Ci sono partite, nel gioco del calcio, che valgono più dei tre punti. E ci sono parate che pesano anche più di un trofeo. Soprattutto quando resti beffato e ti trovi davanti all’ennesimo ostacolo. E allora ti raccogli su te stesso. Chiudi gli occhi e mandi la mente lontano. Tiri in ballo la fortuna, gli dei, il caso o chissà che. Una manciata di secondi ti mettono tra l’inferno e il paradiso. Ti appelli ad una giustizia divina che sempre troppo poco ti accompagna. Anche quando ci metti il cuore. Anche quando spendi pure l’ultimo pezzetto di anima. Anche quando dovrebbe andare proprio come avevi programmato. Almeno stavolta.
Perché mentre Mazzoleni passa la palla in mano bianconera, siamo tutti Radu. Chi dal divano con le dita incrociate, chi dal balcone per non guardare. Per non soffrire. Lo è Inzaghi dietro quella riga di campo che gli va sempre troppo stretta. Tutti chiudiamo gli occhi e tratteniamo il respiro per un po’. Magari pensando pure che stavolta ci siamo andati davvero vicino. Che tutto è finito. Che nei prossimi giorni assisteremo ad analisi impietose di un pareggio non meritato. L’arbitro fischia. Dybala prende la rincorsa. Il cuore fa rumore a furia di battere così veloce. Radu è ancora lì. Tu pure. Un obiettivo fotografico coglie il momento di questo rito. Una preghiera recitata a denti stretti. La Lazialità in un fermo immagine. Anni spesi a correre con quella maglia. Anni spesi ad urlare al cielo cori per la stessa maglia. Chilometri macinati con gli scarpini e in autostrada durante le trasferte. Un istante che ti ricorda quanta strada hai fatto finora, quanto fiato le hai dedicato. Dybala calcia.
E poi… e poi ci sono partite, nel gioco del calcio, che valgono più dei tre punti. E ci sono parate che pesano anche più di un trofeo.