2014

“L’importanza di chiamarsi Diego Pablo: elogio di un guerriero”

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Quella di Lisbona é stata probabilmente una delle finali di Champions League più incredibili dell’ultimo decennio. Fino a 130″ dalla fine l’Atlético Madrid aveva in tasca uno storico doblete, Liga-Champions. La zuccata di Sergio Ramos, invece, ha trascinato l’incontro ai supplementari spianando la strada al trionfo del Real Madrid. Per certi versi soltanto la finale di Istanbul del 2005 ha visto uno sconvolgimento del genere a fronte di un risultato che sembrava ormai acquisito.

In queste righe però, l’intenzione non è tanto quella di soffermarsi sulla partita di ieri, quanto quella di parlare di uno dei protagonisti di questa finale. No, non uno di quelli scesi in campo, ma di quel figurino seduto (ma quando?!) sulla panchina dei Colchoneros. Uno che a guardarlo bene sembra abbia smesso di giocare ieri: Diego Pablo Simeone, detto El Cholo. Un soprannome che deriva dalla parola azteca Xoloitzcuintli, e che indica un particolare incrocio di razze. É lui il vero personaggio della stagione 2013-2014, un’annata pazzesca in cui ha vinto all’ultimo respiro la Liga più folle che gli spagnoli ricordino e in cui è stato virtualmente campione d’Europa fino a pochi secondi dal fischio finale. La fortuna non é stata dalla sua parte visto che si é dovuto giocare la partita più importante della stagione (la 61a) senza due assi come Diego Costa (solo 8′ in campo per lui) e Arda Turan. Al pareggio di Ramos, appariva ormai chiaro che la ‘coppa dalle grandi orecchie’ l’avrebbero alzata quelli con la Camiseta Blanca. L’Atlético era esausto e alla fine ha ceduto. Onore al Real e ad Ancelotti, il 4-1 però é un risultato tremendamente bugiardo, che non rende giustizia allo splendido cammino dell’Atlético Madrid.

Nato nel 1970 a Buenos Aires, Simeone si é presentato per la prima volta all’Italia nel 1990, vestendo la maglia del Pisa. Poi é volato in Spagna dove ha giocato con Sevilla e Atlético Madrid. Nel Belpaese c’é tornato grazie a Massimo Moratti, che nel ’97 lo volle alla sua Inter. All’ombra della Madonnina però, ha giocato solo due stagioni, e si dice sia stato scaricato dai nerazzurri per via di un litigio con il pupillo del presidente, un certo Ronaldo. Vero o falso che sia, quel bisticcio col Fenomeno ha fatto la sua fortuna e quella della Lazio. Arrivato a Roma il popolo laziale ha potuto apprezzare uno dei calciatori più decisivi della storia biancoceleste, diventato un vero e proprio idolo dei tifosi. Da quando nel 2006, ha smesso i panni di giocatore ed é diventato allenatore, Simeone ha continuato a fare quello che sul campo gli riusciva meglio: vincere. Nel suo palmares vanta un’Apertura alla guida dell’Estudiantes, una Clausura con il River Plate, senza dimenticare il capolavoro salvezza con due giornate di anticipo alla guida del Catania. Poi l’approdo alla guida dei Colchoneros dove ha aperto un sorprendente ciclo vincente: dal 2011 a oggi in rapida serie, il Cholo ha vinto una Copa del Rey, un’Europa League, una Supercoppa Europea fino alla Liga conquistata davanti ai 90mila del Camp Nou appena una settimana fa.

Avesse vinto ieri Diego Pablo Simeone sarebbe stato probabilmente entrato nell’Olimpo degli allenatori. Centrare un’impresa come l’accoppiata Liga-Champions nel giro di una settimana, contro gli odiati cugini del Real lo avrebbe consacrato come un totem della storia dell’Atléti. Io però mi sento di dire che il Cholo nella storia c’é già: il suo merito principale é quello di far giocare le sue squadre proprio come giocava lui. E chi lo ha visto giocare sa cosa intendo: un concentrato di grinta, agonismo, aggressività, cinismo sotto porta e soprattutto un’incontenibile smania di vittoria. Se ne infischia Simeone di chi gli dice che il suo calcio é difensivo. “Difensivista? Contano i gol che non prendi e quelli che fai” ti risponde lui. Un discorso sgradito agli esteti del pallone, ma che nella filosofia di quelli come lui non fa una piega.

Ieri per la terza volta nella sua storia, ha trionfato Carlo Ancelotti. La vittoria di Don Carlo, come lo chiamano a Madrid, non può che farci piacere in quanto italiani. L’ex tecnico di Milan, Chelsea, e PSG, é una sorta di Attila del calcio europeo: ovunque passi lascia il segno. Lui nell’Olimpo del calcio c’é già di diritto, ma l’età gioca a favore del Cholo Simeone. Un allenatore del genere é il sogno di ogni laziale… E fino a qualche tempo fa anche la Lazio era nei pensieri di Simeone, come dichiarato da lui stesso in un‘intervista. I suoi recenti successi (a meno di improvvise rivoluzioni) complicano tremendamente le speranze di vederlo sulla panchina biancoceleste nell’immediato futuro. Fortunatamente sognare é gratis… Ssshhh! Non svegliateci!

 

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