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L’ANALISI DEL GIORNO DOPO – Lazio senza carattere e sfregiata dagli arbitri: al Castellani l’ennesimo atto di una stagione disgraziata

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Dopo l’illusoria vittoria contro il Dnipro, la Lazio torna a perdere. Come al solito, lontano dalle mura amiche, la squadra di Pioli non riesce ad imporsi e colleziona l’ennesima sconfitta stagionale. Ai biancocelesti non sono bastati 90 minuti di gioco per ribaltare il gol di Tonelli, siglato dopo appena 4 minuti.

Per la gara del Castellani, il tecnico emiliano ha optato per un 4-4-1-1, molto simile al 4-4-2 che ha fruttato i tre punti giovedì contro gli ucraini ma, alle spalle della prima punta Djordevic, questa volta è stato schierato Milinkovic, non proprio un attaccante. Un modulo molto sofisticato e particolare che ha costretto all’esclusione di Keita e di Felipe Anderson, gli unici due giocatori che per caratteristiche possono inventarsi il colpo per risolvere la partita. La peggior mossa tattica del tecnico laziale poi, è parsa l’avanzamento sulla linea dei centrocampisti di Lulic, un calciatore troppo impreciso per occupare una zona di campo in cui si costruisce il gioco d’attacco.

Al netto della sconfitta si può dire che, nonostante i tanti sistemi di gioco provati nel corso di queste 14 giornate, nessuno sembra andare meglio dell’altro e il problema di questa squadra sembra essere di natura psicologica. Non conta avere 2 attaccanti o 3 se l’atteggiamento è sempre lo stesso, arrendevole e prevedibile.

Va anche detto che in un momento difficile come questo neanche gli episodi stanno girando a favore della Lazio: due rigori non concessi e altrettanti gol annullati non passano inosservati. A calcio, come fanno tante altre squadre, si può anche vincere giocando male, ma per la dodicesima volta in questa stagione la Lazio ha subito dei torti arbitrali di grossa entità che, se fossero capitati ad altre squadre, avrebbero occupato titoli e titoli sui quotidiani sportivi. Come ha ricordato il ds Tare nel post-partita, se vengono sommati i punti persi a Sassuolo, con la Roma, e con l’Atalanta sicuramente la classifica in questo momento direbbe altro.

Torti o meno, una squadra costruita per disputare i gironi di Champions, non può ritrovarsi il 30 novembre a 19 punti, distante anni luce dalle prime posizioni. Le colpe di quanto sta accadendo sono di tutti, ma dagli errori commessi si può ripartire per fare meglio in futuro. Il mercato fatto in estate, per rinforzare una squadra “difficilmente migliorabile” (Lotito docet) si è rivelato un flop totale: Patric e Morrison non si sono praticamente mai visti, Hoedt è un giovane di belle speranze che deve ancora migliorare (impresa difficile in questo clima) e Matri è arrivato soltanto per gli infortuni di Djordevic e Klose. Gli unici due acquisti che fino ad ora hanno fatto vedere qualcosa di buono sono Milinkovic e Kishna, ma non possono essere due ragazzi del ’95 a togliere le castagne dal fuoco (e oltretutto, specialmente l’olandese non viene impiegato con continuità).

In questo gruppo oltre a giocatori di livello c’è bisogno di gente di personalità, che sappia parlare o tacere a seconda dei momenti. Empoli è stata l’ennesima dimostrazione di una squadra discontinua e “isterica”, che affida le proprie reazioni ai nervi più che al gioco. I tifosi ne hanno fin sopra i capelli e ieri hanno perso le staffe esibendo uno striscione dai toni probabilmente eccessivi (“Attenti”). Il feeling tra squadra e supporter è ai minimi storici e al fischio finale l’unica soluzione percorribile è quella indicata da un rabbuiato Tare: “Tocca ai giocatori meritarsi la fiducia del pubblico”.

 

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