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Felipe, che fine hai fatto?
Che fine ha fatto Felipe Anderson? È una domanda che si stanno ponendo un po’ tutti nella Lazio. Dalla società, che in estate ha rifiutato per il giovane brasiliano circa 50 milioni dal Manchester United, all’allenatore, che la stagione scorsa ha ammirato le gesta dell’ex Santos, decisivo nella cavalcata culminata nel terzo posto e nella finale di Coppa Italia (persa con la Juventus solo ai tempi supplementari), passando per i tifosi, che hanno ancora negli occhi quei numeri da talento puro.
I SUOI 110 GIORNI DA FENOMENO DI ANDERSON – Per il raggiungimento di quegli obiettivi il contributo di Felipe Anderson è stato davvero fondamentale. Il problema del giovane brasiliano, però, è che lo è stato solo per un periodo circoscritto e ben delineato: dal 2 dicembre al 12 aprile, per la precisione. Da Lazio-Varese di Coppa Italia a Lazio-Empoli di campionato. In questo lasso di tempo di 131 giorni, che diventano 110 se si tolgono i 21 ai box per un infortunio al ginocchio rimediato nel derby, Felipe Anderson ha mostrato la sua versione da fenomeno e la Lazio tutta ne ha tratto vantaggio. Già, perché nelle 16 partite giocate dall’ex Santos in quel periodo, la Lazio ha vinto 12 volte, pareggiato 3 e perso solo in un’occasione. E lui è stato l’uomo copertina con 11 gol e 10 assist: significa che è entrato nel 60% delle 35 reti complessive segnate dalla Lazio in quelle 16 gare. Poi, il calo. Felipe non è più riuscito a incidere se non con un assist (inutile ai fini del risultato) nella partita persa con l’Inter alla quartultima di campionato. Un trend negativo che sta proseguendo pure in questa stagione.
IN QUESTA STAGIONE SOLO UN MESE AD ALTO LIVELLO – Fatta eccezione per 32 giorni (5 gol e 2 assist in 7 partite dal 23 settembre al 25 ottobre), in cui Felipe Anderson è sembrato sulla strada giusta per tornare quello dei “110 giorni da fenomeno”, il brasiliano è tornato quello apatico, indolente e innocuo del primo anno in Italia. Se ne è accorto pure Pioli, che negli ultimi 3 mesi e mezzo gli ha fatto giocare per intero solo due partite. E tra panchine e sostituzioni, complice un carattere fragile ed estremamente emotivo, Felipe ha continuato a deprimersi e perdere fiducia in sé stesso, quella stessa fiducia che un anno fa gli aveva permesso di sbocciare e quintuplicare il valore del suo cartellino a suo di gol, assist e giocate di alto livello. La Lazio vuole ritrovare quel giocatore, Pioli sta tentando di proteggerlo: “Se gli riescono le giocate si dice che è un fenomeno, altrimenti lo si addita come superficiale. Da lui ci si aspetta sempre il guizzo vincente, ma nelle ultime partite sta lavorando comunque molto”. Ci si aspetta di più, è vero. Ma è altrettanto vero che tra la versione “fenomeno” e quella “sonnifero”, ci deve pur essere una via di mezzo. “Mi piace giocare alla Lazio, qui sono felice”, ha detto il giocatore rispondendo alle domande dei bambini dell’Istituto comprensivo Grazia Deledda di Roma. “Quando ho avuto la possibilità di venire alla Lazio non ci ho pensato molto, già seguivo la squadra. – continua Felipe Anderson – Metto tutto l’impegno possibile, ogni volta che non riesco a fare bene torno a casa e mi dico che devo fare di più e migliorare”.
Repubblica.it