2014

L’eroe mascherato Cribari: “La mia era una Lazio battagliera. Felipe Anderson? Tra i più interessanti in circolazione”

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Questa mattina é intervenuto ai microfoni di Radiosei un ex calciatore biancoceleste, ancora molto legato ai colori laziali: si tratta di Emilson Sanchez Cribari, difensore brasiliano che ha giocato con l’aquila sul petto dal 2005 al 2010 e oggi in forza ai Glasgow Ranger. Cribari è stato protagonista di una lunga chiacchierata che ha toccato tanti temi, dalla ‘sua’ Lazio a quella del presente, passando per Glasgow e gli imminenti mondiali. Ripercorriamo alcuni dei passaggi più salienti:

RICORDI LAZIALI – Da buon brasiliano, Cribari ricorda con un po’ di saudade le stagioni vissute a Formello: La nostra Lazio? Era una squadra battagliera e tosta. Davanti avevamo tanta qualità con Rocchi e Pandev… Di Canio? Ci ho giocato un solo anno ma ho un buon ricordo di lui. Con Lotito ho avuto un buon rapporto nei primi due anni, perché era coerente con quello che diceva. Poi però con il suo atteggiamento non ha dato seguito alle cose buone create. Non siamo mai riusciti a fare il salto di qualità, questo suo modo di gestire e di fare non porta ai risultati che la gente si aspetta. Il compagno ideale? Con Siviglia abbiamo fatto dei buoni campionati, all’epoca avevo 26 anni e lui mi ha aiutato molto. Tare? Preferisco non rispondere. Mi dispiace per ingenuità che ho commesso l’ultimo anno, ma non ero più io. La Lazio mi ha dato tanto e io per questa maglia ho dato tutto quello che avevo”. Al termine della sua esperienza laziale Cribari ha giocato in prestito a Siena e poi a Napoli, e dopo una breve parentesi al Cruzeiro si é accasato ai Rangers di Glasgow che nel frattempo erano falliti e ricominciavano dai ‘bassifondi’ del professionismo scozzese.

L’AVVENTURA IN SCOZIA – In Scozia Cribari ha trovato un entusiasmo sconfinato: “Lì è successo un po’ come qui in Italia con Napoli e Fiorentina. Dopo il fallimento siamo partiti dalla Scottish Third Division, la quarta serie nazionale. Abbiamo battuto il record di spettatori in Serie C con una media di 40 mila presenze. Ora abbiamo raggiunto la Scottish Championship che sarebbe la seconda divisione scozzese, con 35 punti di vantaggio sulla seconda. Credo invece che il Campionato Italiano abbia perso un po’ di appeal negli ultimi anni. È in dietro anche per quanto riguarda le strutture rispetto agli altri paesi. Il derby di Roma però non è paragonabile a quello di Glasgow. Qui nella Capitale c’è una rivalità incredibile e io che li ho giocati entrambi posso confermarlo”.

IL DERBY PIU’ BELLO – Proprio in tema di derby, il brasiliano ha le idee chiare su quale sia quello a cui é più legato: “Sicuramente quello del 10 dicembre 2006, vinto 3 a 0 con Ledesma, Oddo e Mutarelli, poi anche quello di Behrami allo scadere. Ma quello del 3 a 0 fu particolarmente importante perché riuscimmo a non subire gol. Prima del vantaggio di Ledesma presi anche una traversa di testa dopo un calcio d’angolo. Doni mi disse poi che fu la parata più importante della stagione. Peccato che fu proprio contro di me. Ricordo che quell’anno fummo anche una delle difese meno battute, motivo per noi di grande soddisfazione.”

EROE MASCHERATO – Nell’immaginario collettivo del tifoso laziale, però, il nome di Cribari é legato soprattutto alla maschera di carbonio indossata dopo essersi fatto male al naso nell’andata dei preliminari di Champions contro la Dinamo Bucarest, per essere in campo al ritorno: All’andata a Roma presi una botta al naso che mi avrebbe costretto a saltare la gara di ritorno. Io volevo esserci a tutti i costi, ma in tanti mi consigliavano di evitare. Alla fine scesi lo stesso in campo anche perché non era disponibile nemmeno Diakité che si era fatto male al ginocchio contro il Torino alla prima di Campionato. Stare alla Lazio per me era una grande opportunità, poi il fatto stesso di vestire quella maglia, ti fa sentire davvero importante, diventando così un giocatore-tifoso. Per questo non volevo mancare. Il medico mi disse che avrei rischiato molto perché le viti erano vicino all’occhio. Un’ulteriore botta avrebbe potuto compromettere l’occhio rischiando di perderlo. Se avessi sentito la mia famiglia forse non avrei giocato. Ho tenuto quella maschera per circa 10 giorni.”

L’ADDIO A ROMA – Il suo amore per la Lazio non é bastato a garantirgli una conferma nella rosa biancoceleste: Perché sono andato via dalla Lazio? Hanno fatto del male a quello spogliatoio bellissimo che aveva creato Delio Rossi. In campo non ero più me stesso e allora ho voluto cambiare. Non voglio fare polemica, ma scriverò presto un libro dove spiegherò tutto. Non ho mai avuto problemi con i compagni e neanche con Delio. Mi sento ancora con Rocchi con cui ho giocato anche ad Empoli.”

PRONOSTICO MONDIALE –  Cribari si è concesso anche un pronostico sugli imminenti mondiali che si terranno nel suo paese d’origine: “Il Brasile è forte ma attenzione alla Spagna che è sempre la squadra favorita. Lo seguirò da casa però perché temo ci siano troppi disordini.”

FELIPE ANDERSON – E a proposito di connazionali, Cribari parla di Felipe Anderson, incontrato ieri all’Olimpico in occasione di un match amichevole tra giocatori brasiliani e italiani: È in prospettiva uno dei talenti più interessanti in circolazione. La Serie A è difficile, poi anche l’ambiente al momento non è dei migliori e tutto questo sicuramente non aiuta il ragazzo. Ieri ho avuto modo anche di parlarci: mi ha detto che ha voglia di rimanere a Roma e dimostrare il suo valore. Come personalità deve migliorare ma è giovane ancora quindi ci può stare. Problemi di saudade? È una questione di carattere che abbiamo noi. Siamo molto legati alla famiglia, al clima, alla nostra terra ed è quindi difficile mettere tutte queste cose da parte quando arrivi all’estero.”

ZARATE – Infine, tanto per restare in materia di talenti inespressi, una battutta su Zarate (in procinto di accasarsi al West Ham): “Mauro é uno dei talenti più genuini con cui abbia mai giocato insieme. Mi dispiace che non sia riuscito a dare seguito alla prima stagione straordinaria che ha fatto. Il motivo? Non saprei. Ricordo che il primo anno aveva un allenatore personale che si era portato dall’Argentina. Anche per lui credo si sia trattato di un problema mentale. Un talento come lui se non gioca e va in panchina lo ammazzi.”

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