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L’ANALISI DEL GIORNO DOPO – Un “buon punto” di partenza per questa Lazio diventata grande: prossimo step, riempire l’Olimpico

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Tutto in un minuto, segna Hamsik, lo riprende Keita. Il Napoli fa la partita, la Lazio aspetta, riparte e ottiene esattamente ciò che voleva: restare avanti dopo lo scontro diretto. La squadra di Inzaghi gestisce bene tutti i momenti della partita e esce indenne dal San Paolo, dove difficilmente i partenopei non ottengono i tre punti. Sofferenza, gestione, mentalità.
I biancocelesti abbinano queste tre componenti e danno vita ad una partita non formidabile, ma di grande attenzione.Poco spettacolari, molto concreti. D’altronde per essere grande squadra a volte bisogna andare contro le proprie caratteristiche e saper giocare partite diverse a seconda dell’avversario che si ha difronte.
Grande interpretazione e grande sacrificio. Questa Lazio continua a stupire e siamo ancora all’inizio…

CAMBIAMENTI RELATIVI – Inzaghi teme l’attacco rapido del Napoli e lavora tutta la settimana sulla difesa a 3 con Basta e Radu ai lati di Wallace. Linea anomala, ma efficace. L’inserimento del serbo e del romeno era fondamentale per dare velocità ad un reparto che se avesse visto due interpreti come Hoedt e Wallace, sarebbe andato troppe volte in difficoltà contro il tridente leggero del Napoli.
Più che una difesa è tre è stata una marcatura a uomo costante: uomo contro uomo e vince il duello chi è più forte. Insigne, Mertens e Callejon non sono mai passati.
Sul gol c’era una voragine tra i tre dietro e il centrocampo, ma in quella circostanza Hamsik ha letto bene la situazione e ne ha approfittato. Questa distanza tra i reparti era un rischio calcolato e che solo una volta ha penalizzato la Lazio, infatti mentre il centrocampo saliva nel pressing, la difesa tendeva molto a restare bassa, così da concedere meno campo possibile ai funamboli del Napoli. Sugli esterni grande lavoro di Felipe e Lulic, usciti stremati dal campo.
Fondamentali anche Immobile e Keita, molto più pericolosi quando giocano così vicino. I due si cercano, si trovano e spesso mandavano in tilt i meccanismi difensivi di Sarri. Ad aiutarli c’era sempre Milinkovic, una vera spina nel fianco per le squadre avversarie. La collocazione tattica del serbo è sempre un grosso interrogativo: a seconda della partita e dell’avversario va a cercarsi la sua posizione in campo, riuscendo sempre ad abbinare le due fasi e ad essere sempre lucido. La crescita della Lazio è dovuta anche alla sua maturazione.

QUEL MURO SI CHIAMA WALLACE – «Per Fortuna che c’è Wallace». Mancano de Vrij e Bastos? Niente paura ci pensa lui a proteggere la porta di Marchetti. Inzaghi ad Auronzo non era convinto delle sue qualità, ci ha lavorato e lo ha reso un difensore ottimo per il campionato italiano. Ieri sera il suo compito era chiaro: giocare costantemente uno contro uno con Mertens e si può dire che l’esame è stato superato con il pieno dei voti. Non ha concesso mai spazio al belga, anzi in campo aperto temporeggiava il più possibile fino ad aspettare un raddoppio di marcatura che puntualmente arrivava.
Fino a questo momento il suo impatto con la realtà biancoceleste è stato devastante, aveva già rubato l’occhio contro l’Empoli risultando uno dei migliori in campo, si è confermato poi con il Torino e il Sassuolo dando dei netti segnali di crescita.
Con il rientro di Bastos e de Vrij per Inzaghi ci sarà l’imbarazzo della scelta, senza dimenticare Hoedt, uno dei più positivi in questo avvio. Che sia a tre o a quattro non importa, questa difesa da ampie garanzie e per ambire a grandi traguardi è impensabile ipotizzare il contrario.

QUESTIONE DI TESTA – Si potrebbe semplicemente dire che la Lazio abbia sofferto molto, ma probabilmente Inzaghi voleva proprio questo: attaccare in determinati frangenti e pressare alto in altre fasi della gara. La squadra per larghi tratti era spaccata in due tronconi come in occasione del gol, dove i due reparti erano molto lontani, ma l’interpretazione data alla partita è stata comunque ottima. I due attaccanti sono sempre i primi ad iniziare il pressing, Parolo e Milinkovic fanno entrambe le fasi correndo su tutti i palloni, mentre Biglia si limita a costruire e a cucire il gioco.
Lavoro sfiancante per gli esterni Lulic e Felipe Anderson, che comunque non hanno smesso per un attimo di correre, soprattutto il brasiliano, molto incisivo anche negli ultimi metri con le sue continue scorribande.
Questa è una squadra di Inzaghi, costruita a sua immagine e somiglianza: corsa, grinta e tenacia su ogni pallone, anche quando il risultato è acquisito. Anche calciatori come Felipe Anderson e Keita, che non hanno nelle loro principali caratteristiche la cattiveria, lottano sempre come dei leoni.
Simone ha saputo ricostruire dalle macerie e piano piano far crescere i suoi ragazzi, da i più esperti come Milinkovic, Hoedt, Wallace a gli esordienti Lombardi, Strakosha e Murgia.
L’entusiasmo mostrato alla stazione Termini dagli oltre mille tifosi, certifica il buon lavoro fatto fino ad ora, ovviamente l’augurio è di rivedere nelle partite casalinghe una cornice di pubblica degna. Questo mister e questi ragazzi meritano il supporto della loro gente. Qualsiasi squadra per diventare grande necessità del supporto dei propri tifosi, che se vorranno continuare a coltivare questo sogno Champions, dovranno tornare al loro posto, sulle tribune dell’Olimpico che come due anni fa, deve tornare a mettere i brividi.

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