2013

La Lazio e il pallino Champions League

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La squadra biancoceleste, all’inizio della stagione, si proponeva come obiettivo la qualificazione in Champions League. Obiettivo che al momento pare assai difficile da centrare, vista la partenza a rilento e le squadre già avanti di diversi punti in classifica. Come scrive il Corriere dello sport, La Lazio dà i numeri. Ma questa volta non c’entra nulla la follia anche se per provare a dare una spiegazione di questa prima parte di stagione biancoceleste un pizzico di irrazionalità non guasterebbe. In questo caso i numeri sono quelli snocciolati a caldo da Vladimir Petkovic subito dopo il pareggio di Parma. La Lazio ha dato timidi segnali di ripresa, ma per risollevarsi dalle secche della classifica (l’ottavo posto davvero non può soddisfare) ci vorrà ben altro. Ed è infatti proprio sui prossimi traguardi della squadra che si è soffermato l’allenatore di Sarajevo, pur lodando la prestazione offerta dai suoi calciatori.

FATTI PIU’ IN LA’

– I biancocelesti devono giocare più alti, occorre alzare il baricentro. Qualcuno ha voluto leggere nelle parole di Vlado una critica ingenerosa a una formazione che invece già propone (o prova a proporre) un calcio offensivo. In realtà lo scopo dell’allenatore era proprio quello di andare a stuzzicare l’orgoglio dei calciatori, tirar fuori dalle loro teste, dai loro muscoli quel qualcosa in più che permetta il grande salto.

L’OBIETTIVO

– Nonostante la partenza per tanti aspetti choc della squadra, tutto l’ambiente biancoceleste resta fermamente convinto di poter soggiornare nei salotti buoni dell’Europa calcistica. La qualificazione alla prossima Champions è il chiodo fisso della Lazio. Quella deve essere raggiunta. La vetrina dell’Europa League non è da buttare via, ma ora è tempo di grandi salti. E per farlo bisogna alzare i ritmi.

QUESTIONE DI MISURE

– Petkovic ha parlato di quindici metri. La Lazio deve avanzare, deve far partire il pressing più avanti. Deve mordere le caviglie e togliere il fiato alla squadra avversaria nella sua metà campo. La fase di non possesso diventa essenziale. E’ in quelle fasi di gioco che si produce il break capace poi di innescare le ripartenze. Lì si dimostra di essere più forti, si acquista autocoscienza e si incute timore negli avversari. Non a caso l’ingresso di Biglia al posto di un ancora spento Hernanes ha portato alla Lazio esattamente quanto aveva in testa Petkovic. Aggressività e capacità di interrompere prima le trame avversarie. Tenere costantemente sotto pressione i portatori di palla, fargliela scottare tra i piedi e recuperarla il prima possibile.

QUESTIONE DI TESTA

– Ci vuole la giusta distanza tra i reparti, la migliore collocazione in campo dei giocatori, le gambe che girano a dovere e poi – o piuttosto prima di ogni altro aspetto – ci vuole la testa. E qui arrivano altri numeri quelli teorizzati da Onazi sempre dopo la trasferta emiliana. Manca un dieci, non uno con la maglia numero dieci (forse servirebbe anche quello…), ma un dieci per cento che permetta alla squadra di segnare e vincere. Serve l’ultimo strappo, quello che consenta alla Lazio di portare a casa il risultato e lasciarsi alle spalle critiche e rivendicazioni. Secondo il centrocampista nigeriano non ci vuole molto. Il potenziale della Lazio è altissimo, la qualità dalla cintola in su è davvero invidiabile. A volte lo scatto è esclusivamente mentale, scavallare un pendio e ritrovarsi davanti un futuro radioso.

 

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