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Gabriele Paparelli: «Noi laziali abbiamo rispetto, loro non si sono scusati»
Gabriele Paparelli, il figlio di Vincenzo, ha parlato ai microfoni di Lazio Style Radio dell’ultimo episodio di insulti ai danni del padre
Dopo più di 40 anni si continua ad infangare e ad insultare la memoria di Vincenzo Paparelli, tifoso della Lazio ucciso da un razzo lanciato da un tifoso della Curva Sud romanista nel Derby del 28 ottobre 1979. Nei giorni scorsi, infatti, Alberto Gottardo e Emiliano Pirri hanno attaccato in maniera del tutto immotivata la memoria del tifoso biancoceleste sui social.
Oggi, ai microfoni di Lazio Style Radio, Gabriele Paparelli, figlio di Vincenzo, ha voluto parlare di questa situazione, raccontando anche le sue emozioni.
SULLA VICENDA – «Purtroppo questi due individui si sono scatenati in un minuto di diretta. Ci ritroviamo a parlare qui sempre delle stesse cose. Anzi che ne riesco a parlare oggi, mi sono calmato un pochino. Mi hanno dato il voltastomaco perché ne hanno parlato con una leggerezza assoluta, oltre il fatto che hanno insultato senza un motivo valido. Alla fine è uscito fuori qualcosa di cui penso si pentiranno».
SULLA BATTAGLIA LEGALE – «Purtroppo sono costretto ad andare avanti per vie legali, così ci penseranno su prima di fare certe affermazioni. Molti mi hanno detto che avrei dovuto farlo prima, ma ho sempre cercato di rispondere con eleganza a tutti. Ho ricevuto tanti messaggi che mi pregavano di portare avanti questa cosa. Insultarli non mi pare il caso, ma proprio perché io non sono fatto così. Noi siamo laziali, sappiamo stare al mondo e abbiamo il rispetto nel sangue. Loro non si sono scusati, hanno provato a giustificarsi con me e non mi è piaciuto. Sembrava tutto fatto con ulteriore arroganza e ciò mi ha fatto ulteriore rabbia. C’è differenza rispetto a quanto successo con Andro Merkù, ora sono molto amico con lui e ancora cerca di scusarsi».
SUL SUO STATO D’ANIMO – «Io ora sto un po’ meglio, purtroppo ci ho fatto il callo, so che è brutto da dirsi. Vediamo come si evolverà la faccenda, sperando ciò funzioni e si finisca di parlare in questo modo di mio padre, della Lazio e di chiunque ne faccia parte. Ho passato una vita dal difendere mio padre da insulti beceri e senza senso. Ricordo mio padre fosse un tifoso semplice, si stava mangiando un panino allo stadio. Non capisco questo accanimento da 42 anni. Ringrazio le migliaia di persone che mi sono state vicine in questi giorni. Sento fortemente l’affetto di tutti. Mando l’in bocca al lupo a questi ragazzi, magari li incontrerò davanti a un giudice. Vorrei solo più rispetto. L’Avvocato Mignogna mi sta aiutando, sarà una lunga lotta, ma non molleremo di un centimetro».