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ESCLUSIVA – Cribari: «Legame speciale con la Lazio. Mi rivedo molto in Luiz Felipe»

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In esclusiva ai nostri microfoni, si è raccontato il difensore ex Lazio Emilson Cribari dal passato nella Lazio al calcio scozzese

In biancoceleste dal 2005 al 2010, Emilson Cribari ha collezionato, in Serie A, 109 presenze con la maglia della Lazio. Ai nostri microfoni, tra passato e presente, si è raccontato così:

Nel 2005 il tuo arrivo alla Lazio, che sensazioni hai provato?

«Era l’estate del 2005, io ero in Brasile per finire la riabilitazione dopo essermi rotto i legamenti del ginocchio. D’un tratto mi chiama il mio procuratore, dicendomi che la Lazio era interessata ad acquistarmi, avevo parlato anche con Rocchi, mio compagno di squadra ai tempi dell’Empoli, ed era entusiasta all’idea di ritrovarmi a Roma. Ero molto felice di andare alla Lazio, era un’occasione importantissima per la mia carriera».

Nel derby del 2006 sei andato molto vicino al gol con un gran colpo di testa, con il portiere della Roma Doni autore di una gran parata. Come hai vissuto quel momento?

«Quel derby è stato bellissimo, abbiamo vinto 3-0. Avevo provato tutta la settimana quel calcio d’angolo con Oddo. La palla era tagliatissima sul primo palo, l’ho presa così bene che credevo di aver segnato, ma poi Doni ha fatto una gran parata negandomi il gol. Peccato, sarebbe stato bellissimo segnare nel derby, ma l’importante era vincere il la gara. Quel derby ci ha dato morale, tanto che finimmo quella stagione terzi in classifica».

Nei tuoi 5 anni in maglia biancoceleste hai vissuto tanti derby. Come li hai vissuti? 

«Il derby è una partita diversa per tanti motivi, le sensazioni che provi sono più importanti anche delle finali di coppa per via dei tifosi che, fin dal tuo arrivo, ti fa capire quanto sia importante vincere quella gara. Metti dentro tutte le tue emozioni e forze per vincere il derby perché sai che i tifosi lo ricorderanno per molto tempo. Ti fa sentire orgoglioso di rappresentare e vestire la maglia della Lazio. Queste esperienze ti fanno anche crescere come uomo e giocatore, mi resteranno dentro per tutta la vita».

Nella Lazio attuale c’è un tuo giovane connazionale, Luiz Felipe, che si sta facendo notare sempre di più in positivo. Che considerazioni hai di lui? In quale difensore biancoceleste di oggi ti rivedi?

«Luiz Felipe è un ottimo giocatore, ormai già affermato, in Brasile si cominciano a notare le sue prestazioni. Sicuramente verrà considerato per le Olimpiadi, è un difensore di grande qualità e carattere. Io ero un difensore con molta tecnica e buona lettura di gioco, cercavo di farmi valere molto anche nel gioco aereo. Per quanto detto mi rivedo in Luiz Felipe certamente, ma apprezzo tantissimo anche Acerbi e la sua determinazione, il suo spirito di sacrificio. Mi piace il modo in cui rappresenta ed onora la maglia della Lazio, inquadra perfettamente il mio modo di giocare in questo».

Quanto sei rimasto legato all’ambiente Lazio? Cosa ti è rimasto dentro della tua esperienza in biancoceleste? 

«Sono rimasto davvero tanto legato ai biancocelesti, sono rimasto in contatto con tanti giocatori di quegli anni, con tanti tifosi e con tanti elementi dello staff che ancora oggi lavorano nell’ambiente. I miei figli sentono parlare in continuazione di Lazio, sono diventati tifosi quanto me. Il legame di tutta la mia famiglia con la squadra è stupendo, e tale rimarrà per sempre».

Prima di dire basta al calcio giocato, hai passato due stagioni ai Rangers Glasgow che, all’epoca, erano stati retrocessi in quarta divisione scozzese. Che esperienza è stata? Quanto sono simili e quanto non lo sono il calcio scozzese ed italiano a livello di tifoseria e passione?

«In Scozia il calcio è appassionante, quello giocato è più dinamico e fisico, ma molto meno qualitativo e tattico. I Rangers per me hanno rappresentato molto, sono un club enorme, una grande struttura, tifosi eccezionali ed uno stadio bellissimo. Il calcio è vissuto in maniera differente, sei più vicino agli allenatori e ai giocatori. È molto trascurato ma merita più attenzione, è bello da vedere. Sono orgoglioso di aver fatto parte di un club così e di aver condiviso un momento così buio della loro storia, fortunatamente poi siamo riusciti a riportare la squadra dove meritava di essere».

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Pensi di tornare nel calcio più in là?

«Quando nel 2015 ho smesso di giocare, ho studiato un po’. Ora gestisco un club di scuola calcio di bambini e ragazzi dai 4 ai 15 anni in Brasile, sono più di 300. Il nostro intento è aiutare questi ragazzi che non possono permettersi di praticare sport cercando di dar loro questa possibilità».

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