2013

La partita dell’anno: “che ‘ntender no la può chi no la prova”

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Una notte in cui dormire è stato difficile, un sonno che non è arrivato se non quando il sorgere del sole era ormai prossimo. Un risveglio, quello di ogni tifoso laziale, fuori dal normale, ma che nella sua anormalità trova la ripetività dei gesti soliti di giornate così cariche di passione. I soliti riti: la colazione con gli amici al solito bar, la solita telefonata ad uno zio, un amico, un parente. La solita sciarpa al collo, i soliti colori in petto ed in viso la solita fierezza del vestire il bianco ed il celeste, fierezza di chi porta l’Aquila romana sul petto come duemila anni fa i soldati romani la portavano nelle battaglie contro i popoli nemici, un simbolo che rappresentava la grandezza dell’impero Romano padrone del mondo. Un simbolo che ora rappresenta la prima squadra della capitale del gioco più bello di sempre che, per l’amore e la passione con cui si vive, appare riduttivo chiamare gioco. Difficile per chi non vive a Roma, capire cosa significa vivere queste giornate: ‘che ‘ntender no la può chi no la prova’, perchè non esistono parole o aggettivi per far comprendere le emozioni che si percepiscono in momenti come questi. Perciò ci limitiamo a citare Dante: tentare di scrivere altre parole o fantasie sarebbe soltanto uno sforzo inutile.

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