Archivio
FOCUS – Immobile incontra il suo passato: al cuor non si comanda, o forse sì?
Gli è bastato poco tempo per entrare nel cuore dei suoi nuovi tifosi;appena quindici minuti per bagnare il suo esordio a Bergamo con la prima rete stagionale e cominciare così a far fantasticare il popolo biancoceleste, desideroso a tutti i costi di trovare l’”alter ego” di quel Miroslav Klose che ha lasciato impresso nei loro cuori, un marchio indelebile che difficilmente verrà ad essere scalfito dallo scorrere del tempo. Attenzione però con i paragoni importanti, con il voler a tutti i costi trovare le analogie con ex campioni dal passato recente o lontano, perché si rischia spesso di caricare un calciatore di pressioni troppo forti. Ci sarà modo, tempo e una moltitudine di occasioni, per dimostrare (a suon di reti si spera), il proprio valore ed allora, meglio così magari, due pause salutari (la prima più prevedibile con la Juventus, la seconda più terapeutica con il Chievo), per sparire dai radar di quell’occhio di bue che ogni giorno cerca a tutti i costi di inquadrarlo. Per l’attaccante napoletano, è giunto però ora il momento di tornare a gonfiare la rete, di dimostrare che la dirigenza aquilotta ha fatto bene a consegnargli quest’estate, le chiavi dell’attacco. Il calcio, tuttavia, sa essere a volte anche spietato, sa metterci crudelmente di fronte al nostro passato, un passato che ci ha regalato così tanto che ci risulta difficile fargli del male. Sabato pomeriggio all’Olimpico, ci sarà difatti quel Pescara che ha consacrato Immobile nel calcio che conta. Ventotto reti (record di sigilli personali sinora) condite da una promozione in serie A che non si dimenticano, che hanno costituito per lui un vero e proprio esame di maturità verso “L’Università del vero calcio”. E’ capitato anche ai più grandi condottieri del passato:quando il comandante romano Tito Labieno, dopo aver servito per anni Giulio Cesare, passò successivamente alle dipendenze di Pompeo, il solo pensare di potersi un giorno trovare a dover fronteggiare un uomo che con tanta deferenza e rispetto aveva servito, gli metteva addosso un senso di tristezza e vulnerabilità e questo, siamo sicuri, capiterà anche al bomber ex Torino e Siviglia. Ma il lavoro è lavoro e le scelte non danno spesso la possibilità di imboccare una via diversa; l’unica strada verso il successo, è allora rappresentata soltanto dalla capacità di saper sfoderare il gladio prima del nemico ma con indosso una casacca dello stesso colore (il biancoceleste), ciò potrà risultare meno doloroso e difficile del previsto…