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Figli Mihajlovic (Miro e Dusan): «Notte speciale, non ce ne vogliano i tifosi del Bologna ma siamo laziali»

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Figli Mihajlovic (Miro e Dusan): «Notte speciale, non ce ne vogliano i tifosi del Bologna ma siamo laziali». Quella di oggi è la loro partita

Miroslav e Dusan Mihajlovic, figli dello scomparso Sinisa, parlano al Corriere dello Sport ricordando il papà a poche ore da Lazio-Bologna.

EMOZIONI – Ci aspetta una notte speciale, vivremo le emozioni dell’Olimpico tutto per papà, laziali e bolognesi insieme, ma anche il dolore di non averlo più accanto a noi. Stiamo provando ad abituarci, ma non è facile. Noi amiamo queste due squadre, ma la Lazio per noi ha qualcosa in più, speriamo che a Bologna non si arrabbino perché la città e la sua gente ci resteranno nel cuore per sempre.

RICORSO SINISA – Noi figli, maschi e femmine, siamo cresciuti con i valori di un padre fantastico. Lealtà e rispetto, prima di tutto: nel mondo del calcio non sono doti molto comuni, vogliamo riproporre quello che ci ha insegnato e già ci stiamo provando. Può essere anche un modo per ricordarlo in ogni cosa che facciamo.

MAMMA ARIANNA – Papà ci diceva sempre che era l’unica con più palle di lui. Ci sta sostenendo con un coraggio enorme, ora tocca a noi proteggerla perché sappiamo che nasconde il dolore per non intristirci.

ULTIMO GIORNO ALLA CLINICA – Era una domenica diversa dalle altre, disse a tutti che era felice e si sentiva molto bene. Chiamò un sacco di amici, forse quasi tutti quelli più legati a lui. Ma ci colpirono due chiamate: una a Conte e una a Guardiola, papà stava programmando i suoi viaggi di aggiornamento professionale sui campi del City e del Tottenham. Non so se era un modo per farsi coraggio oppure se era, come ci hanno detto, una specie di canto del cigno, fatto sta che ci sembrava davvero il solito leone. Noi avevamo capito da un mese che si era messa male, ovviamente non ne parlavamo né con lui né tra di noi perché coltivavamo sempre la speranza di un miracolo. Una malattia terribile, il primo trapianto era andato bene, il secondo meno perché dopo una settimana i valori erano già diventati anomali. Quella domenica è stata speciale proprio grazie alla sua voglia di lottare ancora. Era lui, spesso, che ci faceva forza. Siamo arrivati in clinica e abbiamo trovato davanti all’ingresso una carrozzina: papà si ribellò, ma siete matti io cammino da solo, non ho bisogno di aiuto

SINISA VICINO ALLA ROMA – Parla Miro: Gli dissi non puoi andare alla Roma, papà non puoi fare una cosa del genere. Io vado allo stadio, frequento la curva, sono laziale nell’anima: non potrò più uscire di casa se farai questa scelta. Anzi, te lo dico, non esco più di casa e sappi che non potrò mai tifare per la Roma solo perché l’allenerai tu. Io sono della Lazio. E lui rispose ‘Meglio così, se non esci eviti di fare le tue solite cazzate’. Sarebbe andato a Trigoria completamente solo, ebbe la sensazione che in pochi lo avrebbero sostenuto anche se da giovane aveva indossato la maglia giallorossa.

LAZIALI – Parla Dusan: ‘Io sono nato dopo lo scudetto del Duemila, ho visto sempre e solo immagini di papà con la maglia biancoceleste. Io mi sono innamorato dei tifosi e, ovviamente, della squadra. Sono cresciuto in curva Nord‘. Parla Miro: Ho un carattere diverso, io sempre laziale ma in altri settori dell’Olimpico. Adesso allo stadio porto anche Nikolas, che è il più piccolo. I miei idoli sono Klose, di cui quasi porto il nome, e Romagnoli che papà volle a tutti i costi al Milan.

IL SOGNO DI MIRO – Sto per laurearmi, come Virginia, e i prossimi saranno Dusan e Viktoria perché lui desiderava che ci impegnassimo negli studi. Inutile provare a giocare: se sei fi glio di un grande calciatore, o hai le palle e il talento di Chiesa o di Maldini che stimo oltre ogni limite, oppure sei destinato a fallire e a essere insultato ovunque. Voglio iscrivermi subito al corso allenatori per realizzare un desiderio che papà non è riuscito a celebrare: alzare un trofeo in panchina.

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