2014

Delio Rossi: “Per la Lazio stagione deludente. Non può esistere una squadra senza tifosi”

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L’ex allenatore biancoceleste Delio Rossi ha rilasciato un’intervista a Il Messaggero parlando del campionato italiano appena finito, del suo futuro e della difficile stagione della Lazio. Ecco le sue parole:

Mister Rossi quando la rivedremo in panchina?

“Ho ancora un anno di contratto con la Sampdoria, però sto valutando altre possibilità: sia in Italia, che all’estero. In questi mesi mi sono dedicato alla famiglia e ho seguito qualche partita. Il calcio attivo mi manca”.

Lo scudetto alla Juve: ha vinto la squadra migliore?

“Senza dubbio, come testimoniano i centodue punti. In Italia la Juventus è la più forte: per cifra tecnica, organizzazione e possibilità economiche. Non a caso è l’unica società ad avere lo stadio di proprietà”.

I distacchi abissali con le rivali cosa significano?

“Che tutta la struttura calcistica andrebbe rivisitata, il campionato a venti squadre non ha senso. Non abbiamo più un calcio d’elite: stadi vetusti, poche risorse per i settori giovanili, scarsi risultati. L’ottanta per cento dei club hanno i bilanci in rosso, i presidenti vogliono rientrare, i calciatori migliori vanno all’estero, attirati da contratti più remunerativi e le formazioni italiani non possono competere in Europa. Ormai siamo scesi a livello del Portogallo”.

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In campionato si vedono più stranieri che italiani.

“E’ il sintomo della crisi. Il novanta per cento degli stranieri non merita di giocare in serie A”.

Allora perché le società li acquistano?

“Costano meno, quando si spende all’estero si possono muovere soldi in maniera diversa, tanti presidenti sperano di vincere qualche scommessa”.

Come si potrebbe tornare in alto?

“Prima di tutto allestendo anche una seconda squadra professionistica, come accade in Spagna, poi monitorare bene il panorama mondiale e investire sui giovani”.

Siviglia e Atletico Madrid hanno dimostrato che si può vincere anche senza risorse stratosferiche.

“Merito dei progetti e delle persone, però sono delle eccezioni. Come Torino e Parma in Italia. A lungo andare vinceranno quasi sempre le società più facoltose”.

Qual è stata la sorpresa positiva del torneo?

“Mi ha stupito la Roma: per la capacità di ripartire, dopo due annate negative, e per qualità di gioco espressa”.

La sorpresa negativa?

“Prima il Milan, poi il Catania”.

E tra gli allenatori chi sceglie?

“Garcia e Di Francesco”.

Due calciatori che meritano l’applauso di Rossi.

“Immobile e Iturbe”.

La Lazio nona in classifica non rappresenta una delusione?

«Sì, perché non è entrata nemmeno in Europa. E’ una squadra che può essere catalogata tra il quarto posto, quando tutto le gira bene, e il settimo. Ma il Milan, per aspettative e risorse, ha fatto peggio».

La protesta della Curva biancoceleste può incidere sui risultati?

“Alla lunga può influire. Non può esistere una squadra senza la sua gente, lo sa anche il presidente Lotito. E’ una situazione che rischia di diventare un alibi per i calciatori”.

Con lei Zarate era un fenomeno, poi l’hanno mandato via…

“Ragazzo dalla tecnica raffinata, rovinato da quelli che gli stavano attorno. Un peccato averlo perso”.

Adesso c’è il diciannovenne Keita.

“Anche lui è un talento naturale. Deve limare alcuni difetti, non va responsabilizzato troppo, bisogna lasciarlo crescere e va ripreso quando commette qualche errore. Guai a dirgli che è un fenomeno, sempre e comunque. E’ meno attaccante di Zarate ma ha qualità eccezionali per diventare in fretta un numero uno”.

Alla festa del 12 maggio ha ricevuto un’ovazione…

“Quattro anni di Lazio lasciano il segno. Mi sono legato ai colori biancocelesti, ho scelto Roma come città dove vivere, è stata la società più importante della mia carriera. Gli applausi dell’Olimpico mi hanno commosso, avrei voluto baciare uno a uno i tifosi. Se mi vogliono ancora bene, hanno apprezzato il lavoro e i risultati: meritano una grande squadra”.

Tornerebbe alla Lazio?

“Fosse dipeso da me, non sarei mai andato via…”.

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