la sua opinione e anche poter criticare sempre in modo costruttivo il pensiero del giornalista, il quale ha anche modo di poter conoscere i pensieri altrui».

Parlando della Lazio, la squadra biancoceleste ha cambiato guida tecnica con Marco Baroni, il quale approda nella capitale dopo una lunga gavetta, ma alla luce dei tre addii più illustri, ossia Felipe Anderson Luis Alberto e Immobile, temi che per il toscano sia ancora più complesso il compito o l’esperienza di Verona può agevolarlo?

«Difficile ad oggi poter dire che Lazio potremmo vedere nella gara d’esordio del 18 Agosto. Certo è che i tifosi stanno partendo troppo prevenuti nei confronti della squadra, alla quale bisogna dare fiducia come anche a Baroni stesso, ed è chiaro che sarà sicuramente un’altra Lazio, ma se sarà inferiore o più forte solo il tempo lo dirà. Tempo che magari ci porterà a vedere una Lazio ancora più bella».

Quale sarà secondo te la cessione che, durante l’anno, lascerà le più grandi ripercussioni sia mentalmente che tatticamente nella squadra?

«La cessione più pesante della Lazio fu quella di Milinkovic, anche se quella che ha fatto ancor più male è stata quella di Immobile vista la straordinaria carriera che ha fatto il centravanti partenopeo a Roma, e sarà molto difficile che la Lazio trovi un giocatore che faccia tanti gol quanti ne ha fatti Ciro. Luis Alberto lo definirei l’addio del modo di giocare estetico, essendo stato lo spagnolo colui che ha realizzato il maggior numero di passaggi riusciti, mentre Felipe Anderson era colui che sapeva adattarsi in silenzio senza mai parlare fuori posto. Sono tre addii importanti, però la Lazio deve guardare al futuro e riuscire a saper voltare pagina con nuovi calciatori».

Se dovessi esprimerti su Marco Baroni, perchè secondo te l’ex Verona dovrebbe essere il tecnico giusto al momento giusto per la Lazio?

«Per Baroni la Lazio rappresenta una grandissima e ghiotta occasione che arriva a 61 anni. Il tecnico toscano, fino ad ora, ha fatto una carriera brillante nelle squadre che ha allenato raggiungendo sempre l’obiettivo stabilito. L’entusiasmo dell’ex Verona può essere un enorme vantaggio per la squadra biancoceleste, ma al tempo stesso la sua età anagrafica può incidere. Ma anche in questo caso il giudizio è da rimandare più in là».

Quale giocatore arrivato questa estate, a primo impatto, ti convince di più e quale invece rischia di fare più fatica? La Lazio avrà il rimpianto di non aver preso Greenwood?

«Il giocatore che può fare veramente la differenza con Baroni è già nella rosa ed è Zaccagni, sul quale la squadra farà riferimento, mentre per quanto riguarda i nuovi direi Castrovilli perchè per lui questa è l’occasione per rinascere dopo l’addio alla Fiorentina, ed è un calciatore che mi piace moltissimo specialmente per la sua lucidità. Chi invece può andare in crisi potrebbe essere Noslin o Castellanos, proprio perchè ripetere le gesta di Immobile è veramente difficile per chiunque. Greenwood? A mio modo di vedere è stata fatta un0esagerazione intorno al calciatore. Buono ma non è, ad esempio, David Beckham e quindi i tifosi non si deprimeranno di certo per il suo mancato approdo».

Una delle cessioni eccellenti della Lazio è appunto quella di Immobile, che lascia il club dopo 8 anni, ma alla luce di quanto accaduto a chi bisogna attribuire maggiormente la colpa secondo te?

«Tra Ciro Immobile e la Lazio si era rotto qualcosa e lo si era percepito sia nella gestione Sarri che in quella di Tudor, in cui hanno inciso le critiche, specialmente dai social, che hanno ridotto il calciatore a sentirsi in un angolo. Se ha deciso lui di lasciare il club è stato giusto accontentarlo e a mio modo di vedere farà molto bene in Turchia, così come se la Lazio gli avesse dato ancora fiducia Immobile anche quest’anno avrebbe fatto benissimo in maglia biancoceleste. Immobile all’Inter? Se fosse andato a Milano avrebbe fatto la terza punta di Inzaghi, mentre lui invece voleva sentirsi ancora importante e il Besiktas lo tratterà da tale».

Ad un mese dall’inizio del campionato è ancora l’Inter la più forte oppure sei del parere che le altre si stanno avvicinando alla squadra di Inzaghi? Che ruolo potrà avere la Lazio?

«L’Inter rimane la squadra più forte, anche se altri tre club potranno dire sicuramente la loro e sono il Napoli di Conte, la Juventus e il Milan che stanno facendo degli acquisti molto interessanti. La Lazio? Difficile poter dire, ad oggi visto il cambiamento radicale della squadra, che ruolo potrà avere in campionato, perchè può essere da zona Europa o da metà classifica. Conte? Direi senza dubbio un’ulteriore pressione non solo per Inzaghi ma anche per gli altri allenatori proprio per il modo di lavorare del tecnico leccese e lo si nota da questi giorni di ritiro del Napoli a Dimaro».

Capitolo Europeo: l’Italia di Spalletti ha fallito sotto tutti i punti di vista la spedizione in Germania, ma qual è stato secondo te l’errore principale che attribuisci ai giocatori e quale al CT?

«L’Italia è una squadra priva di talento e questo ha inciso sulla spedizione degli azzurri in Germania. Non c’è più nella rosa un giocatore di valore come ce ne erano in quella del 2006 che raccontai alla radio, quando vincemmo il Mondiale. L’errore della squadra? Aver giocato le partite con la paura, non aver saputo affrontare i match con coraggio e determinazione, mentre Spalletti ha la colpa di aver fatto l’allenatore, che in una Nazionale non si può fare avendo poco tempo. Non ha trasmesso il sorriso alla squadra che appunto era impaurita e lo testimonia Morata, che ha detto che la nostra squadra contro di loro ha giocato con gli occhi pieni di terrore».

Alla luce di come si sta evolvendo il mercato, secondo te la lotta per i posti Champions, Europa League e Conference League riguarderanno le solite condenti oppure ci sarà una squadra rivelazione in stile Bologna? La squadra emiliana può ripetersi?

«Le squadre in lotta per un posto in Europa saranno sempre le solite, ossia l’Inter, la Roma, l’Atalanta, il Milan e magari può entrarci anche la Lazio. Poi direi di fare particolare attenzione sia al Monza di Nesta che al Torino di Vanoli, al quale Juric ha lasciato una grande eredità visto che la sua squadra era tosta da affrontare».

Nei giorni scorsi la Lazio ha celebrato il ventennale della presidenza di Lotito. Analizzando il lavoro svolto fin qui, se tu potessi attribuirgli un merito nei suoi anni presidenziali e una critica, quali sarebbero?

«Se dovessi attribuire un merito al presidente Lotito direi senza dubbio i trofei, che con lui sono stati numerosi. Io un tifoso biancoceleste che da giovane ha visto vincere una Coppa Italia solamente prima dello scudetto del 1974, complice poi il continuo sali e scendi di categoria del club, ma al tempo stesso gli direi di sentire di più i tifosi che sono una parte fondamentale di ogni società. Avere quindi un’empatia con costoro e parlare al loro cuore».

Si ringrazia Riccardo Cucchi per la cortesia e la disponibilità dimostrate nel corso di questa intervista

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