2013

Da Reja a Petkovic: il ciclo si chiude?

Pubblicato

su

Il 10 Febbraio 2010, dopo l’esonero di Davide Ballardini, si insedia sulla panchina biancoceleste Edoardo Reja, non un allenatore di primo pelo, ma chiamato appositamente per risollevare una Lazio sull’orlo del baratro soprattutto servendosi della sua esperienza. Quella Lazio versione 20092010, fu una delle stagioni più sciagurate della gestione Lotito, ma lo zio Edy seppe prendere la situazione di petto e salvare la Lazio dall’incubo serie B. Cosa c’entra tutta questa storia con la situazione attuale della Lazio griffata Petkovic? Semplice: con Reja iniziò un ciclo, fatto di alti e bassi ma ricco di soddisfazioni soprattutto per le zone della classifica che la Lazio frequentava, ora ci si chiede se a livello soprattutto di calciatori questo mini ciclo si stia avviando alla conclusione.

Nelle due stagioni di Reja la Lazio sfiora la qualificazione Champions, non la c’entra è vero ma fa navigare il suo equipaggio a ridosso delle prime. E soprattutto lo fa con continuità, cosa comunque rara, bisogna pur ammetterlo, nella storia della prima squadra di Roma. Fermo restando che la Lazio deve ancora disputare la finale di Coppa Italia, e in quel caso si può riscrivere la storia non solo di questa stagione, bisognerebbe comunque chiedersi se Petkovic sia arrivato nel momento in cui i calciatori, che per due anni hanno dato tutto, vivono la loro fase di discesa e soprattutto di fine carriera vista l’età. Il primo anno del tecnico di Sarajevo ha segnato l’inizio di un rinnovo solamente a livello di staff, non certo di giocatori, che hanno la terza età media più alta di tutta la serie A. Che Petkovic sia stato preso apposta per dare il via a questo rinnovo? Non possiamo confermarlo questo, solo il futuro lo può fare, ma quello che è certo è che una società attenta deve sapere e deve accorgersi quando un ciclo sta per finire. Probabilmente il ciclo finisce non solo per l’età dei giocatori, ma anche perché è un fatto fisiologico che dopo qualche anno di grandi livelli, una squadra non attrezzatissima per sostare nelle zone alte della classifica, trovi una flessione di risultati.

Sia chiaro che queste sono solo supposizioni, anche perché l’inizio di stagione faceva ben sperare, ma il girone di ritorno percorso a ritmo retrocessione fa sorgere dubbi. Qualcuno già accusa l’allenatore, che sicuramente ha qualche colpa, ma facendo una panoramica più larga, si può sostenere che questo è un gruppo che necessita di rivoluzioni e non di piccoli ritocchi. E qui entra in gioco la società, che non può più stare alla finestra e sperare che qualcuno faccia miracoli. Di certo qualcosa in più sul campo si poteva fare, ma i soliti infortuni, i calciatori a mezzo servizio e le esclusioni imposte dalla dirigenza hanno impedito un cammino meno difficoltoso. E pensare che la Lazio era a pochissimi punti dalla prima, quando si dava quasi per scontata la Champions, ed ora rischia di non partecipare neanche alla prossima edizione dell’Europa League. A gennaio si poteva fare di più sul mercato, ma ora è inutile piangere sul latte versato, bisogna pensare a ricostruire, e farlo in maniera oculata ed intelligente, perché non ci sono solo macerie e rovine, più di qualcosa si può salvare, ci sono elementi su cui si può puntare e come. Ad esempio Marchetti ha ancora 30 anni ed è una colonna di questa Lazio, Ledesma ha davanti ancora almeno tre o quattro anni a buon livello, Candreva, che in questo momento è il più in forma, ha solo 25 anni, stesso dicasi per Hernanes. Qualcuno ha dato tantissimo ed ora a fine carriera potrebbe mettere al servizio del gruppo la sua esperienza, qualche senatore addirittura potrebbe  lasciare proprio la capitale, vedasi Biava, visti i problemi di rinnovo contrattuale. Insomma basterebbe solo prendere coscienza di un equilibrio che è durato tre anni ma che inevitabilmente, senza cercare troppi responsabili, si sta rompendo. Petko, con tutte le riserve del caso, può essere l’uomo giusto per ripartire, la società è stata formidabile nel trovarlo. Lui è molto innovativo ed ha il consenso dei tifosi, ha dimostrato di non aver paura a lanciare i giovani ed ha un bel rapporto con i calciatori. Ricordando ancora che c’è una partita da affrontare che può cambiare sì l’umore di tutti, ma di certo non tutti questi numeri e le carte di identità di molti giocatori.

Fabiano Di Stefano – Lazionews24.com

Exit mobile version