2015

Felipe Anderson: “La Seleçao è un sogno ma penso prima a far bene con la maglia della Lazio. Keita? Non siamo rivali ma amici per la vita”

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Dopo i guai fisici e (extracalcistici) che lo hanno attanagliato nell’ultimo mese Felipe Anderson è pronto a riprendersi la Lazio. A sentire lo staff medico del club biancoceleste il brasiliano dovrebbe essere a disposizione per la partita di lunedì sera contro il Genoa.

Nel frattempo, #FA7 come ormai lo chiamano i tifosi, ha concesso una bella intervista al blog brasiliano DissecandoFutebol, in cui ha parlato del suo passato, del suo presente e del suo futuro. Gustatevela:

Per iniziare, andiamo ai tuoi esordi nel mondo del calcio professionistico. È noto che hai saltato rapidamente tutte le tappe nelle giovanili del Santos debuttando in prima squadra a soli 17 anni. Il tuo sviluppo è stato completo o ti sentivi ancora “acerbo”? E hai sentito il peso dell’esordio in prima squadra così giovane?
“Ho bruciato le tappe nelle giovanili grazie all’ottimo rendimento che stavo mostrando in quel periodo. Il Santos intravide in me un grande potenziale e decise di anticipare il mio esordio. Non ci vedo nulla di strano. In quel momento, a parer mio, avevo la maturità necessaria per esordire in prima squadra. Credo che mi abbiate posto questa domanda perché in prima squadra non ho brillato come nel settore giovanile, ma è andata così per una serie di fattori. Un ragazzo di 17 anni ha bisogno di un po’ più di fiducia e tranquillità. Del resto, tutto è accaduto rapidamente e fortunatamente nel miglior modo possibile”.

Restando in tema Santos, le critiche a te rivolte da parte dell’ex tecnico Muricy Ramalho erano frequenti. Sei d’accordo nel dire che è stato più un ostacolo piutosto che una persona che ha incentivato la tua crescita? Sentivi molto la pressione?
“Non posso negare che l’ideale sarebbe stato avere un altro trattamento. In quel momento, sentivo molto la pressione, anche a causa della mia giovane età. Ma sinceramente non ho nulla contro Muricy, e neanche credo neanche che lo abbia fatto per ostacolarmi. Penso che abbia intuito il potenziale che potevo esprimere e abbia tentato a suo modo di spronarmi, ma secondo me avevo solo bisogno di un po’ di tempo e tranquillità”.

Il Brasile Under-20 nel Sudamericano Sub-20 2013 fu abbastanza deludente e arrivò nelle ultime posizioni del suo girone B. Tu indossavi la pesante maglia numero 10 ed eri la stella indiscussa di quella squadra. Quella competizione cosa ti ha lasciato? Ti ha aiutato a crescere e a diventare il calciatore che conosciamo oggi?
“Ho imparato molto da quel gruppo, nonostante l’esperienza negativa. Sono cresciuto soprattutto grazie alle sconfitte, alle difficoltà e alle delusioni. Abbiamo acquisito tanta esperienza nonostante la grande delusione per l’uscita prematura dal torneo. E’ stato frustrante, sì, ma la lezione è servita per farmi crescere e prepararmi a nuove sfide”.

Giunto in Italia, dove sei stato accolto con grande entusiasmo dai tifosi, sei stato impiegato più a centrocampo che sulla fascia. E’ stato difficile adattarsi al nuovo ruolo? Qual è la tua posizione preferita?
“Chi ha seguito la mia carriera sa che ho sempre giocato e mi sono messo in luce nelle giovanili del Santos come regista, tanto che quando ho esordito in prima squadra mi paragonavano a Paulo Henrique Ganso, mio ex compagno di squadra e adesso stella del São Paulo. In realtà in prima squadra non ho mai avuto l’opportunità di giocare in questo ruolo anche perché ero chiuso dai mostri sacri del Santos. Gli allenatori che ho avuto mi vedevano trequartista piuttosto che regista e così mi sono adattato al nuovo ruolo. Ho iniziato questo processo nel Santos e lo sto perfezionando qui alla Lazio. Oggi mi sento più a mio agio, con più senso della posizione e maggior condizione fisica. Mister Pioli mi aiuta molto concedendomi libertà di movimento, quindi penso che questo modo di giocare sia sinceramente l’ideale per me”.

A 21 anni, nella migliore fase della tua carriera, è inevitabile parlare di Seleção. Pensi di essere pronto per esordire nella squadra di Dunga, che potrebbe convocarti alla luce delle tue ottime prestazioni o punti alle Olimpiadi del 2016?
“Il mio obiettivo principale è quello di continuare a fare bene con la maglia della Lazio. Penso che questo sia il modo migliore per ottenere tutto quello che un giocatore sogna. Logicamente la Seleção è uno dei miei sogni. Voglio avere la possibilità di vincere un oro olimpico con il Brasile, titolo mai conquistato dal mio Paese, e chiaramente vorrei giocare in Nazionale maggiore. Lavoro sempre con questo obiettivo in mente, una cosa naturale per tutti coloro che ambiscono ad una grande carriera”.

Che rapporto avete voi giocatori con il presidente Lotito e il direttore sportivo Igli Tare?
“Il nostro rapporto è molto buono. Il presidente è molto affezionato a me ed è felice di vedermi giocare così perché è quello che si aspettava da quando mi ha comprato”.

Raccontaci della tua amicizia con Keita: è il giocatore con cui hai legato di più, nonostante foste in ballottaggio per un posto da titolare. Riuscite a separare amicizia e professione?
“Tra noi non c’è alcuna concorrenza ma solo amicizia. Davvero, oltre le frasi di circostanza, senza ipocrisia, noi ci stimiamo moltissimo. Keita fa il tifo per il mio successo, è molto felice per quello che mi sta accadendo e io mi auguro per lui il doppio del mio successo. Keita è un grande giocatore che con un futuro brillante davanti a se. Sono sicuro che arriverà anche il suo momento. Siamo grandi amici e penso lo saremo per il resto della vita, indipendentemente dal fatto che le nostre strade si possano dividere”.

Per concludere, che progetti hai per il futuro? Ci sarà ancora la Lazio?
“Intanto penso a far bene nel presente per poter costruire le basi per un buon futuro. Il mio obiettivo in questo momento è quello di mantenere il rendimento che sto avendo nella Lazio e di crescere professionalmente. Che cosa accadrà in futuro, solo Dio lo sa, e io riporrò in lui tutta la mia fiducia”.

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