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De Vrij si racconta: «Ora posso applaudire o rimproverare i miei compagni»

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Stefan De Vrij ha conquistato tecnico e tifosi. Protagonista delle difesa biancoceleste, si racconta in una lunga intervista

Tecnica e personalità. Praticamente Stefan De Vrij. Il centrale s’è ripreso la guida della linea difensiva dopo il lungo stop della passata stagione. Partita dopo partita è tornato ad essere il leader del reparto arretrato a suon di anticipi e salvataggi miracolosi. Le sirene di mercato lo vogliono lontano da Roma, ma Inzaghi non ci pensa e se lo coccola. A lui sono affidate le sorti dell’intero reparto arretrato. A metronieuws.nl, l’olandese si racconta in una lunga intervista: «Le persone sono sorprese che sto così bene dopo l’infortunio al ginocchio. Lo trovano abbastanza clamoroso, ma per me è normale. Cose al di fuori del campo non devono influenzare, vanno trattate da persona matura. Questo ti dà una prospettiva diversa su determinate situazioni. Ho imparato a conoscere meglio me stesso e ora sono più felice. Sono sicuro che se mi fosse successo due anni fa non lo avrei affrontato così bene».

E sull’allenamento mentale:  «Per fortuna, io sono una persona curiosa. Io cerco sempre di migliorare. Forse ancora più come persona che come giocatore. Infatti, la vita fuori dal campo si riflette con quella dentro il campo. Ho letto determinate cose e sono venuto in contatto con Bouke de Boer. Lui è il proprietario di un istituto di allenamento mentale in Olanda: si tratta di Programmazione Neuro-Linguistica. La PNL aiuta a essere più efficaci nella vita di ogni giorno. Con Bouke mi incontro spesso per discutere determinate cose. Abbiamo un ottimo rapporto e io ho appreso molto da lui. Gli ho mostrato degli aspetti del mio comportamento. E per esempio per me era molto difficile dire di no. Volevo aiutare tutti. Ma ho dovuto imparare a darmi dei limiti. Un atleta professionista a volte deve pensare a se stesso. Naturalmente è necessario trovare un equilibrio tra le due cose». 

L’approccio alla Serie A: «La Serie A è stata una buona esperienza di apprendimento, è stato uno dei motivi per cui ho deciso nel 2014 di lasciare il Feyenoord per scegliere l’Italia. Questa è la terra dei difensori, il paese delle tattiche. Qui ho potuto migliorare me stesso. La mia più grande qualità? Forse è che so leggere bene determinate situazioni durante la gara. Penso avanti, spesso già so cosa accadrà. È una cosa che ho sempre avuto e che in Italia è molto utile. Io mi sono adattato alla grande”. Poi un commento sul cambio di tendenza del campionato italiano. “C’è stato un cambiamento: si è verificato nel processo di pensiero degli italiani. Il calcio è diventato molto di più un divertimento. Le gare sono aperte, si segnano più gol. Prima era obbligatorio vincere, il modo non importava, adesso vincere è ancora importante, ma è aumentata anche l’importanza di intrattenere il pubblico». 

Il suo ruolo nella difesa biancoceleste: «Vogliamo costruire e fare un pressing alto, quindi spesso giochiamo con un sacco di spazio alle nostre spalle, perché la difesa rimane avanti. Bisogna comunicare. Io chiamo quando va fatta la pressione e parlo con i miei compagni. Lo faccio per loro e per me stesso, perché voglio evitare guai. Ho imparato questo da Louis van Gaal che mi ha martellato molto su questa cosa e poi da Guus Hiddink. Prima pensavo ‘meglio non dire niente, perché devo prima a guardare me stesso’, invece ora sento di poter applaudire o rimproverare i miei compagni perché loro mi ascoltano».

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