2014
Darmian e Candreva, che bello il sapore della rivincita!
S’ode a destra uno squillo di tromba, anzi due. Nell’Italia che ha steso l’Inghilterra, hanno rifatto la DC: Darmian e Candreva. Due esordienti al Mondiale, in buona parte ignoti al pubblico inglese (“Darmian who?”), popoleranno i sogni inquieti di Baines per altre notti ancora. Eppure, tre anni fa non li voleva nessuno, questi due ragazzi. Scartati dalle big con supponenza, come fossero la ragazzina brufolosa del liceo. Quella che poi diventa la più bella di tutte, e alimenta rimpianti tremendi se la rivedi alle cene di classe: Milan e Juve sono lì che si mangiano il cappello. Il Diavolo ha allattato Darmian, l’ha lanciato bimbo in A, se n’è disfatto per mezzo milione, dopo averlo mandato in giro fra Padova e Palermo. Oggi, pentito, lo riprenderebbe di corsa: duella perciò con la Juve, ma il Toro se lo terrà stretto almeno un altro anno, anche se Chiellini ha provato a fargli le fusa: «Meriterebbe di giocare le coppe». Che gaffe, i granata sono in Europa League. «Sì, ma io dicevo la Champions». Candreva era alla Juve quattro anni fa, se ne ricordano in pochi. L’Udinese, proprietaria, lo parcheggiava ovunque: era a Cesena quando la Lazio lo prese all’ultimo minuto del mercato di gennaio del 2012. Un milione e 700 mila per la metà, 9 per l’altra: prima del Mondiale Lotito ne chiedeva 35, ma attenti, questo era il prezzo prima del partitone con l’Inghilterra, adesso si esprime con un categorico «non è in vendita». Darmian guadagna 300 mila euro, pochini in fondo per il terzino della Nazionale, Candreva molto di più (1,2 milioni) con la promessa di un ritocco (2 più bonus), che forse non basterà a fargli accettare un anno senza coppe: «L’ambizione di un giocatore è fare la Champions, ora penso a fare un grande mondiale», dice lui. Respinto un assalto del Napoli, la Lazio ha offerte da Atletico Madrid, Manchester United, Monaco e Psg. Darmian ha un ciuffetto ribelle e la faccia bambina di uno che ha appena vinto il festival degli sconosciuti. Parlata sciolta e forbita, sembra un veterano. «Un debutto così me lo auguravo, sono sceso in campo determinato sapendo della fiducia dell’ambiente e dei compagni: è andata bene, anche se alla fine ero cotto. Avevo giocato solo con l’Irlanda, in amichevole, stavolta c’era uno stadio pieno e una partita importante per il destino del mondiale: un po’ d’emozione, lo confesso, c’era, ma al fischio iniziale è sparita, ero concentrato e volenteroso. Ci siamo difesi con attenzione, il gol è nato da un episodio: volevamo ripartire noi, sono ripartiti loro». Approdato in azzurro solo per gli stage di primavera (a marzo con le riserve, ad aprile con i titolari), ammette che «se mi avessero detto a inizio stagione che avrei fatto il Mondiale, mi sarei messo a ridere. Ma dal primo giorno ho lavorato con impegno e umiltà: ora ci sono e mi gioco una chance importante. E molto lo devo a Ventura e Cairo». Rifiuta, per ora, i paragoni con Maldini («Mi sono allenato con lui, è stato troppo grande e comunque è presto»), anche se la sua storia ricorda quella di Cabrini, che debuttò in azzurro direttamente in Argentina nel ‘78. Si muove, intanto, come se fosse qui da sempre, come quando dedica la vittoria a Buffon («Gigi è un punto di riferimento, ma Sirigu si è dimostrato un degno sostituto ») e Montolivo, o invita a non sottovalutare il Costarica: «I tre punti con l’Inghilterra non ci danno sicurezze di passare il turno, dobbiamo tornare in campo fra cinque giorni con la mentalità e lo spirito giusti».
Candreva invece dopo l’Inghilterra non ha dormito, è rimasto con le mani dietro la testa a guardare il soffitto: gli succedeva anche da ragazzo, dopo le partite, figuriamoci dopo questa che considerava la più importante della sua vita. Prima del via, il solito messaggino portafortuna con papà Marcello, che aveva riunito tutti i parenti a casa a Tor de’ Cenci, come a Natale. Sul palo prima dell’intervallo potevano venir giù i lampadari: «Sono orgoglioso di mio figlio, è la sua rivincita. Ha raggiunto la maturità e la tranquillità interiore, è un uomo che sta vivendo il suo sogno e se l’è meritato ». Il vero segreto, però, è nel portafortuna di nonna Rosina, che gli ha cucito per il mondiale un sacchettino puntaspilli come amuleto. E i rimedi della nonna, si sa, non li batte nessun terzino del mondo.
La Repubblica