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Di Canio: «Non sono razzista, odio le etichette. Ecco qual è stato il mio errore più grande»

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In campo dava l’anima per la Lazio, fuori dal rettangolo di gioco la difende ancora a spada tratta. Torna a parlare Paolo Di Canio, lo ha fatto ai microfoni del Corriere della Sera: «Preferirei evitare le etichette. Ho sempre spiegato come la penso, non è un mistero. Ma se mi chiede delle leggi razziali, dell’antisemitismo, dell’appoggio al nazismo, quelle sono cose che mi fanno ribrezzo». Sulla partita del 6 gennaio 2005: «Il derby con la Roma. Il saluto romano sotto la curva Nord. È la cosa di cui mi più mi pento nella mia carriera. Quello è un ambito sportivo, è stupido fare un gesto politico che magari può essere condiviso da alcuni spettatori e amareggiarne molti altri. Non avrei mai dovuto farlo. Lo sport deve restare fuori da certe cose». E sulla possibilità di ricominciare conclude: «Spero che mi venga data una possibilità. Far capire chi sono davvero, pregi e difetti, comunque ormai lontano da quelle foto con il braccio teso. Penso per primi ai reduci dai campi di concentramento che una volta ho incontrato in Campidoglio. E poi ai giovani che portano avanti le loro idee. Devono esserne fieri, purché rispettino quelle degli altri».

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