2015

Felipe Anderson: le magie che fanno sognare un popolo intero

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Ha vinto il suo derby, ma non l’ha potuto giocare tutto. E’ uscito a 25 minuti dalla fine, s’era fatto male al tramonto del primo tempo, ha provato a resistere. Solo così l’hanno fermato: con un fallo. Tutti, adesso, hanno paura di lui. Tutti, adesso, vorrebbero essere lui. Tutti, adesso, cantano il suo nome. Tutti, adesso, chiedono miracoli e lui li avvera. Lo portano comunque in trionfo: Felipe Anderson è O Rei della Lazio, è il suo fenomeno. Ha fatto sognare, ha fatto gridare. Fa impazzire i tifosi, li fa andare veloci, può portare la Lazio in Champions, può ridarle gloria. I fenomeni di 21 anni diventano imperatori così. Nel primo tempo tutti stavano a guardare Felipe Anderson. Il derby è stato suo: un assist per Mauri, un assist scucchiaiato, di destro. E un gol, di sinistro, dalla mattonella preferita. Quando calcia, il pallone non cambia direzione, va dove vuole lui, va a bersaglio, diventa qualcosa. Ormai è un’abitudine la sua personale “doppietta”. E’ uscito sull’1-2, l’hanno dovuto sostituire. L’avevano steso con un fallo, era stato Astori a fermarlo: «Sono uscito perché una botta ha acutizzato un fastidio alla gamba destra. Mi ha fatto ancora più male, nel secondo tempo non riuscivo a correre bene e per evitare peggioramenti il tecnico mi ha sostituito», ha raccontato Felipe senza perdere la pazienza. E’ di ferro, non è solo seta. Ha rimediato una contusione ossea alla coscia destra, il muscolo si era contratto, non riusciva a scattare. Come riporta Il Corriere dello Sport, salterà la Coppa Italia (mercoledì), dovrebbe esserci contro il Napoli (domenica). Ha già promesso un altro gol (almeno uno), nelle ultime cinque giornate di campionato ha segnato cinque volte e ha regalato cinque assist. In totale ha messo i piedini in 10 degli ultimi 11 gol segnati dalla Lazio, ha segnato e ha fatto segnare. Per poco non s’è preso il derby, a 21 anni. Può prendersi il mondo, è un nuovo fenomeno, lo diventerà anche nel Brasile, lo convocheranno subito, non presto. Lui gioca sul velluto, non gioca sull’erba, il dio del calcio l’ha voluto così: «Voglio dare grandi gioie ai tifosi! Sono contento per il gol, ma sono anche dispiaciuto per il loro pareggio. Dovevamo continuare sulla strada intrapresa nel primo tempo, eravamo noi ad impostare il gioco. E’ comunque un risultato apprezzabile, loro sono una grande squadra. Segnare nel derby è un’emozione forte, sono contento, è una gioia che volevo regalare ai tifosi. Sono riuscito a farlo nel primo tempo, è una felicità difficile da spiegare». La Lazio, oggi, è Felipe Anderson. La Lazio, oggi, è dribbling secchi, è velocità pazzesca, è un balletto dei suoi, è gol bellissimi. Uno così non si può sacrificare sull’altare dell’equilibrio, non può essere immolato davanti alle lavagne tattiche. La sua non è fantasia, la sua è magia: «E’ merito del mister, mi dà libertà di gioco, muovendomi molto è difficile marcarmi. Con il Napoli spero di segnare, non so da dove, ma l’importante è fare ciò che sto facendo: continuare a far gol. E’ questo che conta, la palla nella rete». Marcarlo? E’ una parola, sta diventando impossibile. Quando scatta è già più avanti, ruba il tempo con grazia ed eleganza. Velocità troppo alta e ventro troppo forte: quando parte è imprendibile, agli altri non resta che un po’ di polvere. Mangia metri a tutti, nasconde il pallone, salta e risalta, dribbla e s’invola, ti fa girare la testa. Ama lo stesso numero di Cristiano Ronaldo (il 7), è amico fraterno di Neymar. Viene dal Santos di Pelè, è baciato dagli dei. La Lazio ha un fenomeno e non è solo una consolazione post derby. Beata la Lazio che ha Felipe Anderson, povera la Lazio che l’ha perso nel finale. Sogna in grande, vuole la Champions. E’ rinato al momento giusto, quando in pochi ci credevano. E’ esploso all’improvviso e si sta confermando. Il primo derby l’ha consacrato, lui aveva vinto perché in quel primo tempo aveva dimostrato di essere imbattibile. 

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