Editoriale

Insistete a parlare di “piccola minoranza”, loro intanto continuano con la violenza!

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Ennesimo agguato dei tifosi della Roma che rischia di trasformarsi in tragedia: i media continuano vergognosamente a parlare di “piccola minoranza”, ma quando a sbagliare sono invece i laziali non si perde tempo ad offendere un intero popolo

Liverpool-Roma. Che spettacolo il tempio di Anfiel Road. Per l’occasione allo stadio domina il rosso: rosso come il colore delle sciarpe dei tifosi inglesi, rosso come il cielo al tramontar del sole. E’ una partita (anzi, la partita) storica per il club capitolino, un’occasione per rivendicare la sconfitta nella finale di Coppa Campioni del 1984, la chance per far rispettare la bandiera italiana oltre i confini nazionali. Insomma, le prerogative per vivere una serata magica di calcio ci sono tutte. O, almeno, così sembra. A pochi minuti dal fischio iniziale dell’arbitro Felix Brych fuori dall’impianto accade infatti l’impensabile: il rosso delle bandiere inglesi lascia velocemente spazio al rosso del sangue del malcapitato Sean Cox. Un gruppo di ultras romanisti attaccano il tifoso di origine irlandese, lo colpiscono prima alla testa con la cinghia di una cintura e lo lasciano poi inerme al suolo (CLICCA QUI PER VEDERE IL VIDEO). La festa si trasforma in guerriglia nel giro di pochi secondi, dai cori si passa presto alle urla e dalle tasche vengono estratti coltelli e martelli. Le dinamiche dei fatti sono ancora da stabilire ma, al di là di questo, una domanda sorge spontanea: perchè a queste persone è ancora permesso viaggiare al fianco della propria squadra, se il loro vero scopo è cercare di tendere agguati ai sostenitori della compagine avversaria? La risposta giunge facile e scontata leggendo gli articoli delle maggiori testate giornalistiche (romane e non): si è trattato della solita “piccola minoranza”. Ma di quale “minoranza” si parla in fin dei conti? Della “minoranza” che sparò un razzo nell’occhio Vincenzo Paparelli? Della “minoranza” che continua ad offendere la sua morte? Della “minoranza” che uccise il napoletano Ciro Esposito? Della “minoranza” ripudiata dai tabloid inglese per i ripetuti atti vandalici?

NON E’ COLPA DI QUESTI POVERI IDIOTI!

I mass media facciano un’inversione di rotta. Adesso o mai più. Non è concepibile che il 25 aprile, giorno dei festeggiamenti per la “Liberazione”, sia ancora mistificata una realtà dei fatti così grave. Non si può ascoltare una cronaca nazionale che continua a parlare di “piccola minoranza”, mentre si trova di fronte ad un serio problema per la nostra società. L’Italia occupa attualmente il 46° posto nel mondo per libertà di stampa (fonte: Report senza frontiere), è il fanalino di coda dell’Unione Europea. I giornali non hanno capito (meglio, fanno finta di non capire) che una mezza verità equivale ad una menzogna intera, che convincere la società di una comoda teoria non risolve il problema ma lo espande in modo maggiore col passare del tempo. Con quale coraggio si può parlare di semplice minoranza, quando gli stessi episodi tendono a ripetersi puntualmente?

QUAL E’ LA PRETESA SE SBAGLIA CHI AL CONTRARIO DOVREBBE DARE L’ESEMPIO?

E’ una questione di mentalità, c’è poco da fare. Poco si può pretendere dal tifoso medio se a sbagliare è in primis colui che porta la bandiera. Il riferimento è chiaro a Bruno Conti e Roberto Pruzzo, idoli giallorossi che si sono fatti fotografare mentre rivolgono il segno del dito medio verso il simbolo del Liverpool.

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Dirigenti che, invece di trasmettere il senso di rispetto nei confronti dell’avversario, inneggiano all’odio come se ce ne fosse bisogno. E la stampa cosa fa? Con facilità fa slalom tra il marciume, non distaccandosi dal gesto volgare, bensì lo seppellisce e lo confonde con goliardia. La stessa goliardia che non è stata assolutamente riconosciuta ai tifosi della Lazio qualche mese fa, quando allo stadio Olimpico comparivano alcuni indecorosi adesivi antisemiti. Trattasi di “piccola minoranza”? Anche meno, per usare una locuzione di moda ormai tra i giovani. In quel caso, con la stessa facilità, è stato offenso un popolo intero: ogni fan biancoceleste (in quanto tale) è stato accusato di razzismo, xenofobia, antisemitismo, fascismo e chi più ne ha, più ne metta. Sono state dedicate prime pagine di giornali per gridare allo scandalo e alla vergogna, film e documentari in prima serata per sensibilizzare la popolazione come se a sbagliare fosse stato l’intero popolo, offese gratuite a gente che da anni cerca di levarsi di dosso uno scomodo e sbagliato pregiudizio.

UN ASINO PUO’ ANCHE FINGERSI CAVALLO, MA PRIMA O POI RAGLIA

Abili perbenisti, con diversi morti sulla propria coscienza (pregando che il povero Sean Cox non allunghi ancora la lista), si sono permessi il lusso di fare la morale a coloro che dal 1900 diffondono nella Capitale i valori etici dello sport e per tale motivo dal 1921 si sono visti conferire il titolo di Ente Morale della città di Roma. Astuti portavoce con una penna in mano hanno provato a far vergognare ogni tifoso laziale di essere tale, lo hanno screditato fino a farlo sentire il fanalino di coda di una società che non ha dal canto suo nulla di cui vantarsi. Una “grande maggioranza”, chiamata dai media “piccola minoranza”, difesa sempre e comunque, che preferisce rimanere nella convinzione in cui a sbagliare siano sempre i soliti. Non è così. La Roma e la Lazio devono combattere insieme affinchè il calcio non diventi la ricerca di una rivincita sociale. Le dirigenze lavorino in coppia per eliminare definitivamente questi episodi. I giornalisti ripongano la sciarpetta nell’armadio e si armino di uno strumento chiamato “buon senso”, perchè a forza di parlare minoranze, sempre più persone rischiano di perdere la vita per una partita di pallone.

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