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Diabolik sull’intervista di Di Canio: «Non era la curva a chiedergli certi atteggiamenti. I tatuaggi? Sono personali…»
L’intervista di Paolo Di Canio rilasciata al Corriere della Sera ha creato scompiglio nel mondo biancoceleste, in serata durante la trasmissione radiofonica ‘La Voce della Nord’ è intervenuto Fabrizio Piscitelli, in arte Diabolik, storico esponente della tifoseria, per commentare le dichiarazioni dell’ex attaccante della Lazio: «Fare un gesto pubblico e poi essere tacciato di questo e di quell’altro e poi fare dietro front è una cosa che a noi non ci è stata mai bene. Quindi assolutamente questi sono sbagli che lui faceva a prescindere. Li voleva fare lui e di certo non era la curva o noi a richiedere certi atteggiamenti. A noi non servivano quelli, ma il gol al derby e correre sotto la curva Sud. Questo è poco ma sicuro. E’ stato nella Lazio e ha dato sempre quello che ha potuto dare, perché comunque l’attaccamento verso questa maglia era evidente ed era ciò che volevamo da un giocatore quale Paolo, un ragazzo cresciuto laziale con tutti i problemi che ha passato per la Lazio. Da non poter uscire di casa per andarsi ad allenare, con noi che facevamo le nottate quando gli misero il pupazzo impiccato fuori casa e in cinque-sei matti, dentro una macchina, passavamo la notte affinché lui potesse stare a casa tranquillo. Lui queste cose le sa bene. Tutte cose fatte col cuore e da laziali che siamo. Detto ciò però poi dobbiamo anche dire che dopo essere tornato alla Lazio, se ne è andato dalla Lazio e se ne è andato male. Ha sputato sul piatto dove ha mangiato, finché stavi dentro sei andato avanti, poi contro tutti e va be’, ci passiamo sopra. Per noi le strade si sono divise già là. Ognuno per la propria strada. Ognuno decide di usare le proprie strategie. Io al suo posto, anche grazie alla sua possibilità economica, avrei fatto più un’intervista per indignarmi di come vanno le cose in Italia. Non è stato sottolineato e non viene detto, che il suo licenziamento avviene dopo una chiamata da parte di un membro della comunità ebraica a qualche dirigente di SKY e da lì che viene preso il provvedimento di licenziare Di Canio. Io mi indigno più per questo». Poi sul tatuaggio con la scritta Dux: «I tatuaggi fanno parte di una vita di una persona a meno che uno non se li fa per moda. Nessuno deve rendere conto a nessuno. Puoi spiegare l’anno, la provenienza, il perché, ma rimangono sempre cose personali. Pubblicamente pentirsi e farsi zerbino, non so per che cosa, forse perché crede che lo riassumono, anche se io credo che comunque non sarà richiamato dall’emittente. Anche perché io uno così non lo richiamerei comunque. Sinceramente lascia il tempo che trova. Certo, è normale che per molti tifosi, per molti ragazzi, questo è stato un atteggiamento molto negativo e quindi poi, grazie anche ai social network, ognuno esprime la sua idea al riguardo. In questo modo tu offri la possibilità alla creazione di titoli che poi potrebbero essere ben diversi dalle dichiarazioni rilasciate. E lui che vive in questo contesto lo sa bene, quindi anziché porgere l’altra guancia, poteva arrabbiarsi affermando altre cose, ad esempio incazzandosi che la chiamata di un personaggio lo abbia fatto licenziare. Avesse avuto Che Guevara, un simbolo che io rispetto come rivoluzionario, non stavamo qui a parlare, lo avrebbero fatto amministratore delegato. Purtroppo in Italia la situazione è questa. Basta che non stai bene a qualcuno, ecco fatto che te non hai la possibilità di lavorare pur meritandolo».