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Gabriele Sandri, papà Giorgio: «Non posso perdonare. La morte di “Gabbo” vale 5 anni di carcere»
L’assassino di Gabriele Sandri, l’agente Spaccarotella, oggi è in semilibertà: papà Giorgio ricorda con dolore l’11 novembre 2007
Il dolore di un padre per la perdita di un figlio non si può spiegare a parole. A distanza di 10 anni dal tragico episodio, Cristiano e Giorgio, fratello e papà di Gabriele Sandri, ricordano perfettamente ogni singolo momento di quella mattina: la chiamata dell’amico, il viaggio verso Arezzo e la scoperta della morte di “Gabbo” dalla radio durante il tragitto. «Il dolore è sempre uguale nella mia mente, certo si va avanti, sono passati 10 anni e si cerca di vivere – racconta Giorgio Sandri ai microfoni di corriere.it -. Per fortuna l’aiuto della gente, di tanti ragazzi di tutte le tifoserie, ha un po’ diluito il dolore in un dolce ricordo. Però mio figlio mi manca, mi manca tanto e immagino che potevo essere nonno anziché di due nipoti magari di quattro, perché oggi Gabriele avrebbe avuto 36 anni. Lui era in viaggio per Milano come qualsiasi cittadino. La passione che aveva per la Lazio, nonostante la stanchezza per la serata precedente al Piper, gli aveva dato la forza quella mattina di partire con gli amici. Purtroppo il destino di Gabriele si è incrociato con quello di Spaccarotella». Luigi Spaccarotella, l’agente della Polstrada che ha sparato il colpo che ha ucciso Gabriele, ha ottenuto la semilibertà proprio pochi giorni fa. Era stato condannato a 9 anni e 8 mesi ed era entrato in carcere nel febbraio del 2012 dopo la sentenza definitiva della Cassazione. Cinque anni più tardi potrà lasciare il carcere nelle ore diurne. Giorgio Sandri ragiona e risponde: «Nei termini tecnici non posso entrare e non posso neanche capirli. Capisco solo che la vita di un ragazzo vale cinque anni di carcere».
GIORGIO SANDRI – La famiglia attende ancora le scuse dell’agente: «A me non si deve chiedere scusa come se mi avessero pestato un piede. Il discorso è più complesso e intimo. Si parla di un percorso di pentimento che non c’è mai stato, di una presa di coscienza del gesto che si è compiuto, di quello che ha causato oltre l’uccisione di un ragazzo di 26 anni». Con i tre gradi di giudizio si è arrivati al tempo della giustizia, quello del perdono però non ci sarà. E il padre di Gabriele si spiega così: «Il perdono lo potevo dare forse prima. Dopo 10 anni evidentemente non c’è stato nessun pentimento, non c’è stato nessun passo avanti da parte di lui, voglio chiamarlo così. E quindi perdonare una persona che non è pentita che senso ha?».