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L’ANALISI DEL GIORNO DOPO – Quattro vittorie in sei partite: Inzaghi conquista il gruppo e spera nella conferma

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Due centravanti, due bomber, due goleador. Entrambi con i colori biancocelesti hanno scritto la storia: da una parte c’è Klose, campione indiscusso alla sua penultima partita; dall’altra Inzaghi, vecchio rapace d’area ora allenatore. Uno il presente, quasi il passato, l’altro il presente e chissà forse il futuro della Lazio.
Dall’avvento di Simone, Miro ha cambiato marcia: 4 gol e due assist in 6 partite, ma con uno dal suo curriculum non c’è da stupirsi, verrebbe da controllargli la carta d’identità ogni qualvolta tocchi il pallone. Corre fino al 94’ pur essendo a fine carriera e avendo raggiunto tutto quello che un calciatore sogna sin da bambino. I meriti di questa rinascita sono di uno e dell’altro. Entrambi hanno alzato trofei importanti e si sono tolte grandi soddisfazioni con questa maglia, ma grazie a uno, forse l’altro, potrà farlo anche da allenatore. Miro Klose e Simone Inzaghi. Storia di una Lazio che fu e di una che sarà.

CAMBIAMENTO TARDIVO – Vedendo la classifica e la storia di questo campionato viene da mangiarsi le mani ogni domenica sempre di più. Il settimo posto del Milan dista tre punti, il sesto del Sassuolo 4, ma non è finita qui: in caso di vittoria nell’ultima gara contro la Fiorentina, la Lazio potrebbe arrivare a 4 sole lunghezze dal quinto posto, nonostante abbia vinto anche il match dell’andata a Firenze.
Con l’avvicendamento in panchina la squadra ha dimostrato di non essere inferiore a nessuno, Juventus a parte. Il tempo di Pioli era finito, per colpe non solo sue, ma questo andava fiutato prima e non a sette partite dal termine. Inzaghi ha portato quella ventata di novità che serviva, quel voltare pagina cercato da settembre, ma mai arrivato. Dove finiscono i meriti del tecnico iniziano quelli dei giocatori. Meriti, ma allo stesso tempo demeriti, dipende dai punti di vista: se la Lazio si trova in questa situazione gran parte della colpa va a loro, ma allo stesso tempo queste sette partite dimostrano che la rosa non era poi così inadeguata.
Se l’avvicendamento in panchina fosse arrivato qualche mese prima, sicuramente adesso non si starebbe parlando di un Lazio-Fiorentina privo di significato, “Klosa-Day” a parte.

RIVOLUZIONE TATTICA – Da difensiva ad offensiva. Inzaghi è stato bravo soprattutto a fare questo, a cambiare l’identità della squadra. Prima anche con il risultato acquisito, si cercava sempre di andare ad incrementare il vantaggio lasciando spazio a innumerevoli contropiedi, adesso invece la partita viene gestita con molto più giro palla, facendo correre l’avversario e aspettando il momento giusto per colpire. Un altro dato che avvalora la competenza tattica di Inzaghi è quello di studiare la partita in base all’avversario che c’è difronte, cosa molto rara con Pioli. In molti pensano che questo possa essere l’emblema del provincialismo e invece è un atto di assoluta intelligenza oltre che di umiltà.
Come ha spiegato nel post-partita, l’ex allenatore della Primavera, l’assetto tattico sullo 0-3 è cambiato: si è passati da un 4-3-3 ad un 5-3-2, per evitare di dare profondità al Carpi che con Lasagna stava mettendo in difficoltà la difesa biancoceleste. Poi la doppia espulsione ha condizionato il proseguo del match, ma la sua lettura è stata comunque giusta.
Se alla società serviva un segnale è arrivato: Simone Inzaghi è l’allenatore giusto da cui ripartire.

LEGGENDA – Nostalgia, lacrime ed applausi per un grande uomo diventato campione. Non gli è mai piaciuto prendersi i riflettori, è stato sempre poco mediatico. Ha preferito far parlare il campo, rispondendo alle parole con i fatti, come deve fare un professionista.
Miro ha dato tanto al calcio e ha dato tanto a questi colori. Domenica ci sarà il suo addio, l’addio di un uomo entrato nella storia di questo magnifico sport e che ha permesso alla Lazio di essere la prima società italiana a scrivere il proprio nome sul FIFA Museum a Zurigo. Domenica non conta Gabrielli, non conta Lotito, non conta questa deludente stagione. Domenica chi andrà allo stadio lo farà per salutare un campione che ha portato con se, sulle vette più alte del mondo, il nome della prima squadra della Capitale.
Cari tifosi, seppellite le asce di guerra ed andate allo stadio. Miro Klose merita il saluto della sua gente, in una cornice degna per l’occasione.
Il giorno che nessuno avrebbe mai voluto vivere sta per arrivare. La Lazio sta per salutare la leggenda vivente. Colui che arrivò da finito e se ne andrà da mito.

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