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Dignità… Non chiediamo troppo…

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Siamo ancora qui a commentare una giornata da dimenticare per un intero popolo. L’ennesima delusione che non sarà facile da smaltire. Forse nessuno si sarebbe sognato di trionfare in Europa, ma il 3-0 dello Sparta brucia, fa male. Risultato a parte, c’è una dignità che va salvata. Purtroppo anno dopo anno sta scomparendo e nessuno può alzare un dito. Trovare un colpevole sarebbe troppo facile, metterci la faccia quando ormai la frittata è fatta è ancora più semplice.

 

Non bisogna mai dimenticarlo: i giocatori vanno, i tifosi restano. Restano i 1700 di Praga, i 20mila dell’Olimpico e i 55mila di Lazio-Empoli. La squadra è una devozione, non si chiede una vittoria, ma si spera. Poi se arriva una sconfitta si accetta. Ma in questo momento accettare qualcosa è veramente difficile. C’è chi va allo stadio facendo tanti sacrifici, chi ormai ha deciso di non essere più presente, ma che ritornerebbe a fare questi sacrifici anche tra un secondo. Perché la squadra non si dimentica. Farlo capire a chi scende in campo sarà impossibile, farlo capire a chi è seduto in tribuna è ancora più difficile. Ormai c’è una resa generale, in questi anni tutti ci hanno provato ma nessuno ci è riuscito. Forse è arrivato veramente il momento di farsi da parte, perché continuando su questa strada anno dopo anno ci si logora. Ormai non c’è più nessuno che commenta, non c’è più nessuno che gioisce e non c’è più nessuno che pinge. E’ un momento buio e uscirne diventa sempre più difficile. Adesso non basterà un derby o una “coppa” per risollevare un popolo. C’è bisogno di risposte, che però non arriveranno mai.

Dispiace vedere 11 persone in campo che non riescono a onorare una partita, ma fa ancora più male vederli correre negli spogliatoi quando arriva il triplice fischio. C’è paura, c’è timore perché tutti sanno che c’è una dignità da difendere, ma nessuno ha il coraggio di ammetterlo. Siamo consapevoli che il passo indietro non arriverà mai, ma fa ancora più male sapere che non ce ne sarà mai uno in avanti. Quello che conta adesso è ritrovare quella dignità che col passare degli anni abbiamo perso. Non ci servono le parole, non ci servono le poesie o i proclami. Ci serve solo una figura che ci faccia ritrovare il sorriso quando vediamo in campo undici “persone”. Non chiediamo troppo, siamo semplici tifosi.

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